Secondo tonfo dell'Unione al Senato
Secondo botto dell'Unione al Senato. Lascerà il segno. Il primo era stato la trombatura della senatrice rifondarola Lidia Brisca Menapace alla presidenza della Commissione Difesa. Anche il tonfo di oggi, si noti, avviene ai danni dell'ala sinistra dell'Unione, in questi giorni in subbuglio per la riforma delle pensioni annunciata da Prodi nell'intento di dare un contentino a riformisti e Confindustria, e della quale ovviamente alla fine non se ne farà nulla. La Cdl, per una volta con un numero di assenti ben inferiore a quello dell'Unione, ha proposto e approvato (151 "sì" contro 147 "no") la pregiudiziale di costituzionalità sul decreto del governo che avrebbe dovuto consentire un'ennesima proroga degli sfratti, aumentare gli oneri a carico dei proprietari di case e non solo (qui la relazione tecnica del decreto scritta dal governo, qui il commento di Confedilizia). Un provvedimento al quale tenevano moltissimo soprattutto i senatori di Rifondazione, del Pdci e Verdi.
Non avendo superato la pregiudiziale di costituzionalità, il decreto è affossato definitivamente. Come stabilisce l'articolo 78 del regolamento del Senato, comma 4, «se l'Assemblea si pronunzia per la non sussistenza dei presupposti richiesti dall'articolo 77, secondo comma, della Costituzione o dei requisiti stabiliti dalla legislazione vigente, il disegno di legge di conversione si intende respinto».
Qui il dibattito in aula prima e dopo la votazione, come sempre istruttivo per chi ha cinque minuti da perdere. Si prega di apprezzare gli sforzi del povero senatore ulivista Antonio Boccia, che si affanna a spiegare come da questa votazione non debbano derivare conseguenze politiche. Lo vada a dire ai senatori che siedono alla sua sinistra. Va da sé che si tratta dell'antipasto in vista del passaggio della Finanziaria e degli altri provvedimenti fiscali a palazzo Madama. A questo punto, la richiesta della fiducia da parte del governo sulla manovra, almeno al Senato, è quasi scontata. Con tutto quello che ne potrà derivare.
Non avendo superato la pregiudiziale di costituzionalità, il decreto è affossato definitivamente. Come stabilisce l'articolo 78 del regolamento del Senato, comma 4, «se l'Assemblea si pronunzia per la non sussistenza dei presupposti richiesti dall'articolo 77, secondo comma, della Costituzione o dei requisiti stabiliti dalla legislazione vigente, il disegno di legge di conversione si intende respinto».
Qui il dibattito in aula prima e dopo la votazione, come sempre istruttivo per chi ha cinque minuti da perdere. Si prega di apprezzare gli sforzi del povero senatore ulivista Antonio Boccia, che si affanna a spiegare come da questa votazione non debbano derivare conseguenze politiche. Lo vada a dire ai senatori che siedono alla sua sinistra. Va da sé che si tratta dell'antipasto in vista del passaggio della Finanziaria e degli altri provvedimenti fiscali a palazzo Madama. A questo punto, la richiesta della fiducia da parte del governo sulla manovra, almeno al Senato, è quasi scontata. Con tutto quello che ne potrà derivare.