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Visualizzazione dei post da 2007

Buon 2010 a tutto il ceto medio

Ricordate quando il governo Prodi fece uscire la notizia che il 2008 sarebbe stato l'anno della riduzione dell'Irpef, allo scopo di aumentare i salari per il ceto medio? Non è passato molto: appena una settimana. Era domenica 23 dicembre. Questa era la prima pagina di Repubblica , questa quella della Stampa , questa quella del Messaggero , questa - infine - quella del Sole-24 Ore , dove campeggiava l'intervista al viceministro Vincenzo Visco, che indicava la riduzione dell'Irpef tra gli obiettivi del prossimo anno. Non che ci volesse un genio per capire al volo che si trattava di pura fuffa: chi mastica appena un minimo la materia sa che simili cose, come già scritto , si fanno "dentro" la Finanziaria, non "dopo" la Finanziaria. Oggi, domenica 30 dicembre, arriva la conferma più autorevole: quella del ministro dell'Economia, Tommaso Padoa Schioppa. Il quale ( pagina 3 di Repubblica ) dice: «Ora non possiamo impegnarci in una manovra che abbatte

Ecologismo, ultima frontiera: più emissioni corporee, meno emissioni di Co2

di Fausto Carioti È la smania progressista del momento: regredire all’età delle caverne (abitudini igieniche incluse) per limitare le emissioni di anidride carbonica. Con una differenza. I nostri antenati figli ne facevano a frotte, mentre gli ecologisti guardano i cuccioli dell’uomo con ostentato fastidio: piccoli inquinatori prepotenti, come vi permettete di compromettere l’equilibrio di Gaia, nostra madre Terra? Quanto a paganesimo, Al Gore e i suoi emuli potrebbero dare ripetizioni agli ominidi con la clava. Attenzione: non è più una semplice questione ecologica. Ormai è diventata una battaglia morale, combattuta con il furore degli invasati: o fai il possibile per azzerare i consumi e i trasporti, o sei una minaccia per il pianeta, e il minimo che ti meriti è il pubblico disprezzo. Così ieri i lettori di Repubblica hanno potuto leggere il racconto di un giornalista ecologista, Paolo Rumiz, che ha provato a vivere una settimana seguendo le nuove leggi morali: «Calcolando l’equi

Le cifre di Prodi (e quelle vere)

di Fausto Carioti Una cosa giusta Romano Prodi ieri l'ha biascicata. Quando ha ricordato a Lamberto Dini che i governi si mandano a casa con le votazioni di sfiducia, e non con le interviste sui giornali, gli ha rammentato una verità lapalissiana. A 76 anni suonati il senatore ha ormai l'età per decidere cosa fare da grande: se davvero vuole che Prodi vada a casa, proponga una bella mozione di sfiducia, oppure voti quella che il centrodestra farebbe bene a presentare non appena ricominceranno i lavori parlamentari. L’annuncio, fatto ieri alla Stampa, di voler votare la fiducia a Tommaso Padoa Schioppa il 22 gennaio, «perché a dover essere sfiduciato è Prodi, non il ministro dell’Economia», fa capire che Dini ha intenzione di continuare con i suoi bizantinismi e mantenere il piede in due scarpe. Per una volta, farebbe bene invece a seguire il consiglio di Prodi: se deve staccare la spina al governo si decida a farlo, altrimenti smetta di minacciare gesti che poi non compie. Per

Conferma ufficiale: il taglio dell'Irpef era una barzelletta

di Fausto Carioti Niente di serio. Il governo non ha intenzione di ridurre davvero le tasse ai lavoratori dipendenti. Eppure prima di Natale, da Palazzo Chigi e da via Venti settembre, sede del ministero dell’Economia, avevano passato ad alcuni quotidiani la notizia che l’esecutivo era pronto a tagliare le aliquote Irpef. Vale la pena di rivedere alcune prime pagine del 23 dicembre, tanto per capire. Repubblica annunciava la buona novella nel titolone: «A gennaio sgravi sui salari fino a 40mila euro l’anno». Stessa euforia anche sul Messaggero: «Prodi, meno tasse sui redditi medi». La Stampa, un po’ più cauta, piazzava l’annuncio a metà della prima pagina: «Il piano di Prodi per ripartire». Intanto l’incubo dei contribuenti, Vincenzo Visco, si materializzava sul Sole-24 Ore in un’ardita operazione-simpatia, promettendo una rapida riduzione dell’Irpef. Tutto molto bello. Troppo, per essere vero. E infatti. Passato il Natale, la verità è venuta subito a galla. Dietro l’annuncio del gover

