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Visualizzazione dei post da settembre, 2006

Non lo fo (solo) per piacer mio

A furia di difendere l'aborto e di dipingere il matrimonio come un'istituzione obsoleta, per non dire ridicola (un tempo in Francia e in Italia si sarebbe detto "borghese"), la sinistra statunitense, man mano che avanzano le generazioni, si scopre sempre più con il fiato sul collo: collegi elettorali tradizionalmente fifty-fifty con gli odiati conservatori iniziano a pendere sempre più dalla parte dei Repubblicani, e collegi in cui i Democratici potevano contare su una solida maggioranza stanno diventando seriamente a rischio per Hillary Clinton e compagnia. Tutto si spiega con il fatto che i figli, pur essendo ovviamente liberissimi di votare in maniera opposta a quella dei loro genitori, nella maggior parte dei casi, nel segreto dell'urna, scelgono di seguire il loro esempio. Il motivo, chiaramente, è che l'educazione impartita dalla famiglia, i discorsi sentiti all'interno delle mura di casa e il mix di valori e stili di vita appresi (libertà, autoreali

Aderisco al Suviet

Dichiarazione di Marco Taradash , portavoce dei Riformatori Liberali: «La tassazione dei Suv, che verrà introdotta nella prima finanziaria Padoa-Schioppa, non ha alcun senso logico. I Suv sono veicoli a quattro ruote come gli altri, che a parità di cilindrata inquinano come gli altri poiché sono obbligati a rispettare le stesse regole, che vanno a benzina a Diesel o a Gpl o metano come gli altri, che costano come gli altri. E consumano quanto o meno delle normali auto di lusso. Sono usati nell’Italia rurale o montana per ragioni pratiche, in quella urbana per ragioni che non spetta allo Stato sindacare. L’unica spiegazione di un provvedimento punitivo nei confronti dei possessori di Suv la si può trovare nella subcultura nasi-maoista (sic) che infetta la maggioranza: ancora una volta la sinistra al governo esprime la sua unica ideologia residua, quella della “puzza al naso” contro chi non ha “classe”, e cerca di attribuire ad essa dignità di politica fiscale. Ma la stupidità non passer

Il grande freddo

Mai stato così debole. Romano Prodi esce con le ossa rotte dal confronto parlamentare sul caso Telecom-Rovati, con un coefficiente di leadership ridotto ai minimi termini. Ne esce assai peggio di come c’era entrato, e già non era un bello spettacolo. Ricordiamolo. Prodi aveva difeso con le unghie Angelo Rovati, il suo collaboratore che, giocando a fare il piccolo Enrico Cuccia, ammazzava il tempo preparando su carta intestata di palazzo Chigi piani di riassetto per Telecom, azienda privata quotata in Borsa, per poi inviarli a Marco Tronchetti Provera (è l’ipotesi di gran lunga più innocentista nei confronti di Prodi e del suo “pseudotesoriere”, le altre si possono solo immaginare). Per non finire travolto in prima persona, Prodi è stato costretto a far dimettere Rovati. Aveva detto che non avrebbe riferito in Parlamento sulla vicenda, perché farlo sarebbe stata “una cosa da matti”. I suoi stessi alleati lo hanno costretto a presentarsi. Goffo il tentativo di fare di necessità virtù: pa

Victor Davis Hanson: il nuovo antisemitismo occidentale è di sinistra

Siamo abituati ad associare l'odio per gli ebrei con la ridicola destra nehanderthaliana che va a letto con gli stivali. Ma questo nuovo veleno, almeno nella sua forma occidentale, è soprattutto un'impresa della sinistra, e spesso della sinistra accademica. E' anche molto più insidioso, data la pretesa superiorità morale della sinistra e la sua influenza nei media prestigiosi e nelle università. Ne vediamo gli sventurati risultati nelle frequenti manifestazioni anti-Israele che si tengono nelle università, dove Israele è associata al nazismo, mentre i media hanno pubblicato immagini taroccate e raccontato in modo schierato gli eventi nel sud del Libano. Victor Davis Hanson, storico, membro della Hoover Institution e insegnante all'università di Stanford, racconta così " Il nuovo antisemitismo ". Una descrizione che si può applicare alla realtà italiana senza cambiarne una virgola. Stesso argomento su questo stesso blog: " I primi frutti dell'antisemit

