Ogm, la rivista "Nature" fa a pezzi l'Italia

Per chi non la conoscesse, Nature è una delle più importanti riviste scientifiche del mondo. Nel suo ultimo numero ha dedicato un editoriale alla politica del governo italiano sugli Ogm. L'esecutivo ne esce a pezzi. La vicenda, peraltro, in Italia è già nota da tempo, almeno tra gli addetti ai lavori. Copio e incollo parte della traduzione dell'editoriale di Nature fatta da Dario Bressanini sul suo blog:
Erano disponibili nuovi dati [sugli Ogm] a metà novembre ma, stranamente, sono stati largamente ignorati. (...) La ragione per cui i nuovi dati italiani - dall’unico test in campo di mais Bt in Italia dal 2000 - sono stati ignorati è semplice: mettono gli Ogm in buona luce.

Il test è stato effettuato nel 2005 come parte di quello che si supponeva dovesse essere una panoramica sugli Ogm in Italia. L’Inran (Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione) ha organizzato e finanziato una serie di attività attorno al cibo Ogm e questioni correlate. Oltre a questo test, ha finanziato attività divulgative e sondaggi di opinione. I risultati dovevano essere presentati al pubblico nel 2006, ma i dati completi del test in campo non furono mai mostrati. Quando fu chiaro che né l’Inran né il Ministro dell’Agricoltura avevano intenzione di pubblicare i dati, un piccolo gruppo di ricercatori ha tenuto una conferenza stampa il 13 novembre.

I risultati del test erano spettacolari. Coinvolgevano quattro campi di 3600 metri quadri, un paio per due varietà di mais Bt Ogm (MON810) e altri due per le corrispettive controparti isogeniche non Ogm [cioè con lo stesso genoma tranne il gene inserito che li rende resistenti alla Piralide]. Il test è stato progettato e condotto non da una cattiva multinazionale, ma da un rispettabile agronomo dell’Università di Milano, Tommaso Maggiore. Egli ha mostrato come nelle condizioni di campo il mais Bt può aiutare a mantenere rese che sono del 28-43% più alte che le controparti non transgeniche. I risultati sono quasi sicuramente atipici perché le condizioni, climatiche e altro, durante il 2005 sono state particolarmente felici per la piralide e particolarmente cattive per i coltivatori italiani di mais. In un anno più tipico, la perdita di resa dovuta all’insetto avrebbe potuto essere solo del 10-15% del raccolto.

A parte i benefici della produttività, il MON810 ha anche surclassato il mais convenzionale in termini di livelli di fumonisine, tossine che sono prodotte da funghi capaci di infettare la pianta attraverso le lesioni causare dalla piralide. Il MON810 contiene 60 parti per miliardo o meno di fumonisine, mentre la varietà non OGM ne contiene 6000, un livello non adatto per il consumo umano per la legge Italiana e Europea. Se fosse stato il mais transgenico MON810 a contenere alti livelli di tossine, l’interesse dei politici, dei media e del pubblico nei dati sarebbe stato probabilmente intenso. Ma la risposta a questi dati sconvenienti è stata poco ricettiva, nel migliore dei casi.
Per saperne di più, qui il post di Bressanini.

Qui l'intero articolo di Nature.

Qui l'articolo di Anna Meldolesi sul Riformista: Invece che alla scienza, danno i soldi a Capanna, a proposito di una vicenda già nota ai lettori di questo blog.

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