La presa in giro della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo

Ineffabile, il Tg1 del 9 dicembre, in prima serata, l'ha ritenuta la prima notizia da dare ai telespettatori. E non è stato l'unica testata italiana a dare un risalto così vasto ai sessant'anni della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. Difficile, in queste ore, scampare ai fiumi di retorica che celebrano l'evento. Oltre ai toni da Istituto Luce, tutti i servizi hanno in comune il solito luogocomunismo. Sono tutti uguali, seguono lo stesso copione: la Carta dei diritti dell'uomo è una cosa meravigliosa, le Nazioni Unite vorrebbero che diventasse la costituzione unica mondiale, ma tanti Paesi - cinici e cattivi - ancora non la applicano. Quali Paesi? Ecco, qui viene il problema. Il Tg1 (ineffabile, ma forse l'ho già scritto) non li nomina, ma in compenso condisce il suo servizio con immagini dei polizotti bianchi che da qualche parte, negli Stati Uniti, maltrattano uomini di colore, probabilmente delinquenti colti sul fatto. Così, si insinua che sono proprio le democrazie occidentali, e in particolare gli Stati Uniti, quelle che commettono le nefandezze peggiori, il vero ostacolo a quel mondo di pace e uguaglianza disegnato dai filantropi del palazzo di vetro.

Magari fosse così. Magari il problema del mancato rispetto dei diritti dell'uomo fossero davvero i poliziotti di New York. La cosa, purtroppo, è un pochino più complessa. E basta andare a vedere i rapporti sulle violazioni dei diritti umani nel mondo di qualunque organizzazione non governativa (da Amnesty International, pur con tutti i suoi difetti, alla Human Rights Foundation), per capire che il marcio sta altrove.

Quanto alle Nazioni Unite non sono la soluzione, ma il cuore del problema. L'assemblea dell'Onu è controllata dal G77, il gruppo di 130 Paesi ritenuti “in via di sviluppo”, che comprende l’intero “Who’s who” delle peggiori dittature del pianeta: Iran, Siria, Pakistan, Corea del Nord, Cuba… Queste nazioni rappresentano la larghissima maggioranza dei membri dell’organizzazione e, votando in blocco, tengono in pugno l’assemblea. La posizione di leadership nel G77 appartiene agli stati arabo-musulmani, che hanno così un mezzo efficace per orientare a loro favore qualunque decisione debba essere presa a maggioranza.

E questo spiega pure perché il curriculum in materia di diritti umani dell'Onu sia così aberrante. Anche lasciando perdere le patologie del sistema, che certo non sono eccezioni (chessò: gli stupri dei caschi blu in Congo e Sudan), gli organismi dell'Onu riescono a fare schifo anche quando si muovono secondo le regole. Tipo la Commissione Onu per i diritti umani, che come scrisse il New York Times era composta da «alcuni dei regimi del modo più impegnati a violare questi diritti» (tanto che ha dovuto dichiarare fallimento per indegnità politica e morale nel 2006), la cui unica unica preoccupazione era quella di condannare Israele qualunque cosa facesse. Oppure la Commissione per lo Status delle Donne, tra i cui membri figurano stati islamici nei quali la lapidazione delle adultere, le mutilazioni genitali femminili e il divieto alle donne di guidare un’automobile sono prassi corrente.

O, ancora, la Unfpa (United nation population fund), l’agenzia Onu che ha per scopo la diffusione del controllo delle nascite. Dispone di un bilancio da 6 miliardi di dollari, con il quale interviene in 140 Paesi. Gli Stati Uniti le tolsero i finanziamenti dopo che questa aveva appoggiato la politica cinese di riduzione delle nascite. Politica che il libro "Contro il cristianesimo - L’Onu e l’Unione europea come nuova ideologia", scritto da Eugenia Roccella, Lucetta Scaraffia e Assuntina Morresi, descrive così: «Dopo il primo figlio alla donna viene imposto l’inserimento di uno Iud, Intra uterine device (la spirale, ndr), e, se rimane ancora incinta, è costretta ad abortire». Per chi sgarra sono previsti «distruzione della casa, totale isolamento sociale, talvolta uccisione dei neonati; più spesso i bambini nati contro la legge sono sottratti alle famiglie e abbandonati negli orfanotrofi». Di tutto questo, ricorda il libro, la Unfpa è stata complice: ha «fortemente contribuito a finanziare la politica coercitiva cinese, le ha garantito supporti tecnici e ha collaborato fornendo le proprie competenze, per esempio nell’organizzazione e nell’analisi dei dati. Ma, peggio di tutto, non ha mai denunciato i responsabili di questa gigantesca violazione dei diritti umani, anzi li ha coperti fin quando è stato possibile».

E in tutto questo immenso letamaio, dove di cose da raccontare ce ne sarebbero eccome (a partire da come sono trattati gli omosessuali a Cuba e nei Paesi islamici), il Tg1 e praticamente l'intera informazione italiana non trovano di meglio che imbottirci delle solite frasi fatte e di insinuare che il marcio sono i polizotti americani. Va bene che se chiami per nome i criminali veri, cioè i dittatori, gli ayatollah e gli altri fanatici che girano per il mondo, questi nella migliore delle ipotesi ti denunciano per razzismo (e nella peggiore scrivono una fatwa tutta per te). Ma se non si ha il coraggio di chiamare le cose per nome e cognome, sarebbe molto più dignitoso stare zitti.

Post scriptum. Chi vuole leggere sull'argomento un articolo fuori dal coro dei media italiani, lo trova su Radio Free Europe-Radio Liberty: Islam's challenges to "Universal Human Rights".

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