Vota il peggiore

E' molto facile. Funziona così. Prima si legge questo . Ci si fa un'idea sopra. Poi, dopo attenta riflessione, si risponde alla domanda: è più pericoloso il regista laicista a la page, coraggioso e controcorrente come un tronco alla deriva, che denuncia tutte le religioni e propone di abolirle in nome della suprema religione della Pace, oppure la sovrintendente della Deutsche Oper che se la fa sotto e - per paura di offendere gli islamici, che tanto delle eventuali proteste di cristiani e buddisti non frega niente a nessuno - cancella l'opera (o qualunque cosa essa sia) dal cartellone? Trattasi, va da sé, di due genotipi assai diffusi nell'Europa di oggi. Il sottoscritto vota per la seconda. Ha sacrosanta ragione il borgomastro che giudica la sua una «decisione sbagliata, che offre a chi combatte i nostri valori la conferma che noi non siamo pronti a difenderli». Per neutralizzare il regista politicamente corretto, infatti, basta infatti ignorare la sua boiata. La secon

Relativismo giudiziario 2: i cadaveri dei dhimmi

I legali del gruppo Padma, che ha curato gli interessi dei tre cattolici fucilati in Indonesia , dopo aver fatto stilare un referto da medici cristiani ha denunciato la presenza sui cadaveri di ferite non riconducibili alla fucilazione stessa: Tibo avrebbe due costole rotte e cicatrici sul viso, mentre da Silva è stato trafitto al cuore da un oggetto simile a un pugnale. Tutti e tre, inoltre, hanno i segni di cinque spari nel petto, invece che uno solo. Il governo di Jakarta nega tutto, ma il fatto che il procuratore di Palu abbia voluto dare sepoltura a Tibo e compagni in tutta fretta, senza concedere nemmeno i funerali religiosi, dà credito alle ipotesi che la fucilazione non sia avvenuta secondo le procedure consentite dalla legge internazionale. Il resto su Asia News .

Intervista a Mughini sul perché l'ordine dei giornalisti va abolito

di Fausto Carioti Pochi giorni fa, l’ordine dei giornalisti del Lazio ha inviato a Giampiero Mughini un telegramma di convocazione. Intende chiedergli conto degli spot televisivi girati per un noto gestore di telefonini. Ai giornalisti è infatti vietato pubblicizzare qualunque prodotto. Mughini ha scritto una lettera al Foglio, pubblicata ieri, in cui fa sapere di non avere apprezzato il tono «ultimativo e perentorio» di quella convocazione, definisce l’ordine una «burocrazia del nulla» e avverte i mittenti: «Non risponderò né ora né mai, mi mandaste pure trenta telegrammi». Ma di cose da dire Mughini ne ha tante: sul giornalismo italiano, sulle “marchette” e sull’albo dei giornalisti. Non dica che non si aspettava la reazione dell’ordine. «La davo per scontata. Me ne sono altissimamente strainfischiato, non avendo dell’ordine alcuna considerazione. Lo considero uno dei tanti enti inutili italiani». Anche se attesa, la reazione dell’ordine dei giornalisti è riuscita comunque a colpirla

Bianco e maschio? Non puoi fare il poliziotto

Doveva succedere, prima o poi. Il politicamente corretto ha varcato l'ultima frontiera della vergogna e, anche in Europa (negli Usa c'è già una lunga casistica), si è trasformato ufficialmente in razzismo. In nome della affirmative action, un posto di lavoro, per giunta pubblico, è stato vietato a chi è bianco e di sesso maschile. Non è successo in qualche socialdemocrazia del nord Europa, ma in Gran Bretagna. E non a un individuo solo, ma a 108 individui, maschi e bianchi, che si erano presentati per un posto da poliziotto nel distretto di polizia del Gloucestershire e sono stati scartati senza fornire loro alcuna spiegazione credibile. Si è scoperto poi che le loro domande erano state respinte solo perché chi dirigeva il distretto aveva scelto la politica di incoraggiare le diversità all'interno del corpo di polizia, prendendo in considerazione solo le domande presentate da donne e da esponenti delle minoranze etniche. Lo scandalo (perché di questo si tratta, uno scandalo