Fuffa di Natale (vedi alla voce: riduzione dell'Irpef)

Ci sono due modi per ridurre le aliquote Irpef. Uno è il modo usato da quelli che le vogliono tagliare sul serio. Si presenta il progetto in consiglio dei ministri a settembre, lo si discute tra ministri e magari pure in parlamento e persino con le parti sociali, lo si introduce nella Finanziaria (prevedendo adeguata copertura economica per l'intervento) e con essa lo si fa approvare. Così, dal primo gennaio, la riforma della tassazione sui redditi delle famiglie è operativa. L'altro modo è il modo cialtrone, quello di chi non ha la forza e/o la volontà politica di ridurre le aliquote, ma ha la necessità disperata di far credere agli elettori che il governo sta lavorando per loro. E' un metodo molto meno impegnativo. Con accorta scelta dei tempi si annuncia la riduzione delle aliquote Irpef quando i giochi veri sono terminati, cioè quando la Finanziaria è stata già approvata definitivamente. E quindi non è possibile trovare i soldi per finanziare un intervento serio. Di cer

Il sei per cento di tre milioni

Quanto fa il sei per cento di tre milioni? Centottantamila, a occhio e croce. Ecco, in Germania oggi ci sono 180mila immigrati islamici con tendenze violente. E' il risultato del sondaggio, svolto dal ministero degli Interni tedesco, sulla radicalizzazione dei musulmani che vivono in Germania. Le stime precedenti calcolavano in "appena" 32mila gli islamici residenti sul suolo tedesco che rappresentano potenziali minacce alla sicurezza. Secondo il sondaggio, circa il quaranta per cento degli islamici di Germania (1,2 milioni di persone) ha un "orientamento fondamentalista". La minaccia reale, però, viene da una minoranza "ridotta": quel sei per cento, appunto, che risulta avere "tendenze violente", e quel 14 per cento (420mila individui) che, rispondendo al questionario, non ha fatto mistero di avere tendenze "anti-democratiche". Gli islamici che vivono in Germania e condividono una critica religiosa e morale di quell'occidente c

Ogm, la rivista "Nature" fa a pezzi l'Italia

Per chi non la conoscesse, Nature è una delle più importanti riviste scientifiche del mondo. Nel suo ultimo numero ha dedicato un editoriale alla politica del governo italiano sugli Ogm. L'esecutivo ne esce a pezzi. La vicenda, peraltro, in Italia è già nota da tempo, almeno tra gli addetti ai lavori. Copio e incollo parte della traduzione dell'editoriale di Nature fatta da Dario Bressanini sul suo blog : Erano disponibili nuovi dati [sugli Ogm] a metà novembre ma, stranamente, sono stati largamente ignorati. (...) La ragione per cui i nuovi dati italiani - dall’unico test in campo di mais Bt in Italia dal 2000 - sono stati ignorati è semplice: mettono gli Ogm in buona luce. Il test è stato effettuato nel 2005 come parte di quello che si supponeva dovesse essere una panoramica sugli Ogm in Italia. L’Inran (Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione) ha organizzato e finanziato una serie di attività attorno al cibo Ogm e questioni correlate. Oltre a questo t

Trentotto anni dopo

Chiedo scusa per la digressione. Ma, per come la vedo io, poche cose riescono a dare meglio l'idea della fine delle illusioni, dell'addio all'età dell'innocenza, di come si cambia, di cosa è davvero la vita, insomma di tutta questa roba e di molto altro ancora, che ci si potrebbero riempire migliaia di libri, della differenza che passa tra questo e questo .

