L'Onu di tutti i giorni
L'Onu non va chiusa solo per il modo criminale con cui ha reso possibili l'aggressione araba a Israele (1967), il genocidio dei tutsi in Ruanda (1994), il massacro di Srebreniza (1995), per l'incapacità che sta mostrando dinanzi alla macelleria del Darfur, per gli scandali sessuali dei caschi blu in Congo e per il modo vigliacco in cui si è comportata in tantissime altre emergenze. L'Onu va chiusa anche perché è moralmente impresentabile persino nella gestione della ordinaria amministrazione.
Qui c'è il webcast (per vederlo serve Real Player, non chiedetemi perché: è l'Onu) di una conferenza organizzata dalle Nazioni Unite, svolta il 16 ottobre e affidata all'anglo-indiano Shashi Tharoor, vice segretario Onu con delega per l'informazione, fino a pochi giorni fa candidato alla guida delle Nazioni Unite e vezzeggiatissimo, manco a dirlo, dal Guardian. Titolo dell'incontro: "Cartooning for Peace: The Responsibility of Political Cartoonists?". E già questo fa capire che l'Onu si trova su un altro pianeta, molto distante dalla Terra e con problemi del tutto diversi. Da queste parti, infatti, il campo minato è quello dei rapporti tra disegnatori e libertà, e non certo tra i disegnatori e la pace. Più che concentrarsi sulle responsabilità dei vignettisti, dunque, avrebbe avuto senso occuparsi dei loro diritti minacciati, visto quanto accaduto in Danimarca e nel resto d'Europa a chi ha disegnato e pubblicato le vignette ritenute infamanti da tanti islamici (qui un post interminabile su queste e altre violazioni della libertà d'espressione nel continente). Ovviamente, pretendere che l'Onu organizzi un convegno sul tema "Cartooning for Freedom. The Rights of Political Cartoonists?" è semplice utopia. Il coraggio uno non se lo può dare.
A parte il titolo da dibattito dell'Arci, poteva comunque essere l'occasione per affrontare finalmente nel palazzo di vetro il tema della libertà d'espressione, complice la veste informale dell'incontro. Poteva anche essere l'occasione per spezzare una lancia in favore dei vignettisti condannati a morte, e far mettere per iscritto dall'Onu, una volta per tutte, che ognuno ha il diritto di scrivere quello che cavolo gli pare, e se qualcuno si sente offeso e reagisce con la violenza sappia che sta violando qualche dozzina di carte dei presunti diritti dell'uomo con cui l'Onu si riempie sempre la bocca ogni giorno.
L'esatto contrario. Dopo due ore e tredici minuti di confronto tra i vignettisti, durante i quali l'omicidio di Theo Van Gogh viene dichiarato "off topic" dagli organizzatori della conferenza, la questione Islam non viene nemmeno sfiorata, le vignette danesi figuriamoci, e un paio di vignettisti americani colgono l'occasione per prendere coraggiosamente le distanze dal deprecabile aumento del patriottismo americano dopo l'11 settembre (finché un loro collega non americano, gentilmente, fa notare che i vignettisti statunitensi sono liberissimi di prendere per il culo il presidente americano, mentre in gran parte del resto del mondo se i loro colleghi fanno qualcosa di simile finiscono in gabbia o con le mani tagliate, e forse proprio di un dettaglio non si tratta), dopo due ore e tredici minuti del genere, si diceva, prende la parola il vice segretario delle Nazioni Unite.
Tharoor chiede ai vignettisti, senza troppi giri di parole, di autocensurarsi per evitare di turbare la sensibilità di chi può sentirsi offeso dalla loro libertà di espressione. «Poiché la tecnologia attuale», dice, «può trasmettere le vignette da un contesto culturale all'altro, dove esse possono essere considerate offensive, la responsabilità dei disegnatori è forse più grande di quanto sia mai stata. (...) Le persone di buona volontà e buone intenzioni si sforzano di capire le conseguenze delle loro azioni e cercano di fare del loro meglio per comportarsi in modo da lasciare il mondo non peggiore di come l'hanno trovato. (...) Nessuno di noi può permettersi di scordare le nostre responsabilità nei confronti dei nostri vicini, del mondo che condividiamo, a causa dell'impatto che le nostre azioni possono avere. Quello tra libertà e responsabilità è sicuramente un equilibrio delicato».
Chiaro il concetto? Cari vignettisti, non chiedetevi cosa possono fare i fondamentalisti per voi, chiedetevi cosa potete fare voi per i fondamentalisti. Per dirla con Bruce Bawer, cui si deve la segnalazione dell'evento e un post eccellente sull'argomento, il principio per cui dobbiamo autocensurarci nel timore che qualcuno possa dichiararsi offeso «è un biglietto di sola andata per il pianeta dei talebani e per l'applicazione della sharia a livello mondiale».
