Storia di politica e soldi all'ombra del cupolone

di Fausto Carioti

La politica italiana si gioca su due tavoli. Uno è quello dei "pastoni" dei telegiornali, delle sparate a uso e consumo degli elettori. L'altro tavolo, di cui si sa molto meno, spesso è assai più importante del primo. È il luogo degli affari, di solito cementati dal denaro pubblico, tra gente che non te lo aspetti: accordi del tutto leciti, per carità, ma che quando vengono a galla lasciano in bocca uno strano retrogusto. Questa è una di quelle storie. I suoi protagonisti principali sono due pezzi grossi della "casta": il segretario dell'Udc, Lorenzo Cesa, e il ministro dei Beni culturali, il leader della Margherita Francesco Rutelli. Cioè un leader della maggioranza e uno dell'opposizione.

La storia inizia la scorsa legislatura. Con Arcus, società pubblica creata nel febbraio del 2004 per volontà dell'allora ministro Giuliano Urbani allo scopo di finanziare iniziative nell'arte, nella cultura e nello spettacolo. Arcus è dotata di un capitale iniziale di otto milioni di euro, versato dal ministero dell'Economia, e gli investimenti che realizza sono decisi dal ministro per i Beni Culturali e dal ministro delle Infrastrutture. Il successore di Urbani, Rocco Buttiglione, nel febbraio del 2006 ne nominò presidente Giorgio Basaglia, uomo udc. In seguito al voto che ha sancito la vittoria di misura dell'Unione, al ministero arriva Rutelli che, forte di alcune "anomalie" segnalate dalla Corte dei conti, decide di commissariare l'azienda. A fare il commissario straordinario chiama prima un suo uomo, il quarantenne Guido Improta, e poi, dallo scorso aprile, il fidato Arnaldo Sciarelli, classe 1947, napoletano, socialista e per lungo tempo tesserato diessino. Lui stesso si definisce «un ufficiale di collegamento della sinistra». Attraverso una sua società, la Geras (un'agenzia delle assicurazioni Ras), fino al luglio 2006 Sciarelli era stato anche il primo azionista privato di Europa, il quotidiano della Margherita, della cui editrice è ancora vicepresidente e sul quale scrive implacabili lenzuolate sul futuro del partito democratico.

Arcus è uno dei tanti centri di potere pubblico a cavallo tra denaro dei contribuenti e politica. Spulciando tra i decreti firmati da Rutelli se ne scopre uno, particolarmente interessante, datato 16 marzo 2007 e preparato di concerto con il ministro delle Infrastrutture. È l'elenco di alcuni interventi finanziati da Arcus per l'anno 2006. Tra le tante spese elargite a diocesi, parrocchie, vicariati e santuari, spiccano i \n750.000 euro destinati al provveditorato opere pubbliche di Campania e Molise per il restauro della torre di Montebello. Che poi altro non è che la torre di Montenero di Bisaccia, paese natale di Antonio Di Pietro, ministro delle Infrastrutture, uno degli autori del decreto. La torre attende da anni di essere messa a posto, e forse il ministro molisano, mai come in questo caso uomo giusto al posto giusto, riuscirà a fare il miracolo. Ma l'intervento più ingente - 5 milioni di euro - è destinato a Cinecittà Holding. Anche qui, Rutelli gioca in casa: il ministro ha affidato Cinecittà a Francesco Carducci Artenisio, che da responsabile spettacolo della Margherita è diventato amministratore delegato della holding del cinema. Carducci Artenisio, nato a New York, classe 1963, è gentiluomo di sua santità, ovvero membro della Famiglia pontificia, l'élite degli addetti alla persona del papa.

Normale, quindi, che sia davanti a San Pietro che le sorti finanziarie di Cesa si incontrino con l'attività di Rutelli. Qui c'è la sede dell'auditorium romano di via della Conciliazione. La struttura fa capo all'Apsa, l'amministrazione del patrimonio della sede apostolica, ovvero la "banca centrale" del Vaticano, che l'ha data in gestione a una srl romana chiamata "I Borghi". Le visure camerali dicono che questa società è stata fondata il 25 giugno 2004 proprio da Cesa (che nell'atto costitutivo è definito come "dirigente d'azienda"), dal plenipotenziario rutellian-papalino Francesco Carducci Artenisio, che abbiamo già incontrato a Cinecittà, e da Gian Marco Innocenti, dal 2002 vicepresidente dell'Atac, municipalizzata romana che si occupa di trasporti. Nato nel 1962, Innocenti, anch'egli in quota Margherita, è vicino a Enrico Gasbarra, presidente della Provincia di Roma. Particolare interessante: nell'atto costitutivo la sede sociale della srl è fissata al numero 4 di via della Conciliazione, stesso indirizzo dell'auditorium. I Borghi, insomma, è nata apposta per gestire l'edificio del Vaticano, avendo l'affare già in tasca. Da allora ha assunto anche altri incarichi, ma a tutt'oggi quello di via della Conciliazione resta il business principale della società di Cesa e dei suoi amici.

Resta solo da capire da dove arrivino i soldi che finanziano l'attività di questa curiosa srl bipartisan, visto che il capitale messo in pancia alla società al momento della sua creazione, pari a centomila euro, non consente di volare più in alto di tanto. Ma la risposta, a questo punto, è facile. Una convenzione del 5 febbraio scorso tra Arcus e I Borghi garantisce alla società del segretario dell'Udc un finanziamento di seicentomila euro, con cui Cesa e soci hanno potuto coprire buona parte dei lavori di restauro e manutenzione dell'auditorium, effettuati tra luglio e novembre dello scorso anno e costati, in tutto, 1.058.000 euro. Altri 270.000 euro sono stati garantiti per gli stessi lavori dalla Regione Lazio, guidata dall'ulivista Piero Marrazzo. Una mano l'ha data anche la Provincia, riconoscendo a I Borghi un contributo di 1,5 milioni di euro per il periodo dall'aprile del 2005 al marzo del 2008.

Per qualcuno, simili legami economici con i propri rivali elettorali potrebbero essere motivo di imbarazzo. Non per Cesa, il quale assicura che nelle sue attività imprenditoriali non c'è alcun conflitto d'interesse con i suoi incarichi politici. Il 30 ottobre del 2005, all'indomani della sua elezione a segretario dell'Udc, si è dimesso dalla presidenza della srl, che aveva assunto alla nascita della società, lasciandone la guida all'amico Carducci. «L'ho fatto per correttezza, perché non avrei più potuto assicurare una costante presenza e per senso di responsabilità verso il mio partito», ha spiegato Cesa all'allora direttore del Tempo, Franco Bechis, che aveva iniziato a frugare nelle sue vicende societarie. Abbandonata la carica, il segretario dell'Udc continua comunque a possedere il 17% delle azioni de I Borghi e, a quanto risulta, non ha mai disertato un consiglio d'amministrazione della sua creatura.

© Libero. Pubblicato il 3 giugno 2007.

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