Quando la sinistra non sta con i gay

Non è vero che la sinistra sta sempre con gli omosessuali. Dipende. Di sicuro, sta con loro se si tratta di attaccare il Vaticano, che rifiuta (e non potrebbe essere altrimenti, dal punto di vista di Santa Romana Chiesa) di dare il via libera alle unioni tra individui dello stesso sesso. Chiude ambedue gli occhi, però, quando dall'altra parte ci sono i tagliagole islamici. I quali gli omosessuali li pestano e li uccidono. Anche in Europa. Se si fa il conto degli allarmi lanciati dalla sinistra contro il Vaticano e contro le bande di immigrati musulmani (moltissimi imam inclusi) che vogliono portare in Europa l'omofobia e la misoginia che fanno legge dalle loro parti, il confronto manco si pone: finisce mille a zero. Eccole qui, le cose che la sinistra (imitata spessissimo dalla destra) finge di non vedere. A Roma nei giorni scorsi si è svolto un convegno sulla dissidenza nel mondo islamico . Lo ha organizzato una serie di fondazioni liberali e conservatrici, come Magna Carta e

La denuncia di Defez: per Capanna ci sono i soldi, per i ricercatori no

Dopo l'articolo del sottoscritto , interviene su Libero lo scienziato del Cnr di Napoli Roberto Defez, genetista, coordinatore del Sagri : «Siamo il fanalino di coda per l'investimento in ricerca tra i Paesi più sviluppati, non possiamo pagare gli stipendi ai giovani ricercatori, li facciamo scappare gambe levate all'estero, ma poi troviamo il modo di finanziare fondazioni come quella presieduta da Capanna». Appunto. Il resto del suo articolo è qui .

Ecco come il governo finanzia la campagna anti-Ogm

di Fausto Carioti Regalo di Natale per Mario Capanna e gli altri nemici delle biotecnologie, impegnati fino a pochi giorni fa a raccogliere firme (loro lo chiamano “referendum”, pure se non c’entra nulla) con l’intento di far perdere all’Italia anche l’ultimo treno della ricerca scientifica. Il regalo lo fanno il governo e il centrosinistra, tramite la Finanziaria. Cioè: lo fanno i contribuenti. Per l’anno 2008, la spesa sarà di 2 milioni di euro. Destinati a un fondo apposito, creato dal ministero delle Politiche agricole, per la «promozione di azioni positive in favore di filiere produttive agricole esenti da contaminazioni da organismi geneticamente modificati». Insomma, sono soldi per finanziare la battaglia contro gli Ogm. A questo fondo, si legge nell’ ultima versione della Finanziaria , potranno attingere anche «fondazioni e associazioni indipendenti», come quelle impegnate con Capanna nell’ennesima battaglia di retroguardia. Il coordinamento degli scienziati favorev

Legge elettorale, partenza sbagliata

di Fausto Carioti La sfida che attende Silvio Berlusconi e Walter Veltroni è di semplice lettura. O riusciranno a introdurre una legge elettorale che consentirà al partito che vince le elezioni di governare senza essere appeso ai veti degli alleati. E questo sarà possibile solo grazie a una qualche forma di premio di maggioranza. Oppure avranno perso la partita. Con loro, il paese avrà perso un’occasione storica. E nei prossimi anni, a palazzo Chigi, assisteremo a tante repliche tristi del copione visto sino ad oggi, con i veti incrociati nella maggioranza che bloccano ogni progetto degno di questo nome, dalle riforme economiche alla posa di un semplice binario. Davanti agli alleati si può indorare la pillola finché si vuole, ma non si possono cambiare le leggi dell’aritmetica. Per governare senza essere condizionati dagli altri, i leader dei due partiti opposti e rivali hanno bisogno di avere la maggioranza assoluta dei seggi in Parlamento. Devono, cioè, essere sovra-rappresentati ris