Post scriptum. Sullo stesso argomento da leggere anche Cox & Forkum: "Draw me".
Qui c'è il webcast (per vederlo serve Real Player, non chiedetemi perché: è l'Onu) di una conferenza organizzata dalle Nazioni Unite, svolta il 16 ottobre e affidata all'anglo-indiano Shashi Tharoor, vice segretario Onu con delega per l'informazione, fino a pochi giorni fa candidato alla guida delle Nazioni Unite e vezzeggiatissimo, manco a dirlo, dal Guardian. Titolo dell'incontro: "Cartooning for Peace: The Responsibility of Political Cartoonists?". E già questo fa capire che l'Onu si trova su un altro pianeta, molto distante dalla Terra e con problemi del tutto diversi. Da queste parti, infatti, il campo minato è quello dei rapporti tra disegnatori e libertà, e non certo tra i disegnatori e la pace. Più che concentrarsi sulle responsabilità dei vignettisti, dunque, avrebbe avuto senso occuparsi dei loro diritti minacciati, visto quanto accaduto in Danimarca e nel resto d'Europa a chi ha disegnato e pubblicato le vignette ritenute infamanti da tanti islamici (qui un post interminabile su queste e altre violazioni della libertà d'espressione nel continente). Ovviamente, pretendere che l'Onu organizzi un convegno sul tema "Cartooning for Freedom. The Rights of Political Cartoonists?" è semplice utopia. Il coraggio uno non se lo può dare.
A parte il titolo da dibattito dell'Arci, poteva comunque essere l'occasione per affrontare finalmente nel palazzo di vetro il tema della libertà d'espressione, complice la veste informale dell'incontro. Poteva anche essere l'occasione per spezzare una lancia in favore dei vignettisti condannati a morte, e far mettere per iscritto dall'Onu, una volta per tutte, che ognuno ha il diritto di scrivere quello che cavolo gli pare, e se qualcuno si sente offeso e reagisce con la violenza sappia che sta violando qualche dozzina di carte dei presunti diritti dell'uomo con cui l'Onu si riempie sempre la bocca ogni giorno.
L'esatto contrario. Dopo due ore e tredici minuti di confronto tra i vignettisti, durante i quali l'omicidio di Theo Van Gogh viene dichiarato "off topic" dagli organizzatori della conferenza, la questione Islam non viene nemmeno sfiorata, le vignette danesi figuriamoci, e un paio di vignettisti americani colgono l'occasione per prendere coraggiosamente le distanze dal deprecabile aumento del patriottismo americano dopo l'11 settembre (finché un loro collega non americano, gentilmente, fa notare che i vignettisti statunitensi sono liberissimi di prendere per il culo il presidente americano, mentre in gran parte del resto del mondo se i loro colleghi fanno qualcosa di simile finiscono in gabbia o con le mani tagliate, e forse proprio di un dettaglio non si tratta), dopo due ore e tredici minuti del genere, si diceva, prende la parola il vice segretario delle Nazioni Unite.
Tharoor chiede ai vignettisti, senza troppi giri di parole, di autocensurarsi per evitare di turbare la sensibilità di chi può sentirsi offeso dalla loro libertà di espressione. «Poiché la tecnologia attuale», dice, «può trasmettere le vignette da un contesto culturale all'altro, dove esse possono essere considerate offensive, la responsabilità dei disegnatori è forse più grande di quanto sia mai stata. (...) Le persone di buona volontà e buone intenzioni si sforzano di capire le conseguenze delle loro azioni e cercano di fare del loro meglio per comportarsi in modo da lasciare il mondo non peggiore di come l'hanno trovato. (...) Nessuno di noi può permettersi di scordare le nostre responsabilità nei confronti dei nostri vicini, del mondo che condividiamo, a causa dell'impatto che le nostre azioni possono avere. Quello tra libertà e responsabilità è sicuramente un equilibrio delicato».
Chiaro il concetto? Cari vignettisti, non chiedetevi cosa possono fare i fondamentalisti per voi, chiedetevi cosa potete fare voi per i fondamentalisti. Per dirla con Bruce Bawer, cui si deve la segnalazione dell'evento e un post eccellente sull'argomento, il principio per cui dobbiamo autocensurarci nel timore che qualcuno possa dichiararsi offeso «è un biglietto di sola andata per il pianeta dei talebani e per l'applicazione della sharia a livello mondiale».
Post scriptum. Sullo stesso argomento da leggere anche Cox & Forkum: "Draw me".