La ballerina inglese che sfida la censura del politicamente corretto

di Fausto Carioti

L’Europa è razzista, e il paradigma razzista dominante porta le insegne del politicamente corretto. Nelle moschee del continente tanti imam sono liberi di invocare la distruzione di Israele e l’avvento della sharia, la legge del Corano, sull’Eurabia prossima ventura. Chi professa simpatie comuniste e pratica l’antiamericanismo militante è vezzeggiato dalle elites politiche e intellettuali, molto spesso ne fa parte e non di rado vede questo suo impegno premiato con riconoscimenti pubblici. Ma appena qualche personaggio abbraccia idee difformi dal pensiero unico multiculturalista - magari chiamando i problemi per nome e cognome, invece di voltare lo sguardo dall’altra parte - subito trova una gogna che lo attende. È successo con Pym Fortuyn, con Theo van Gogh, con Oriana Fallaci.«Personaggi controversi», vengono definiti di solito. Eppure nessuno ritiene «controversi» quei ministri che corrono a stringere le mani dei dittatori di sinistra sparsi per il mondo, o che in nome dell’appeasement sono pronti a svendere le libertà dei loro cittadini al primo imam che alza la voce. L’ultimo personaggio finito sulla gogna si chiama Simone Clarke, ha 36 anni ed è la prima ballerina dell’English National Ballet.

La sua colpa è essersi iscritta al British National Party (Bnp), ritenuto razzista e xenofobo. «Penso che la Clarke debba essere licenziata», ha sentenziato il direttore dell’Ufficio Uguaglianza del comune di Londra quando la notizia è uscita. «Dobbiamo porci la domanda su come sia possibile che qualcuno in una simile posizione possa abusarne per pubblicizzare il Bnp», ha attaccato un esponente del Consiglio islamico inglese. Ma la Clarke non è né razzista né xenofoba. Il suo fidanzato, ballerino anch’egli, è un cubano con sangue cinese. «Il punto non è mandare via gli stranieri. Il punto è controllare i nostri confini», spiega la Clarke, che mostra di avere idee chiare e di non essere affatto quel mostro nazista che la sinistra sta cercando di dipingere. È stato proprio il suo fidanzato a spingerla a iscriversi al Bnp. «Mi ha ha detto: “Se sei davvero preoccupata smettila di piagnucolare e fai qualcosa”. Ho guardato su Internet, ho trovato il manifesto del Bnp, ho pagato la quota e ho avuto la tessera».

E, piaccia o meno, il manifesto del Bnp contiene più di una verità scomoda: «In base agli attuali trend demografici, noi nativi inglesi saremo una minoranza etnica nel nostro stesso Paese entro 60 anni». Inconfutabile. È giusto non parlarne? Serve a qualcosa negarlo? Per invertire il processo, il Bnp propone di «fermare subito l’ulteriore immigrazione, deportare immediatamente tutti gli immigrati illegali e colpevoli di crimini e dare agli immigrati legali l’opportunità di tornare nella loro patria d’origine, incentivati da generosi finanziamenti». È una ricetta che si può condividere o meno, ma che ha il merito di chiamare i problemi con il loro nome. Di certo, non è un progetto “fascista”, né può giustificare un licenziamento. Ed è difficile non dare ragione al Bnp quando nel manifesto sostiene che sui temi più importanti, come la politica sull’immigrazione, ai cittadini inglesi è stato tolto il diritto di parola, poiché tutte le decisioni vengono prese da un esercito di euroburocrati privi di legittimazione democratica. Simone Clarke tira dritto. Dice: «Non ho mai avuto chiaro come adesso che sto facendo la cosa giusta al momento giusto».

© Libero. Pubblicato il 3 gennaio 2007.

Post scriptum. Non stupisce che il sindaco di Londra Ken Livingstone, dai cui uffici è partita la richiesta di licenziare Simone Clarke, stia preparando una grande festa per il 2009, allo scopo di celebrare i 50 anni di dittatura di Fidel Castro.

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