Le colpe dei camionisti

di Fausto Carioti Certo, ci sono ragioni ideologiche dietro all’arroganza con cui il ministro dei Trasporti, Alessandro Bianchi, sino ad oggi ha risposto “me ne frego” alle richieste degli autotrasportatori. Queste ragioni sono tutte racchiuse in quella parola che in bocca alla sinistra marxista, da cui Bianchi proviene, suona come la peggiore delle offese: “padroncini”. Il governo Prodi è abituato a mettersi prono davanti a ogni categoria di lavoratori che scende in piazza. Stavolta però quelli che scioperano, per Bianchi e compagni, non sono lavoratori, ma piccoli imprenditori, cioè nemici della classe operaia. Detto questo, resta da capire se i torti stanno davvero tutti dalle parti di Palazzo Chigi. La risposta, purtroppo, è “no”. Una parte del marcio si annida tra chi sta manifestando in queste ore. Almeno una colpa - enorme - gli autotrasportatori in rivolta ce l’hanno. Ed è quella di usare il peggiore dei metodi di lotta: il blocco forzato, il “picchetto”. Si limitassero a sciop

La disgrazia è reciproca

L'amico Vittorio Macioce, sul Giornale di oggi , racconta a modo suo ciò che si muove sul lato più o meno destro della cosiddetta blogosfera italiana. Pochi giorni fa era stato il turno di Libero .

Quanto costa Rasmussen?

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Quanto costa, al calciomercato di gennaio, uno come Anders Fogh Rasmussen? In alternativa: è clonabile? Insomma, cosa bisogna fare per vedere alla guida del centrodestra italiano uno così? Assai più di Nicolas Sarkozy, il premier danese ha il coraggio di essere ruvido, di fregarsene della tirannia dello status quo e di quella del politicamente corretto. Mentre in Italia il governo sta per cadere su una legge liberticida, fatta passare con la scusa dell'obbligo europeo (obbligo che non esiste), Rasmussen si batte per la causa opposta: come difendere il diritto alla libera espressione dall'ingerenza degli organismi internazionali. Dice Rasmussen a Flemming Rose : «Nel marzo del 2007 alcuni paesi islamici hanno presentato al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite una risoluzione il cui scopo è limitare la libertà di parola per proteggere la religione. Sfortunatamente questa risoluzione è stata adottata. Fortunatamente, essa non è vincolante e noi certamente non ader

Think Different

Hai voglia a dire che la storia è lotta di classe, che la differenza la fa il gap il tecnologico tra una civiltà e l'altra e così via. La storia la fanno gli uomini, la differenza la fanno gli uomini. Pochi uomini, spesso. Ed è bellissimo leggere lo storico Victor Davis Hanson quando spiega come tre individui che hanno avuto il coraggio di rompere i vecchi schemi, tre "eretici", oggi siano in grado di cambiare il corso della storia. Il presidente francese Nicolas Sarkozy, che, da solo, ha ristabilito l'amicizia della Francia con gli Stati Uniti e vuole lanciare l'economia francese nella sfida del libero mercato. Il generale David Petraeus, comandante dell'esercito statunitense in Iraq, il quale ha cambiato la strategia adottata sino ad allora contro i terroristi e ha insegnato a tutti i pessimisti che la sfida irachena può essere vinta. La olandese di origini somale, adesso rifugiata in America, Ayaan Hirsi Ali , grande nemica dell'Islam fondamentalista,

Padoa-Schioppa ha perso. Dovrebbe dimettersi

di Fausto Carioti Dimissioni. Tommaso Padoa-Schioppa dovrebbe farci un pensierino sopra. La richiesta che gli è arrivata ieri dal centrodestra, dopo che il consiglio di Stato ha confermato quanto aveva già detto il Tar del Lazio, e cioè che Angelo Petroni deve essere reintegrato nel Cda della Rai, sarà pure dettata dalle esigenze sceniche del teatrino della politica. Ma ha le sue forti motivazioni politiche. Sulla cacciata di Angelo Petroni dal vertice di viale Mazzini, e la sua sostituzione con un uomo Iri di vecchio corso - il sempre più imbarazzato Fabiano Fabiani - Padoa-Schioppa si è giocato tutto. Si è esposto in prima persona, ha messo la sua faccia sull’intera operazione. Dieci giorni giorni fa, intervistato da Fabio Fazio su Rai Tre, davanti a qualche milione di telespettatori, il ministro si era detto sicuro della legittimità dell’epurazione: «Sono convinto che il ricorso che faremo al Consiglio di Stato darà ragione al ministero». Adesso, fallita l’operazione perché la magis

