Famiglie più forti, società più ricca. Il caso americano
Famiglie più unite fanno una società più ricca. E la famiglia più unita, quella che regge meglio alle intemperie, è quella basata sul matrimonio (civile o religioso ha poca importanza). Detta in altre parole: una politica che voglia creare una società più forte e più benestante deve assolutamente passare dal sostegno della vituperata "famiglia tradizionale" (qui in Italia, più modestamente, come primo passo ci si potrebbe accontentare della semplice rinuncia alla vessazione fiscale). Dopo la monumentale analisi dei Tories inglesi sul caso della Gran Bretagna, arrivano i dati sugli Stati Uniti, ben riassunti da un recente articolo dell'Economist.
Primo dato, incontrovertibile: le fasce alte e medio alte della popolazione americana sono caratterizzate, oltre che dal benessere, da un basso tasso di rottura dei matrimoni. «Solo il 4% dei figli di madri laureate sono nati al di fuori del matrimonio. E il tasso di divorzi tra le donne laureate è crollato. Di quelle che si sono sposate tra il 1975 e il 1979, il 29% si sono divorziate nel giro di dieci anni. Ma di quelle che si sono sposate tra il 1990 e il 1994, ha divorziato solo il 16,5%».
Secondo dato: la fasce più basse sono caratterizzate da un'alta propensione a sfasciare il proprio matrimonio. Tra le donne che non sono riuscite a finire il liceo, il tasso di divorzi è assai più alto, ed è in aumento. Era del 38% per quelle che si sono sposate la prima volta negli anni 1975-79; è stato del 49% per quelle sposate tra il 1990 e il '94. Il 15% delle americane che non hanno finito il liceo ha avuto figli al di fuori del matrimonio.
Affari loro, verrebbe da dire. Se solo questo non avesse serie ripercussioni sulla mobilità sociale. I dati del think tank conservatore Manhattan Institute dicono che i figli della middle class che hanno l'opportunità di crescere con i loro genitori biologici vanno meglio a scuola, ottengono lavori migliori e creano a loro volta famiglie integre. I figli di genitori single non sposati o di genitori divorziati vanno peggio a scuola, ottengono lavori peggiori e tendono a fare figli al di fuori del matrimonio. Risultato: se i ricchi diventano più ricchi e i poveri più poveri, è soprattutto perché i figli dei ricchi hanno ottime probabilità di vivere in una famiglia unita, di imitarne i comportamenti e di diventare ancora più ricchi, mentre i figli dei poveri avranno buone chances di vivere in una famiglia sfasciata, avere a loro volta unioni traballanti e impoverirsi ancora di più.
I numeri confermano. Il 92% dei ragazzi le cui famiglie guadagnano oltre 75.000 dollari l'anno vivono con i due genitori. Mentre nelle famiglie con reddito annuale inferiore ai 15.000 dollari solo il 20% dei figli ha questa fortuna. E grazie, viene da dire: è ovvio che le famiglie con due genitori hanno un reddito più alto. Due stipendi sono più di uno. Ma non è solo questo. E' anche che il matrimonio è "a wealth-generating institution", un'istituzione in grado di generare ricchezza. I dati della Rutgers University dicono che chi si sposa e resta sposato sino alla fine dei suoi giorni, in media, al momento della dipartita - e nonostante tutte le spese affrontate per mantenere la famiglia - si trova quattro volte più ricco di coloro che non si sono mai sposati.
Un'unione fissa e "dura" da rompere, infatti, responsabilizza chi ne fa parte. Come notano gli studiosi dell'Urban Institute, «sposarsi aumenta subito e di parecchio le ore di lavoro svolte». Gli uomini sposati tendono a lavorare più duro, a prendere meno droghe e bere meno alcolici. Come risultato, guadagnano tra il 10 e il 40% in più di uomini single dotati del loro stesso curriculum. Il matrimonio è anche un ottimo incentivo a investire il risparmio nel modo più fruttuoso (e l'investimento migliore, nel lungo periodo, è l'educazione dei figli), nonché una formidabile forma di divisione del lavoro: ognuno dei due sposi fa quello che gli riesce meglio e, come insegnava Adam Smith, il risultato è una maggiore ricchezza comune. Il matrimonio, ovviamente, rappresenta anche la migliore assicurazione possibile qualora uno dei due coniugi cada in disgrazia economica.
Il caso inglese, dunque, trova solide (e intuibilissime) analogie sull'altra sponda dell'oceano. Confermando che ogni progetto di costruire una società forte e benestante deve partire dalla famiglia. Proprio il contrario di quello che sta facendo la politica italiana. La quale dovrebbe incentivare la solidità delle famiglie, tutelando quella ricchezza che, con lavoro e sacrifici, riescono a mettere da parte. Invece vede in quella ricchezza soprattutto un bottino sul quale mettere le mani. Come ricorda l'esempio di Gaetano Quagliariello:
Primo dato, incontrovertibile: le fasce alte e medio alte della popolazione americana sono caratterizzate, oltre che dal benessere, da un basso tasso di rottura dei matrimoni. «Solo il 4% dei figli di madri laureate sono nati al di fuori del matrimonio. E il tasso di divorzi tra le donne laureate è crollato. Di quelle che si sono sposate tra il 1975 e il 1979, il 29% si sono divorziate nel giro di dieci anni. Ma di quelle che si sono sposate tra il 1990 e il 1994, ha divorziato solo il 16,5%».
