Prodi e il Pd, eutanasia di una nullità politica
Per capire la reale statura politica di Romano Prodi occorre rileggersi, alla luce degli eventi di oggi, l'intervista da lui rilasciata a Repubblica il 30 maggio. Appena 19 giorni fa.
Oggi, 18 giugno, si è appreso che:
1) Contrariamente a quanto voleva Prodi, il leader del nuovo partito sarà eletto contestualmente all'assemblea costituente del Pd.
2) Contrariamente a quanto voleva Prodi, il leader del Pd e il premier saranno due figure diverse: Prodi, infatti, non potrà candidarsi alla guida del nuovo partito.
3) Contrariamente a quanto voleva Prodi, alla guida del Pd non sarà eletto né un "coordinatore" né un "reggente", tantomeno uno "speaker". Ma un leader vero e proprio. "Un segretario forte", come lo stesso presidente del Consiglio, fingendosi soddisfatto, l'ha definito oggi. Con tutti i rischi di dualismo e scarsa governabilità che questo comporterà (obiezione possibile: tanto, peggio di così il governo non può fare. Obiezione accolta).
4) Contrariamente a quanto voleva Prodi, i suoi ultimatum hanno fatto ridere Ds e Margherita, pronti a scaricarlo senza battere ciglio. Appena questi hanno fatto la voce grossa e gli hanno sbattuto in faccia i sondaggi della sua enorme impopolarità (al comitato dei 45 che si è riunito oggi erano presenti anche due sondaggisti), lui si è messo a cuccia. Ha fatto marcia indietro su tutto. E ora prova a spacciare questa sua ennesima sconfitta come una grande vittoria.
"D'ora in poi cambia la musica. O si fa come dico io, o prendere o lasciare".Notare il profluvio di termini ultimativi: "prendere o lasciare", "assolutamente inaccettabile", "questo è il patto", "se non ho lo spazio me ne vado subito".
Nonostante il suo ultimatum, ora c'è il dissenso di chi vuole anticipare i tempi, ed eleggere insieme alla costituente anche il leader. Lei non è d'accordo?
"Per me l'idea di scindere il leader dal premier è assolutamente inaccettabile. È un modo di riproporre i vizi della vecchia politica. Le due figure, il leader e il candidato premier, devono coincidere: è nella natura stessa del partito democratico, che nasce come partito per il governo e per la governabilità".
Quindi la costituente chi può nominare, se non un leader?
"Nominerà un coordinatore, un reggente. Meglio ancora uno speaker. Il vero leader sarà nominato più in là, e sarà anche il candidato premier. Questo è il patto".
Opta per questa scelta "minimalista" perché teme un pericoloso dualismo. Non è così?
"La mia storia parla per me. Io non faccio battaglie personali. Voglio uno spazio per governare davvero, e poi me ne andrò come ho promesso. Ma se non ho lo spazio per governare, me ne vado subito. A fare il Re Travicello proprio non ci sto".
Oggi, 18 giugno, si è appreso che:
1) Contrariamente a quanto voleva Prodi, il leader del nuovo partito sarà eletto contestualmente all'assemblea costituente del Pd.
2) Contrariamente a quanto voleva Prodi, il leader del Pd e il premier saranno due figure diverse: Prodi, infatti, non potrà candidarsi alla guida del nuovo partito.
3) Contrariamente a quanto voleva Prodi, alla guida del Pd non sarà eletto né un "coordinatore" né un "reggente", tantomeno uno "speaker". Ma un leader vero e proprio. "Un segretario forte", come lo stesso presidente del Consiglio, fingendosi soddisfatto, l'ha definito oggi. Con tutti i rischi di dualismo e scarsa governabilità che questo comporterà (obiezione possibile: tanto, peggio di così il governo non può fare. Obiezione accolta).
4) Contrariamente a quanto voleva Prodi, i suoi ultimatum hanno fatto ridere Ds e Margherita, pronti a scaricarlo senza battere ciglio. Appena questi hanno fatto la voce grossa e gli hanno sbattuto in faccia i sondaggi della sua enorme impopolarità (al comitato dei 45 che si è riunito oggi erano presenti anche due sondaggisti), lui si è messo a cuccia. Ha fatto marcia indietro su tutto. E ora prova a spacciare questa sua ennesima sconfitta come una grande vittoria.