Applausi per Schioppa

Un figurone dietro l'altro. Il più sopravvalutato dei ministri del governo Prodi, Tommaso Padoa Schioppa, ha appena incassato la bocciatura più sonora. Dieci giorni giorni fa, su Rai Tre, dopo lo schiaffo ricevuto dal Tar del Lazio , davanti a un Fabio Fazio duro e incisivo come al solito il ministro aveva detto : «Sono convinto che il ricorso che faremo al Consiglio di Stato darà ragione al ministero che ha fatto la scelta della revoca». E infatti. Pochi minuti fa si è visto quanta ragione avesse il ministro : «Il consigliere Rai Angelo Maria Petroni si aggiudica il primo round anche davanti al Consiglio di Stato. L'organo supremo della giustizia amministrativa ha respinto infatti la richiesta di sospensiva avanzata dall'azienda contro la sentenza del Tar del Lazio che reintegrava Petroni al suo posto di consigliere di viale Mazzini». Petroni torna dunque nel Cda Rai, e l'uomo designato da Padoa Schioppa per sostituirlo, Fabiano Fabiani, è costretto a fare la valige. P

Chi governa il governo Prodi

Walter Veltroni comanda, Romano Prodi obbedisce. Diciamolo: già si era intuito. Però il fatto che adesso lo scriva l'Unità, in prima pagina, la dice lunga. Nel pomeriggio di ieri, domenica 2 dicembre, Prodi aveva detto di essere lui il "garante della coalizione". Voleva dare a tutti, soprattutto ai piccoli partiti della maggioranza, l'immagine di quello che non è stato tagliato fuori dall'asse Berlusconi-Veltroni. Il presidente del Consiglio si candidava ad essere il capocordata di tutti quelli che rischiano di finire vittime di una riforma elettorale confezionata su misura per i grandi. Il suo messaggio era: tranquilli, finché ci sono io nessuno vi farà del male. Un'assicurazione reciproca sulla vita, insomma: i piccoli aiutano Prodi, evitano di tirare troppo la corda con il suo governo, e lui usa quel che resta del suo potere per impedire strappi da parte di Veltroni. Passano poche ore. Prodi è tornato a Roma, c'è il vertice del partito democratico. Scr

Ratzinger ha ragione a vergognarsi dell'Onu

di Fausto Carioti Il copione è già scritto. Le cose dette ieri da Joseph Ratzinger appariranno sulla gran parte dei giornali di oggi come l'ennesima puntata della crociata del papa: "contro" le Nazioni unite, "contro" il relativismo, insomma "contro" tutto quello che sembra essere un giusto e inevitabile progredire della storia e delle relazioni tra gli uomini. Utile a mantenere viva l'immagine di un pontefice oscurantista, che i più furbi insistono a contrapporre a un Karol Wojtyla "illuminato" e quasi "progressista" (Fausto Bertinotti riuscì a definire Giovanni Paolo II «il primo papa no global della storia», mentre il quotidiano del suo partito, Liberazione, paragona l’attuale pontificato all’«islam estremo»). Un Ratzinger che piace dipingere impegnato in una dura battaglia di retroguardia, destinata comunque ad essere persa. Peccato, perché quella proseguita ieri da Benedetto XVI non è una sfida “contro”, ma una sfida “per”

Silvio & Walter

di Fausto Carioti Non c’è bisogno della foto con bacio in bocca, tipo quelle che immortalavano i capi sovietici quando incontravano gli sventurati leader di qualche Paese satellite. L’inciucio tra Silvio Berlusconi e Walter Veltroni è nei fatti, è scritto dal destino che, in questa fase, si è divertito a metterli uno accanto all’altro. Così diversi, così vicini. Ed è inevitabile che il prezzo di questa loro intesa implicita finisca per essere pagato tutto, a caro prezzo, da Romano Prodi. Un po’ per pudore (quello di Veltroni nei confronti del governo sostenuto dal suo partito) e un po’ per normale ipocrisia (in politica talvolta è una qualità), Silvio & Walter non possono dire davanti alle telecamere tutte le cose che adesso li uniscono. Che sono tante. Primo. Ambedue vogliono riscrivere le regole del gioco a loro vantaggio. Vogliono che sia introdotta, al più presto, una nuova legge elettorale, che consegni a quello dei loro due partiti che prenderà più voti la più lar

