Spaventa fa paura (pagheremo caro, pagheremo tutto)

Tra tutti gli economisti di area Pci-Pds-Ds, Luigi Spaventa ha rappresentato per anni, per il Bottegone prima e il Botteghino poi, il fiore rosso all'occhiello. Deputato eletto come indipendente nelle liste del Pci nella ottava legislatura (1976-1983), ministro del Bilancio nel governo Ciampi (1993-1994), sfidante (sconfitto) di Silvio Berlusconi nel collegio Roma 1 nelle elezioni del '94, presidente del Monte dei Paschi dal 1997 al 1998, da dove si è trasferito alla guida della Consob, che ha retto sino al 2003, Spaventa a tutt'oggi è organico all'attuale governo e alla maggioranza che lo sostiene, e conosce a menadito tutti i meccanismi della finanza pubblica. In più, non ricoprendo alcun incarico politico, può permettersi il lusso - a differenza di Romano Prodi, Vincenzo Visco e Tommaso Padoa Schioppa - di dire le cose come stanno. E lo ha fatto oggi su Repubblica, in un articolo il cui titolo, "L'ambizione delle riforme", pare fatto apposta per tenere lontano il lettore. Ma che merita invece di essere letto, perché spiega, senza ipocrisie, dove il governo Prodi andrà a prendere i soldi in più che cerca con la nuova Finanziaria.

Preso atto che nel "rigoroso" Dpef decantato da Prodi «troviamo risposte nobili ma generiche: vi si afferma che non basta affidarsi alla riduzione dell'evasione e dell'elusione o alle economie di spesa ottenibili migliorando l'efficienza dell'amministrazione, ma occorre intervenire (senza dire come) sull'apparato del settore pubblico, sul sistema pensionistico, sul servizio sanitario, sulla finanza degli enti decentrati», Spaventa scrive:
«Fra due terzi e la metà della correzione lorda dovrà essere affidato ad aumenti di entrate tributarie. In questo caso sarà difficile evitare misure discrezionali con aumenti di aliquote (non solo sulle cosiddette rendite finanziarie), poiché un recupero di imponibile evaso è stato già messo in conto per 5 miliardi, anche se qualcosa di più si potrà ottenere. La pressione fiscale (rapporto fra entrate tributarie e contributive e prodotto) già aumenterà nel 2006 di un punto rispetto all'anno precedente e, grazie all'aumento imprevisto di gettito, di mezzo punto rispetto alle previsioni, aumenterebbe ancora (di almeno mezzo punto) nel 2007, pur tenendo presente gli effetti di un abbattimento del cuneo fiscale. In definitiva, il governo onorerà il suo impegno, come ormai deve fare: ma, se vale quanto ho detto, forse non nel migliore dei modi, essendovi evidenza che le correzioni ottenute con aumenti di entrate hanno effetti depressivi maggiori di quelle ottenute con riduzioni di spesa pubblica».

Per capirsi: «Fra due terzi e la metà della correzione lorda» vuol dire tra i 20 e i 15 miliardi. E laddove Spaventa parla di aumenti di aliquote «non solo sulle cosiddette rendite finanziarie» si riferisce a un aumento delle imposte sui redditi e a nuove imposte sui patrimoni, non essendo perseguibile la strada di un'innalzamento delle imposte sui consumi da parte di chi, fino a ieri, ci ha dipinto un'Italia dove si moriva di fame alla terza settimana del mese.

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