Nel caso non si fosse capito

Alle ore 16 di giovedì 21 settembre Romano Prodi era a palazzo Chigi, tornato da New York. A quell'ora era prevista la presenza del rappresentante del governo, il ministro Paolo Gentiloni, dinanzi al Senato, per riferire sulla vicenda Telecom. I tempi tecnici per essere presente in aula, dunque, Prodi li avrebbe avuti. Era lì, a duecento metri da palazzo Madama, barricato nel suo ufficio. Se non lo ha fatto è solo perché è mancata la volontà politica. Prodi riferirà alla Camera il 28 settembre. Al Senato nei giorni successivi. Perché? Certo, perché spera che, di qui ad allora, si sia attutito il clamore suscitato dal caso Rovati (il suo collaboratore che nel tempo libero, senza averne titolo, scriveva piani di riassetto del gruppo Telecom su carta intestata di palazzo Chigi e li affidava a un corriere delle forze dell'ordine affinché li consegnasse a Marco Tronchetti Provera). Ma non solo. Da qui ad allora, infatti, è convinzione comune che venga ufficializzato l'arrivo di

Relativismo giudiziario

I tre cattolici indonesiani in attesa di esecuzione sono stati fucilati. Fabianus Tibo (60 anni), Marinus Riwu (48) e Domingus da Silva (42) sono stati giustiziati alle 01.10 (ora locale). Erano stati condannati come responsabili di un massacro di musulmani avvenuto nel 2000 a Poso, negli scontri interreligiosi che hanno insanguinato la zona fino al 2001. Durante il loro processo, segnato dalle intimidazioni degli estremisti islamici, i giudici si sono rifiutati di ascoltare i testimoni della difesa, che erano pronti a scagionare i tre cattolici. Qui per sapere di più sull'esecuzione Qui per sapere di più della loro storia Qui per capire come vivono i cattolici nell'Indonesia di Allah

La solitudine di Prodi

di Fausto Carioti Il Romano Prodi über alles, sotto il cui sguardo compiacente si annunciava la fusione tra Banca Intesa e Sanpaolo (sfidando così i Ds sul terreno loro più congeniale, quello dell'alta finanza), il Prodi decisionista con la mascella volitiva, che portava i soldati italiani in Libano e costringeva tre quarti della Casa delle libertà a dire sì alla "sua" missione, non c'è più. Si è sgonfiato nel giro di poche ore, come un soufflé riuscito male. Al suo posto è riapparso il Prodi debole e nervoso dei momenti peggiori, un po' Tafazzi e un po' Fantozzi, con la fronte sudata e lo sguardo da talpa. Irriso dagli avversari e sopportato con sempre più malcelato fastidio dai suoi alleati. Un uomo solo al comando, molto solo e con poco comando, vista l'irruenza con cui il mondo che lo circonda gli si è rivoltato contro. Un leader di coalizione che sta pagando a caro prezzo il suo peccato originale: quello di non essere il leader di alcun partito. Hai v

Telecomgate: la strana vittoria della Cdl al Senato

Ma era meglio avere Romano Prodi al Senato nella data proposta dal governo, e cioè il 28 settembre, e una volta lì provare a scuoiarlo a dovere in diretta televisiva, così come impongono i sacrosanti rituali delle repubbliche parlamentari? Oppure hanno fatto bene i senatori della Cdl a cogliere l'occasione della superiorità numerica, a chiedere che il presidente del consiglio appaia in aula il 21 settembre, a cercare il braccio di ferro con la maggioranza (che a palazzo Madama tale non sembra più essere), per vincere ( 151 voti contro 148 ), ma dare così la scusa a Prodi di provare a mandare al suo posto il ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni, visti gli inderogabili (meglio non indagare) impegni internazionali del premier? Insomma: è meglio avere tra le mani un Gentiloni oggi o un Prodi domani? Meglio un Prodi domani, ovvio. Il bersaglio è lui, mica il ministro margheritino. E allora? Per quale motivo i senatori del centrodestra hanno offerto una simile via di fuga al prem