Il contagocce di Kyoto

Un po’ tardi, ma alla fine gliel’hanno detto anche a loro. I lettori del Corriere della sera, grazie a un servizio ampio e documentato intitolato “ Il fallimento di Kyoto ”, hanno appena appreso che il patto nato in Giappone nel 1997 è morto e sepolto. Nessun Paese industrializzato ha voglia di svenarsi per esso, né di ridurre la propria crescita economica e tagliare posti di lavoro. “La sua applicazione”, si legge nell’articolo, “è stata rifiutata da alcuni governi e ha creato notevoli difficoltà ad altri. In pratica, oggi più di mezzo mondo lo ignora”. Per sapere il resto della verità, e cioè che il protocollo di Kyoto poggia su basi tutt’altro che scientifiche, e che la teoria che dovrebbe sorreggerlo fa acqua da tutte le parti, i lettori del Corriere dovranno invece aspettare qualche altro anno. Certe rivelazioni è meglio dosarle con il contagocce. Post scriptum. E’ andata meglio ai lettori del Daily Telegraph, quotidiano della solida borghesia d’Oltremanica. Nell’edizione della sc

Beowulf: torna la Hollywood pagana, liberal e anticristiana

Chi trovò qualche interesse, all'epoca, nelle mie recensioni da Cannes del Codice da Vinci ( qui e qui ), probabilmente apprezzerà The Good, the Bad and Beowulf. Hollywood hates Christianity, loves the “Other” , articolo di Raymond Ibrahim pubblicato sul sito di Victor Davis Hanson. L'inizio è questo: Ormai, i ripetuti ritratti negativi del Cristianesimo nei principali film di Hollywood sono diventati triti e ritriti, prevedibili. Vedere Beowulf in questi giorni serve solo a confermarlo. Le stesse descrizioni scaltre e gli elementi già presenti nei film degli ultimi decenni appaiono anche questa volta. Uno dei motivi più gettonati consiste nel provare a dipingere i pagani come persone dalla mentalità aperta e dallo spirito libero o, piuttosto anacronisticamente, una controparte medioevale di ciò che oggi è moderno, secolarizzato e "liberal". Il concetto è che i popoli pagani - liberi dalle forze soffocanti del cristianesimo - sono felici, appassionati, capaci di vive

Silenzio: a Parigi c'è l'Intifada

di Fausto Carioti Puntuale, l’autocensura è scattata pure stavolta. A leggere i giornali - anche quelli italiani - e a guardare i servizi televisivi, uno si fa l’idea che in Francia gruppi di non meglio precisati «giovani» stiano mettendo a ferro e fuoco i sobborghi parigini per motivi alquanto confusi. Insomma, stanno cercando di vendercela come una «rivolta generazionale», una replica del maggio parigino in versione proletaria e suburbana. Piccolo dettaglio: dei rivoltosi delle banlieues, due su tre si chiamano Mohammed. Sono giovani, certo, ma in grandissima parte sono anche musulmani. I giornali lo sanno, gli operatori televisivi lo sanno, i politici lo sanno. Ma tutti, al di qua e al di là delle Alpi, si affannano a imitare le tre scimmiette: meglio non vedere, non sentire e non raccontare. È diventato politicamente scorretto persino fotografare la realtà e trarne l’ovvia conseguenza. E cioè che quello che sta andando in scena nelle banlieues queste notti è il fallimento dell’inte