Secondo dato: la fasce più basse sono caratterizzate da un'alta propensione a sfasciare il proprio matrimonio. Tra le donne che non sono riuscite a finire il liceo, il tasso di divorzi è assai più alto, ed è in aumento. Era del 38% per quelle che si sono sposate la prima volta negli anni 1975-79; è stato del 49% per quelle sposate tra il 1990 e il '94. Il 15% delle americane che non hanno finito il liceo ha avuto figli al di fuori del matrimonio.
Affari loro, verrebbe da dire. Se solo questo non avesse serie ripercussioni sulla mobilità sociale. I dati del think tank conservatore Manhattan Institute dicono che i figli della middle class che hanno l'opportunità di crescere con i loro genitori biologici vanno meglio a scuola, ottengono lavori migliori e creano a loro volta famiglie integre. I figli di genitori single non sposati o di genitori divorziati vanno peggio a scuola, ottengono lavori peggiori e tendono a fare figli al di fuori del matrimonio. Risultato: se i ricchi diventano più ricchi e i poveri più poveri, è soprattutto perché i figli dei ricchi hanno ottime probabilità di vivere in una famiglia unita, di imitarne i comportamenti e di diventare ancora più ricchi, mentre i figli dei poveri avranno buone chances di vivere in una famiglia sfasciata, avere a loro volta unioni traballanti e impoverirsi ancora di più.
I numeri confermano. Il 92% dei ragazzi le cui famiglie guadagnano oltre 75.000 dollari l'anno vivono con i due genitori. Mentre nelle famiglie con reddito annuale inferiore ai 15.000 dollari solo il 20% dei figli ha questa fortuna. E grazie, viene da dire: è ovvio che le famiglie con due genitori hanno un reddito più alto. Due stipendi sono più di uno. Ma non è solo questo. E' anche che il matrimonio è "a wealth-generating institution", un'istituzione in grado di generare ricchezza. I dati della Rutgers University dicono che chi si sposa e resta sposato sino alla fine dei suoi giorni, in media, al momento della dipartita - e nonostante tutte le spese affrontate per mantenere la famiglia - si trova quattro volte più ricco di coloro che non si sono mai sposati.
Un'unione fissa e "dura" da rompere, infatti, responsabilizza chi ne fa parte. Come notano gli studiosi dell'Urban Institute, «sposarsi aumenta subito e di parecchio le ore di lavoro svolte». Gli uomini sposati tendono a lavorare più duro, a prendere meno droghe e bere meno alcolici. Come risultato, guadagnano tra il 10 e il 40% in più di uomini single dotati del loro stesso curriculum. Il matrimonio è anche un ottimo incentivo a investire il risparmio nel modo più fruttuoso (e l'investimento migliore, nel lungo periodo, è l'educazione dei figli), nonché una formidabile forma di divisione del lavoro: ognuno dei due sposi fa quello che gli riesce meglio e, come insegnava Adam Smith, il risultato è una maggiore ricchezza comune. Il matrimonio, ovviamente, rappresenta anche la migliore assicurazione possibile qualora uno dei due coniugi cada in disgrazia economica.
Il caso inglese, dunque, trova solide (e intuibilissime) analogie sull'altra sponda dell'oceano. Confermando che ogni progetto di costruire una società forte e benestante deve partire dalla famiglia. Proprio il contrario di quello che sta facendo la politica italiana. La quale dovrebbe incentivare la solidità delle famiglie, tutelando quella ricchezza che, con lavoro e sacrifici, riescono a mettere da parte. Invece vede in quella ricchezza soprattutto un bottino sul quale mettere le mani. Come ricorda l'esempio di Gaetano Quagliariello:
Proviamo a immaginare la storia parallela di due giovani amici Giovanni e Antonio i quali - terminati gli studi - prendono percorsi di vita differenti. Giovanni decide di sposarsi; Antonio di vivere da single. I due amici sono abbastanza fortunati e riescono anche a trovare un lavoro che gli procura un buon reddito - 40.000 euro lordi all'anno - con discrete prospettive di crescita. Cosa accade loro dal punto di vista fiscale? Giovanni con moglie a carico che non lavora, perché sta cercando di completare gli studi, paga imposte per 10.830 euro. Antonio, il single, contribuisce invece per 11.520 euro. Morale: la giovane coppia paga solo 690 euro di imposte dirette in meno, pari all'1,7% del proprio reddito, anche se quel reddito serve a sostenere l'esistenza di due persone.
La situazione diviene ancora più iniqua dopo dieci anni. I nostri amici si sono impegnati nel lavoro e hanno raddoppiato il loro reddito annuo lordo, che ammonta ora a 80.000 euro. A Giovanni nel frattempo sono nati due bei bambini e la moglie, Teresa, ha deciso di consacrare alla loro educazione il suo tempo. Antonio, invece, si conferma «scapolone d'oro» e di metter su famiglia non vuole nemmeno sentirne parlare. Cosa fa il fisco? Lo premia. Gli impone tasse per 27.570 euro mentre a Giovanni, con famiglia a carico, richiederà 27.134 euro all'anno. La differenza è pari a 436 euro, l'1,6% del reddito. E in questo caso le bocche da sfamare sono diventate 4!