Telecom, tarallucci e vino

Non ci vuole la sfera di cristallo per indovinare dove vanno a parare certe cose in Italia. Primo: Angelo Rovati si è dimesso , spiegando che lo fa per evitare ulteriori rogne a Romano Prodi. Secondo: il presidente del Consiglio non riferirà in Parlamento sul Telecomgate e sull'imbarazzante ruolo ricoperto dal suo uomo-ombra. Al suo posto, a farsi crocifiggere a Montecitorio, manderà il margheritino Paolo Gentiloni, ministro delle Comunicazioni. Il quale, poverino, sulla "ciccia" vera della faccenda, cioè sul progetto di spezzatino del gruppo Telecom inviato chissà perché da Rovati a Marco Tronchetti Provera, non ha proprio nulla da dire. Tanto più che Rovati a palazzo Chigi non ricopriva alcun ruolo ufficiale, ma svolgeva un incarico fiduciario personale affidatogli da Prodi. Il quale, quindi, sarebbe l'unico tenuto a rispondere in aula e a farsi sbeffeggiare dall'opposizione. Questo gli alleati del premier lo sanno benissimo, e nelle ultime ore, durante un'

Quelli che il Papa lo vogliono in ginocchio davanti all'islam

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Errore reiterato o faziosità congenita? Dopo essersi inventato le scuse di Ratzinger attraverso il cardinal Bertone , il mainstream dei media italiani insiste e fa sapere al mondo che stavolta il papa in persona ha chiesto scusa all'islam. Nientemeno che prima della recita domenicale dell'Angelus. La versione online del Corriere titola "Il Papa chiede scusa ai musulmani", e taglia e cuce il discorso di Ratzinger in modo che ne esca fuori l'immagine di un papa goffo, che cerca di mettere una pezza al gravissimo errore commesso prostrandosi e riconoscendo urbi et orbi le ragioni dei musulmani. Stessa cosa fanno l'edizione online di Repubblica, che titola " Le scuse del Papa: 'Sono rammaricato. Ma era solo un invito al dialogo' " e parla delle scuse del pontefice come di un gesto senza precedenti «nella storia bimillenaria della Chiesa» (mostrando peraltro una certa ignoranza ) e, per quanto conta, l'edizione online dell'Unità ("

Ma il Papa non ha chiesto scusa (per fortuna)

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Forse è perché siamo talmente abituati alle buffe contorsioni linguistiche dei nostri piccoli politici che ci risulta difficile maneggiare qualcuno che torna sul proprio discorso per ribadirlo - punto per punto - e chiarirlo in ogni dettaglio, senza però fare alcuna marcia indietro. Forse qualcuno invece di fare il giornalista preferisce fare l'anticlericale militante, e si diverte a trattare papa Ratzinger come un Berlusconi o un Prodi qualunque, prima accusandolo di aver sbagliato e poi scrivendo che si è ravveduto e ha chiesto scusa, anche se non è vero. Fatto sta che Benedetto XVI, tramite il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato vaticano, tutto ha fatto tranne che chiedere perdono all'islam. Anche perché non vi è nulla di cui la Santa Sede debba scusarsi. Certo, Repubblica titola la sua edizione online nel più sbagliato dei modi: "Islam, le scuse del Papa", e ripete l'errore nell'articolo di cronaca: " Il Papa chiede scusa ". Anche il

