La Finanziaria fa piangere anche Cipputi
Ricevo dall'ufficio stampa della Uilm (il sindacato metalmeccanici della Uil, non proprio un think tank reaganiano), copio e incollo. E' la lettera, apparsa su Italia Oggi, firmata da Luca Colonna, segretario nazionale della Uilm. Il quale fa due-conti-due sugli effetti che la Finanziaria equa e solidale di Romano Prodi produce sulle tasche delle tute blu e dei lavoratori dipendenti che percepiscono redditi analoghi. Da leggere tenendo bene a mente questo. Il testo è integrale, l'unica variazione apportata dal sottoscritto è l'evidenziazione in bold di alcuni passaggi.
Il disegno di legge finanziaria per il 2007 attualmente in discussione in Parlamento ha dato origine a molte critiche e proteste, ma in questo contesto è parsa flebile la protesta del mondo del lavoro dipendente e in particolare del lavoro industriale.
Eppure anche per gli interessi del lavoro industriale la finanziaria 2007 non sembra priva di aspetti negativi. Probabilmente ciò dipende dal fatto che per verificare gli effetti della “manovra” su questa importante parte del mondo economico e produttivo del nostro Paese risulta necessario un lavoro di comprensione delle norme proposte insieme a una complessiva valutazione dei relativi effetti economici.
Da una prima analisi degli effetti della manovra appare però chiaro che l’incremento dei contributi sociali dello 0,30% riduce, come ha anche affermato il Governatore della Banca d’Italia, gli effetti positivi, spesso assai modesti, delle riduzioni dell’Irpef: per i lavoratori privi di carichi di famiglia tale effetto infatti è nullo già intorno ai 25 mila euro di retribuzione annua lorda.
Questi 25 mila euro, nonostante corrispondano quasi 48,5 milioni di lire, non sono una retribuzione elevatissima: corrispondono a un netto mensile di circa 1.350 euro, si tratta di una buona retribuzione ma bisogna considerare che un operaio specializzato, con un po’ di anzianità, lavorando a turni e alcuni straordinari può guadagnarli nell’industria metalmeccanica.
Ma anche per retribuzioni inferiori (parliamo sempre di lordo annuo e non di netto), per esempio, 17 mila euro (che sono praticamente il minimo che un lavoratore a tempo pieno e con contratto a tempo indeterminato guadagna nell’industria metalmeccanica) in assenza di carichi familiari, il beneficio della manovra è di circa 75 euro all’anno, cioè di 6 euro al mese.
Vorrei in proposito far riflettere sul fatto che quando parliamo di persone senza carichi di famiglia mi sto riferendo anche a giovani coppie che stanno progettando di avere dei figli o anche a famiglie in cui lavorano i due genitori e i cui figli “lavoricchiano” con un contratto a termine. Bastano, dal punto di vista fiscale, meno di 3 mila euro di reddito all’anno per non essere più considerati a carico.
Anche per i lavoratori con carichi familiari, (che pure sono i beneficiari “netti” del ridisegno dell’Irpef e dell’incremento degli assegni per il nucleo familiare), la sostituzione delle deduzioni per carichi familiari con le detrazioni allo stesso titolo previste, comporterà comunque un inasprimento della fiscalità connessa alle addizionali regionali e comunali derivante da un aumento del reddito imponibile, a parità, beninteso, delle stesse addizionali, ma siamo tutti consapevoli che tali addizionali mediamente aumenteranno.
Un altro aspetto negativo riguarda il TFR, ma non mi riferisco alla questione ormai definita con l’accordo del 23 ottobre. Già nella scorsa legislatura con l’introduzione della “no tax area” e la contestuale abolizione dell’aliquota al 10%, vi fu un aggravio del prelievo fiscale sul TFR a cui si applicava fin dal primo euro l’aliquota del 23%. Vi furono parlamentari, perlopiù appartenenti a quella che allora era l’opposizione, che correttamente ma senza successo, presero a cuore questo tema e presentarono dei progetti di legge per ovviare a tale effetto.
Il paradosso è che con la finanziaria ora in discussione anziché porvi rimedio, si aggrava la tassazione sul TFR, limitando l’aliquota del 23% ai primi 15 mila euro (contro i precedenti 26 mila) e aumentando le aliquote successive.
Come si vede si tratta di questioni rilevanti per il reddito di lavoratori dipendenti come quelli metalmeccanici, che contribuiscono alla tenuta dell’economia italiana e che non si sentono, né possono essere considerati, “ricchi da far piangere”. Si tratta di persone a cui, per ragioni di equità ma anche per un rilancio dei consumi e dello sviluppo economico, va aumentato il reddito disponibile riducendo la pressione fiscale.
