"Cara, fa male essere soli". Oriana Fallaci e il senso della vita

Lei è Ayaan Hirsi Ali. Di origini somale, ex parlamentare in Olanda, è stata l'attrice, nonché autrice dei testi, di Submission, il film di Theo Van Gogh sull'oppressione delle donne nell'islam. Film che è valso la morte per Van Gogh, per mano di un estremista islamico, e la condanna a morte per lei. Tanto che è dovuta fuggire dall'Olanda e trovare rifugio negli Stati Uniti, dove adesso lavora come ricercatrice per l'American Enterprise Institute.

L'altra è Oriana Fallaci, in una delle ultime settimane della sua vita. Non ha bisogno di presentazioni.

"Darling, it hurts to be alone - A Final Meeting with Oriana Fallaci" è il breve articolo scritto da Hirsi Ali, pubblicato sul giornale olandese De Volksrant e tradotto in inglese, sull'incontro avvenuto tra le due nemiche dell'islam radicale in casa della Fallaci. E sulle confessioni fatte in quell'occasione dalla scrittrice italiana sulla propria vita e su cosa dia senso all'esistenza. «"Devi avere un figlio", mi disse. "Io mi pento di una sola cosa nella mia vita, ed è quella di non aver avuto figli. Li ho voluti, ho cercato di averli, ma l'ho fatto quando era troppo tardi, e non ci sono riuscita. Cara", disse, "fa male essere soli. La vita è solitudine. Deve esserlo, in certe occasioni. Eppure mi sarebbe piaciuto moltissimo avere un figlio. Mi sarebbe piaciuto passare la vita a qualcun altro. Cara, non lasciare che la vita ti passi accanto"».

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