Telecomgate: il primo cambio di vento dall'inizio della legislatura

A ulteriore conferma del fatto che aveva ragione Rudyard Kipling a scrivere che successo e insuccesso sono due grandi impostori, e che come tali debbono essere trattati, Romano Prodi, poche ore dopo aver incassato il sì di due terzi della Cdl alla missione italiana in Libano, si trova nella situazione peggiore da quando è nato il suo governo: messo sotto accusa e lasciato solo dagli alleati dopo che il suo principale collaboratore è stato scoperto con le dita nel vasetto della marmellata. E questo senza che la Casa delle libertà abbia fatto alcunché per meritarselo. Per il centrodestra, infatti, si tratta di un regalo tanto prezioso quanto inaspettato. Niente di nuovo: come scritto più volte, la politica italiana è messa così male che il vero punto di forza dei due schieramenti è l'altrui debolezza. Le dimissioni di Marco Tronchetti Provera dalla presidenza di Telecom Italia, poi, contribuiscono a creare un clima apocalittico attorno all'intera vicenda del Telecomgate e non mig

1929-2006

«Amo troppo la Vita, mi spiego? Sono troppo convinta che la Vita sia bella anche quando è brutta, che nascere sia il miracolo dei miracoli, vivere il regalo dei regali. Anche se si tratta d'un regalo molto difficile, molto faticoso. A volte, doloroso. E con la stessa passione odio la Morte. La odio più d'una persona da odiare, e verso chi ne ha il culto provo un profondo disprezzo. Anche per questo ce l'ho tanto coi nostri nemici. Coi tagliatori di teste, coi kamikaze, coi loro estimatori, coi loro parenti. " Mamma, Said s'è immolato! E' diventato un martire! Sei contenta, mamma?". "Contentissima, fegato mio. Contentissima! Ringraziamo Allah". Il fatto è che pur conoscendola bene, la Morte io non la capisco. Capisco soltanto che fa parte della Vita e che senza lo spreco che chiamo Morte non ci sarebbe la Vita». Oriana Fallaci, luglio 2004

Prodi "l'europeo" e la Chiesa sotterranea cinese

di Fausto Carioti Almeno otto milioni di cinesi guardano con un interesse particolare al viaggio in Cina di Romano Prodi e dei suoi ministri. Sono gli appartenenti alla Chiesa cattolica sotterranea, che fa riferimento al Vaticano. Il messaggio che costoro hanno inviato alle autorità italiane tramite Asia News , l’agenzia stampa di padre Bernardo Cervellera, è inequivocabile: Prodi chieda al governo cinese di rilasciare tutti i vescovi in prigione, o almeno si faccia dare notizie sul loro stato di salute. Il premier italiano dovrebbe impegnarsi anche per convincere i cinesi che la libertà religiosa è indispensabile per la costruzione di una società stabile e in armonia. In tutto, i cattolici in Cina sono oltre dodici milioni. Agli otto milioni legati alla Chiesa di Roma, costretti a professare la loro fede in clandestinità, occorre infatti aggiungere i quattro milioni che fanno riferimento all’associazione patriottica, ovvero alla chiesa nazionale, creata dal partito comunista cinese ne

I primi frutti dell'antisemitismo europeo

Piccoli segnali. Appena percettibili, facili da ignorare. E' sempre così che inizia. Anche la grande pestilenza raccontata da Albert Camus inizia con un topo morto in mezzo al pianerottolo. Che il portiere del palazzo si rifiuta di vedere («Il dottore ebbe un bel dirgli che ce n'era uno sul pianerottolo, del primo piano, e probabilmente morto: la persuasione di Michel restava intatta. Non vi erano sorci in casa; doveva quindi, quello là, essere stato portato da fuori. In breve, si trattava di uno scherzo»). Tre anni fa il filosofo ebreo francese Alain Finkielkraut lanciava l'allarme nel suo libro " Nel nome dell'Altro ": «Quello che si credeva fosse ormai un dato acquisito, oggi, retrospettivamente, ci appare solo come una semplice interruzione. Ed è in Francia, il Paese europeo con il più alto numero d'ebrei, che la parentesi, e nella maniera più brutale, viene chiusa. S'incendiano le sinagoghe, molti rabbini vengono molestati, dei cimiteri profanati,