Lettura complementare consigliata: "Di truffe e truffatori", dell'ottimo Phastidio.
Il disegno di legge finanziaria per il 2007 attualmente in discussione in Parlamento ha dato origine a molte critiche e proteste, ma in questo contesto è parsa flebile la protesta del mondo del lavoro dipendente e in particolare del lavoro industriale.
Eppure anche per gli interessi del lavoro industriale la finanziaria 2007 non sembra priva di aspetti negativi. Probabilmente ciò dipende dal fatto che per verificare gli effetti della “manovra” su questa importante parte del mondo economico e produttivo del nostro Paese risulta necessario un lavoro di comprensione delle norme proposte insieme a una complessiva valutazione dei relativi effetti economici.
Da una prima analisi degli effetti della manovra appare però chiaro che l’incremento dei contributi sociali dello 0,30% riduce, come ha anche affermato il Governatore della Banca d’Italia, gli effetti positivi, spesso assai modesti, delle riduzioni dell’Irpef: per i lavoratori privi di carichi di famiglia tale effetto infatti è nullo già intorno ai 25 mila euro di retribuzione annua lorda.
Questi 25 mila euro, nonostante corrispondano quasi 48,5 milioni di lire, non sono una retribuzione elevatissima: corrispondono a un netto mensile di circa 1.350 euro, si tratta di una buona retribuzione ma bisogna considerare che un operaio specializzato, con un po’ di anzianità, lavorando a turni e alcuni straordinari può guadagnarli nell’industria metalmeccanica.
Ma anche per retribuzioni inferiori (parliamo sempre di lordo annuo e non di netto), per esempio, 17 mila euro (che sono praticamente il minimo che un lavoratore a tempo pieno e con contratto a tempo indeterminato guadagna nell’industria metalmeccanica) in assenza di carichi familiari, il beneficio della manovra è di circa 75 euro all’anno, cioè di 6 euro al mese.
Vorrei in proposito far riflettere sul fatto che quando parliamo di persone senza carichi di famiglia mi sto riferendo anche a giovani coppie che stanno progettando di avere dei figli o anche a famiglie in cui lavorano i due genitori e i cui figli “lavoricchiano” con un contratto a termine. Bastano, dal punto di vista fiscale, meno di 3 mila euro di reddito all’anno per non essere più considerati a carico.
Anche per i lavoratori con carichi familiari, (che pure sono i beneficiari “netti” del ridisegno dell’Irpef e dell’incremento degli assegni per il nucleo familiare), la sostituzione delle deduzioni per carichi familiari con le detrazioni allo stesso titolo previste, comporterà comunque un inasprimento della fiscalità connessa alle addizionali regionali e comunali derivante da un aumento del reddito imponibile, a parità, beninteso, delle stesse addizionali, ma siamo tutti consapevoli che tali addizionali mediamente aumenteranno.
Un altro aspetto negativo riguarda il TFR, ma non mi riferisco alla questione ormai definita con l’accordo del 23 ottobre. Già nella scorsa legislatura con l’introduzione della “no tax area” e la contestuale abolizione dell’aliquota al 10%, vi fu un aggravio del prelievo fiscale sul TFR a cui si applicava fin dal primo euro l’aliquota del 23%. Vi furono parlamentari, perlopiù appartenenti a quella che allora era l’opposizione, che correttamente ma senza successo, presero a cuore questo tema e presentarono dei progetti di legge per ovviare a tale effetto.
Il paradosso è che con la finanziaria ora in discussione anziché porvi rimedio, si aggrava la tassazione sul TFR, limitando l’aliquota del 23% ai primi 15 mila euro (contro i precedenti 26 mila) e aumentando le aliquote successive.
Come si vede si tratta di questioni rilevanti per il reddito di lavoratori dipendenti come quelli metalmeccanici, che contribuiscono alla tenuta dell’economia italiana e che non si sentono, né possono essere considerati, “ricchi da far piangere”. Si tratta di persone a cui, per ragioni di equità ma anche per un rilancio dei consumi e dello sviluppo economico, va aumentato il reddito disponibile riducendo la pressione fiscale.
Luca Colonna
Segretario Nazionale Uilm
Segretario Nazionale Uilm
Lettura complementare consigliata: "Di truffe e truffatori", dell'ottimo Phastidio.