Le colpe dei camionisti
di Fausto Carioti
Certo, ci sono ragioni ideologiche dietro all’arroganza con cui il ministro dei Trasporti, Alessandro Bianchi, sino ad oggi ha risposto “me ne frego” alle richieste degli autotrasportatori. Queste ragioni sono tutte racchiuse in quella parola che in bocca alla sinistra marxista, da cui Bianchi proviene, suona come la peggiore delle offese: “padroncini”. Il governo Prodi è abituato a mettersi prono davanti a ogni categoria di lavoratori che scende in piazza. Stavolta però quelli che scioperano, per Bianchi e compagni, non sono lavoratori, ma piccoli imprenditori, cioè nemici della classe operaia. Detto questo, resta da capire se i torti stanno davvero tutti dalle parti di Palazzo Chigi. La risposta, purtroppo, è “no”. Una parte del marcio si annida tra chi sta manifestando in queste ore. Almeno una colpa - enorme - gli autotrasportatori in rivolta ce l’hanno. Ed è quella di usare il peggiore dei metodi di lotta: il blocco forzato, il “picchetto”.
Si limitassero a scioperare, e a farlo nei limiti previsti dalla legge, ci si potrebbe stare. Recano un danno a noi, ma hanno il buon gusto di farlo solo a loro spese. Da decenni sopportiamo insegnanti pubblici che bloccano gli scrutini (e tanti saluti agli studenti e alle loro famiglie), ci inchiniamo deferenti dinanzi ai metalmeccanici che incrociano le braccia e fermano le catene di montaggio, facciamo finta che lo sciopero dei giornalisti per impinguare i loro stipendi sia una nobile iniziativa in difesa della libertà di stampa. Figuriamoci se non riusciremmo a farci una ragione delle proteste degli autotrasportatori ignorati da un ministro che li considera nemici di classe. Ma le manifestazioni in atto in Italia non si spiegano solo così. Molti dei tir che non arrivano a destinazione, infatti, sono bloccati con la forza dagli scioperanti. Che se la prendono anche con chi non c’entra nulla con la loro vertenza. E questo cambia molte cose.
È la stessa logica squadrista vista in azione migliaia di volte. Chi sciopera, pretende che anche tu lo faccia. Ti obbliga a comportarti come lui anche se la pensi all’opposto. Credi che la riforma dell’università abbia migliorato le cose, e ritieni dei poveri imbecilli quelli che hanno deciso di scioperare? Peggio per te, perché in aula non entri comunque. Gli imbecilli sono lì che ti aspettano, all’ingresso della facoltà: in difesa della democrazia hanno schierato il loro picchetto. Pensi che 80 euro di più in busta paga siano un compromesso accettabile, ti sei fatto un paio di conti e hai capito che a scioperare ancora ti faresti solo del male? Fa niente: in fabbrica non ci vai. Le spranghe che hanno in mano i tuoi colleghi ti invitano a solidarizzare con loro. Sei contrario allo sciopero dei trasportatori? Peggio per te, gli altri tir sono già lì, davanti al casello, che ti bloccano la strada. L’adesione allo sciopero, che secondo i sindacati di categoria ieri è stata vicina al novanta per cento, va presa dunque per quello che è: il risultato dell’adesione volontaria di alcuni e della violenza subita da altri.
La protesta dei camionisti è ancora più insopportabile quando vuole colpire chi non ha nulla a che vedere con la categoria. I blocchi nelle autostrade e i camion che circolano a velocità da lumaca per rallentare il traffico impediscono di viaggiare a milioni di automobilisti. Caricare su di loro i costi della protesta dei tir è una scelta sbagliata, e per fortuna alcune associazioni di autotrasportatori sembrano averlo capito. Il diritto di sciopero non c’entra: quello si può difendere fin quando si limita all’astensione dal lavoro di chi manifesta e alle sue prevedibili conseguenze. La sua tutela finisce quando, per aumentare gli effetti della protesta, si sceglie di fare del male anche a chi non condivide lo sciopero, o si trova lì per caso.
La classe politica mostra di non aver capito molto di questa vicenda. Il centrodestra non ha compreso che è inutile ripetere ogni giorno che ci si vuole liberare dall’eredità nefasta del Sessantotto se non si ha il coraggio di dire che il diritto dei “crumiri” vale almeno quanto quello di chi sciopera. Ed è difficile essere credibili davanti agli elettori se si è disposti a non vedere certe violenze solo perché chi le mette in atto è nemico del governo Prodi. L’esecutivo, però, non ha capito che sullo sciopero dei Tir si gioca la sua sopravvivenza. Il modo deprecabile con cui tanti autotrasportatori stanno protestando non cambia il fatto che gran parte delle loro richieste siano fondate, e che i loro sindacati meritino tutta l’attenzione che sino a oggi i ministri hanno dato alle altre categorie. Lasciare gli scaffali dei supermercati vuoti nei giorni prima di Natale minaccia di far incavolare gli elettori assai più di tutte le bischerate compiute sino ad oggi da Prodi e compagni. Già ieri, in molte città, scarseggiavano il latte e altri alimenti di prima necessità. Si sono viste code davanti ai benzinai. Oggi, se non ci saranno novità, andrà peggio. Di sicuro, l’argomento preoccupa gli italiani assai più della querelle tra il modello elettorale tedesco e quello spagnolo. Prodi farà bene a inventarsi qualcosa. In fretta.
© Libero. Pubblicato l'11 dicembre 2007.