Si parva licet

Per quel poco che conta, qui si condivide la battaglia della famiglia italiana di Cogoleto che ha adottato a termine la piccola Maria , e ora la tiene nascosta per non farla tornare in Bielorussia, dove è stata seviziata da chi la doveva proteggere . Non perché esista il diritto della famiglia italiana ad avere un figlio o a tenere la piccola con sé - diritto che ovviamente non c'è - ma perché esiste e va difeso con le unghie il diritto di Maria a non essere maltrattata. Certo, un gesto simile rischia di avere ripercussioni serie sulle relazioni tra Italia e Bielorussia (l'ambasciatore di Minsk ha già protestato ufficialmente) in materia di adozioni. E le spese le faranno i piccoli bielorussi che dovrebbero venire in Italia dopo Maria. Tutto vero. Ma da qualche parte un confine va tracciato, e se non lo si traccia per impedire che un essere umano innocente venga riconsegnato ai suoi aguzzini, non si riesce a capire dove altro lo si dovrebbe fissare. A proposito: sarebbe il caso

Su Moggi, la Ventura e la Melandri

di Fausto Carioti Dunque, Luciano Moggi non ha il diritto di andare in televisione. Non sulle reti Rai, almeno. E Simona Ventura non ha il diritto di invitarlo. Non si stesse parlando di due cose tremendamente serie, e cioè della libertà di espressione e del campionato di calcio, ci sarebbe da ridere. Perché l'accusa a Moggi e alla Ventura viene proprio dalla classe politica italiana, che gli schermi pubblici li monopolizza da sempre. Giuseppe Giulietti (Ds) accusa Moggi di essersi «autocelebrato, utilizzando in modo a dir poco improprio il servizio pubblico». Maurizio Gasparri (An), ex ministro delle Comunicazioni, propone di cambiare nome alla trasmissione della Ventura: invece di “Quelli che il calcio”, dice, dovrebbe chiamarsi “Quelli della truffa” o “Quelli in ginocchio”. Tra i tanti scandalizzati per la puntata andata in onda domenica pomeriggio spicca il consigliere d’amministrazione della Rai Carlo Rognoni (in quota Ds), che intende portare l’affaire Moggi-Ventura all’ordin

Finanziaria, la casa nel mirino

Prime conferme alle fosche previsioni di Luigi Spaventa sulla Finanziaria . Le funzioni catastali stanno per essere trasferite ai Comuni, i quali saranno liberi così di aggiornare gli estimi, in modo da aumentare il gettito proveniente dalle patrimoniali sugli immobili. In altre parole, a parità di aliquote le tasse sulla casa aumenteranno. Spiega tutto l'imprescindibile Franco Bechis su Italia Oggi.

Le voci di quel giorno

"Nun me regge la pompa". E' un modo di dire romano. Vuol dire che il cuore non ce la fa, non riesce a sopportare certi sforzi. Andiamo a Frascati in bicicletta? "No, nun me regge la pompa". Ecco, a me nun regge la pompa di vedere certe cose. Non vedrò mai United 93 . Né World Trade Center . Le voci. Le storie. Sono quelle che mi fanno stare male più di tutto. Le telefonate di chi sapeva che stava per morire. Le ultime parole per chi era a casa. Per chi sopravviveva. E forse ci sarei pure riuscito, quest'anno, a non starci male. Non fosse stato per Peggy Noonan. E' successo venerdì. Peggy Noonan è l'ex ghost writer di Ronald Reagan e del suo successore alla Casa Bianca George Bush. Per Ronnie ha scritto discorsi come questo . Ora scrive editoriali sul Wall Street Journal. Da queste parti, manco a dirlo, la sua lettura è uno dei due motivi che rendono il venerdì un giorno speciale (l'altro motivo è che il giorno dopo è sabato). Forse la colpa è pro

Summer School di Magna Carta: si parla di islam (pump up the volume)

Per chi è ancora sveglio, per chi non ha voglia o non può dormire, per chi vuol saperne di più, grazie a Radio Radicale è possibile ascoltare il testo del dibattito (1h e 48 minuti) su "Cittadinanza, identità e integrazione" che si tenuto venerdì 8 settembre alla Summer School 2006 organizzata da Magna Carta , la fondazione guidata da Gaetano Quagliariello, della quale è presidente onorario Marcello Pera. Ospiti: Souad Sbai, giornalista e presidente dell'Associazione italiana delle donne marocchine, e Mario Scialoja, ambasciatore a riposo e direttore uscente della sezione italiana della Lega mondiale musulmana. Ambedue fanno parte della consulta per l'islam italiano voluta nella scorsa legislatura dal ministro dell'Interno Giuseppe Pisanu. Moderatore, il sottoscritto. Si è parlato dell'identità europea e di quella islamica, di legge Bossi-Fini, della carta dei valori che Giuliano Amato sta cercando faticosamente di scrivere assieme ai membri della consulta,