Napolitano fuori dalla Costituzione

di Fausto Carioti A ricordare la costituzione al presidente della repubblica si corre il rischio di passare per sfrontati. Pazienza. All’articolo 87, quello che elenca i poteri del capo dello Stato, si legge che egli «rappresenta l’unità nazionale», «può inviare messaggi alle Camere», «presiede il consiglio della magistratura» e altre cose così, tutte di altissimo valore istituzionale. Nulla si dice, invece, del ruolo che riveste nei confronti del mondo dell’informazione. Il motivo c’è: il presidente della repubblica non ha alcun potere sui media. La qualità del prodotto fornito dalle testate giornalistiche italiane è affare che riguarda i giornalisti, gli editori e i lettori. Il presidente della repubblica, piuttosto, ha un obbligo nei confronti dei mezzi d’informazione: deve rispettarli, perché essi sono simbolo di quella libertà d’espressione difesa dall’articolo 21 della costituzione. Sono concetti molto banali. Eppure, nel messaggio inviato ieri ai vertici della Federazione nazion

Razziste democratiche

Un razzista è un razzista. Anche se è donna e di sinistra. Odiare, escludere qualcuno per ciò che è, per ciò che ha di diverso da noi in quanto appartenente a un gruppo che non è il nostro, e non - semmai - per ciò che questo individuo ha fatto, è razzismo. Se una persona di colore fosse stata cacciata da una manifestazione per via del colore della sua pelle, ci saremmo scandalizzati tutti. Sabato è successo qualcosa di assolutamente identico. Alcuni individui sono stati aggrediti e cacciati dalla manifestazione contro la violenza sulle donne . La loro colpa, agli occhi delle invasate che li hanno assaliti, era quella di essere maschi. Come se essere maschio fosse di per sé una patente di indecenza morale, o implichi una responsabilità " a priori", genetica, in ogni violenza compiuta sulle donne. Razzismo. Così come era indecente e razzista la frase con cui Oliviero Diliberto disse che si sarebbe presentato volentieri al Billionaire di Flavio Briatore imbottito di tritolo. P

Artisti e islam: colpirne uno per educarne cento

E' servito. Eccome se è servito l'omicidio di Theo Van Gogh ad opera del marocchino-olandese Mohammed Bouyeri. Oggi uno dei più noti artisti inglesi, Grayson Perry , dice quello che tanti altri artisti e uomini di satira non hanno il coraggio di dire . E cioè che ha scelto coscientemente di evitare di affrontare nei suoi lavori - di solito assai provocatori - il tema dell'Islam radicale. E lo ha fatto per paura di essere sgozzato. «Mi sono autocensurato», ha confessato durante un convegno su arte e politica Perry, coraggioso nell'ammettere finalmente la propria vigliaccheria. «Il motivo per il quale non ho attaccato l'integralismo islamico nella mia arte è che ho realmente paura che qualcuno mi tagli la gola». Tim Marlow, direttore della principale galleria di Londra, conferma che le paure di Perry non sono solo sue: «E' qualcosa di concreto, ma che pochissime persone hanno ammesso in modo esplicito. Istituzioni, musei e gallerie sono probabilmente responsabili

L'articolo del compagno Giorgio Napolitano contro Aleksandr Solzhenitsyn

Ecco il testo integrale dell'articolo apparso il 20 febbraio del 1974 sull'Unità, nel quale Giorgio Napolitano spiegava perché la cacciata di Aleksandr Solzhenitsyn dall'Urss fosse la «soluzione migliore» che il partito comunista sovietico potesse adottare. Lo pubblico senza alcun commento né taglio né aggiunta. Quello che volevo dire in proposito l'ho scritto qui . L’ESPERIENZA SOVIETICA E LA NOSTRA PROSPETTIVA ANCORA SUL «CASO SOLGENITSYN» Pubblichiamo questo articolo del compagno Giorgio Napolitano, membro della Direzione del PCI e responsabile della Commissione culturale, che comparirà sul prossimo numero di «Rinascita». Anche se il clamore suscitato dall’arresto di Solgenitsyn è venuto calando, dopo la decisione delle autorità sovietiche di privarlo della cittadinanza e dì espellerlo dall’URSS; anche se alcuni giornali sono rapidamente passati dai toni declamatori e drammatici a quelli, bonari e fatui, delle curiosità sullo «shopping» di Solgenitsyn per le vie di Z