Certo, ci sono ragioni ideologiche dietro all’arroganza con cui il ministro dei Trasporti, Alessandro Bianchi, sino ad oggi ha risposto “me ne frego” alle richieste degli autotrasportatori. Queste ragioni sono tutte racchiuse in quella parola che in bocca alla sinistra marxista, da cui Bianchi proviene, suona come la peggiore delle offese: “padroncini”. Il governo Prodi è abituato a mettersi prono davanti a ogni categoria di lavoratori che scende in piazza. Stavolta però quelli che scioperano, per Bianchi e compagni, non sono lavoratori, ma piccoli imprenditori, cioè nemici della classe operaia. Detto questo, resta da capire se i torti stanno davvero tutti dalle parti di Palazzo Chigi. La risposta, purtroppo, è “no”. Una parte del marcio si annida tra chi sta manifestando in queste ore. Almeno una colpa - enorme - gli autotrasportatori in rivolta ce l’hanno. Ed è quella di usare il peggiore dei metodi di lotta: il blocco forzato, il “picchetto”.
Si limitassero a scioperare, e a farlo nei limiti previsti dalla legge, ci si potrebbe stare. Recano un danno a noi, ma hanno il buon gusto di farlo solo a loro spese. Da decenni sopportiamo insegnanti pubblici che bloccano gli scrutini (e tanti saluti agli studenti e alle loro famiglie), ci inchiniamo deferenti dinanzi ai metalmeccanici che incrociano le braccia e fermano le catene di montaggio, facciamo finta che lo sciopero dei giornalisti per impinguare i loro stipendi sia una nobile iniziativa in difesa della libertà di stampa. Figuriamoci se non riusciremmo a farci una ragione delle proteste degli autotrasportatori ignorati da un ministro che li considera nemici di classe. Ma le manifestazioni in atto in Italia non si spiegano solo così. Molti dei tir che non arrivano a destinazione, infatti, sono bloccati con la forza dagli scioperanti. Che se la prendono anche con chi non c’entra nulla con la loro vertenza. E questo cambia molte cose.
È la stessa logica squadrista vista in azione migliaia di volte. Chi sciopera, pretende che anche tu lo faccia. Ti obbliga a comportarti come lui anche se la pensi all’opposto. Credi che la riforma dell’università abbia migliorato le cose, e ritieni dei poveri imbecilli quelli che hanno deciso di scioperare? Peggio per te, perché in aula non entri comunque. Gli imbecilli sono lì che ti aspettano, all’ingresso della facoltà: in difesa della democrazia hanno schierato il loro picchetto. Pensi che 80 euro di più in busta paga siano un compromesso accettabile, ti sei fatto un paio di conti e hai capito che a scioperare ancora ti faresti solo del male? Fa niente: in fabbrica non ci vai. Le spranghe che hanno in mano i tuoi colleghi ti invitano a solidarizzare con loro. Sei contrario allo sciopero dei trasportatori? Peggio per te, gli altri tir sono già lì, davanti al casello, che ti bloccano la strada. L’adesione allo sciopero, che secondo i sindacati di categoria ieri è stata vicina al novanta per cento, va presa dunque per quello che è: il risultato dell’adesione volontaria di alcuni e della violenza subita da altri.
La protesta dei camionisti è ancora più insopportabile quando vuole colpire chi non ha nulla a che vedere con la categoria. I blocchi nelle autostrade e i camion che circolano a velocità da lumaca per rallentare il traffico impediscono di viaggiare a milioni di automobilisti. Caricare su di loro i costi della protesta dei tir è una scelta sbagliata, e per fortuna alcune associazioni di autotrasportatori sembrano averlo capito. Il diritto di sciopero non c’entra: quello si può difendere fin quando si limita all’astensione dal lavoro di chi manifesta e alle sue prevedibili conseguenze. La sua tutela finisce quando, per aumentare gli effetti della protesta, si sceglie di fare del male anche a chi non condivide lo sciopero, o si trova lì per caso.
La classe politica mostra di non aver capito molto di questa vicenda. Il centrodestra non ha compreso che è inutile ripetere ogni giorno che ci si vuole liberare dall’eredità nefasta del Sessantotto se non si ha il coraggio di dire che il diritto dei “crumiri” vale almeno quanto quello di chi sciopera. Ed è difficile essere credibili davanti agli elettori se si è disposti a non vedere certe violenze solo perché chi le mette in atto è nemico del governo Prodi. L’esecutivo, però, non ha capito che sullo sciopero dei Tir si gioca la sua sopravvivenza. Il modo deprecabile con cui tanti autotrasportatori stanno protestando non cambia il fatto che gran parte delle loro richieste siano fondate, e che i loro sindacati meritino tutta l’attenzione che sino a oggi i ministri hanno dato alle altre categorie. Lasciare gli scaffali dei supermercati vuoti nei giorni prima di Natale minaccia di far incavolare gli elettori assai più di tutte le bischerate compiute sino ad oggi da Prodi e compagni. Già ieri, in molte città, scarseggiavano il latte e altri alimenti di prima necessità. Si sono viste code davanti ai benzinai. Oggi, se non ci saranno novità, andrà peggio. Di sicuro, l’argomento preoccupa gli italiani assai più della querelle tra il modello elettorale tedesco e quello spagnolo. Prodi farà bene a inventarsi qualcosa. In fretta.
© Libero. Pubblicato l'11 dicembre 2007.