Un Finkielkraut da conservare

Nell'ultimo articolo di Antonio Socci (dovrebbe essere pubblicato presto qui , intanto c'è il pdf ) su Silvio Berlusconi c'è una citazione dal grande Alain Finkielkraut (" L'imparfait du présent ", mai tradotto in italiano: ma si può?) che merita di essere copiata e incollata: « E' schiumando di rabbia contro il fascismo in piena ascesa che l'arte contemporanea fa man bassa delle istituzioni culturali. Non c'è nessuna fessura nella corazza dei fortunati del mondo post-sessantottino. Hanno lo stereotipo sulfureo, il cliché ribelle, l'opinione sopra le righe e più buona coscienza ancora che i notabili del museo di Bouville descritti da Sartre ne "La Nausea". Perché essi occupano tutti i posti: quello, vantaggioso, del Maestro, e quello, prestigioso, del Maledetto. Vivono come una sfida eroica all'ordine delle cose la loro adesione piena di sollecitudine alla norma del giorno. Il dogma, sono loro; la bestemmia pure. E per darsi arie

Il terrorista che non c'è

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Didascalia inserita da Al Jazeera durante la trasmissione del video del "testamento" di due dei terroristi islamici autori delle stragi dell'11 settembre 2001: "Martyrs of the Manhattan Raid". Martiri, dunque. Il video è stato mandato in onda giovedì 7 settembre.

Spaventa fa paura (pagheremo caro, pagheremo tutto)

Tra tutti gli economisti di area Pci-Pds-Ds, Luigi Spaventa ha rappresentato per anni, per il Bottegone prima e il Botteghino poi, il fiore rosso all'occhiello. Deputato eletto come indipendente nelle liste del Pci nella ottava legislatura (1976-1983), ministro del Bilancio nel governo Ciampi (1993-1994), sfidante (sconfitto) di Silvio Berlusconi nel collegio Roma 1 nelle elezioni del '94, presidente del Monte dei Paschi dal 1997 al 1998, da dove si è trasferito alla guida della Consob, che ha retto sino al 2003, Spaventa a tutt'oggi è organico all'attuale governo e alla maggioranza che lo sostiene, e conosce a menadito tutti i meccanismi della finanza pubblica. In più, non ricoprendo alcun incarico politico, può permettersi il lusso - a differenza di Romano Prodi, Vincenzo Visco e Tommaso Padoa Schioppa - di dire le cose come stanno. E lo ha fatto oggi su Repubblica, in un articolo il cui titolo, " L'ambizione delle riforme ", pare fatto apposta per tener

L'islam è in crisi. Ecco perché

Su Asia News sta uscendo, a puntate, un viaggio nell'islam a firma del teologo egiziano Samir Khalil Samir, che insegna nelle università di Beirut. E' interessante perché ribalta la percezione, così diffusa in Occidente, di un islam sicuro e trionfante (non è il solo a farlo, del resto). «L’osservatore occidentale», scrive, «è sconvolto di fronte al mondo islamico. Esso appare come una forza, una potenza straordinaria, che si muove e che nessuno può fermare. Questo sentimento – che fa paura a molti occidentali - corrisponde a ciò che molti musulmani chiamano la Sahwah, il Risveglio. In realtà questa potenza soffre di una crisi profonda, percepita da tutti i musulmani: l’incapacità di adeguarsi al mondo moderno, di assimilare la modernità. In effetti l’Islam sta vivendo una crisi profondissima. E' un fatto evidente non solo ad osservatori estranei. Ormai non c’è musulmano, pensatore, stampa araba o islamica che non discuta di questo fatto: l’Islam è in crisi. Vi è una diffe