L'imbarazzo di Amato davanti ai due imam di Torino

Sarebbe bello sbagliarsi, ma ormai pare chiaro: Giuliano Amato non farà nulla per rimuovere i due imam salafiti di Torino sorpresi a predicare la violenza dalle telecamere nascoste di Anno Zero. Lui stesso, ieri, parlando alla Camera, ha spiegato la sua ritrosia a ricorrere ai poteri che il ministro dell'Interno ha sin dai tempi della legge Turco-Napolitano. Poteri che gli consentono, «per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato», di «disporre l’espulsione dello straniero anche non residente nel territorio dello Stato».

Tutto quello che Amato intende fare è aspettare le indagini della magistratura. A usare il potere politico di cui dispone, ad esempio facendo visionare e tradurre al Viminale il materiale filmato dalla troupe di Santoro e agire d'urgenza, non ci pensa proprio. Da notare che la procura di Torino al momento ha aperto un fascicolo contro ignoti senza che vi sia indicata alcuna ipotesi di reato (in parole povere: a tutt'oggi non solo non esistono indagati, ma i magistrati ritengono di non avere nemmeno un motivo per indagare qualcuno, e questo Amato lo sa benissimo).

Ricordiamo che:

1) L'imam della moschea di via del Cottolengo è stato filmato mentre sbraitava «Allah uccida tutti i politeisti», assicurava che «gli estremisti», cioè ebrei e cattolici, «saranno distrutti» da Maometto, invocava la distruzione dello Stato d’Israele («Dio dia la vittoria ai suoi schiavi, ai mujaheddin, Allah porti alla vittoria i nostri fratelli in Palestina») e predicava ai fedeli «non vi integrate con gli occidentali», state lontani dagli «infedeli» ebrei e cristiani;

2) Lo stesso Kohaila è stato ripreso clandestinamente mentre invitava a «tenere sottomessa» la donna;

3) Nelle due moschee sono state filmate pubblicazioni come “Il pulpito del jihad”, uno dei giornali di Al Qaeda, in cui si leggono frasi come «non c'è dialogo con gli infedeli, con gli atei nessun compromesso, si uccidono e basta», si loda la capacità dell’organizzazione di Osama Bin Laden «di assorbire i colpi nonostante gli arresti, che non significano niente, perché Al Qaeda è più forte» e il tagliatore di teste Al Zarqawi è indicato ai fedeli come modello da seguire.

Il contenuto di tutte queste immagini è apparso in televisione e/o è stato raccontato sui giornali (qui due articoli del Corriere della Sera).

La richiesta ad Amato di cacciare i due imam, partita da Libero, è stata ripresa da altri organi d'informazione e tradotta in due interrogazioni parlamentari (una della Lega, l'altra dell'Udc). Proprio rispondendo a queste due interrogazioni, Amato ha spiegato la sua linea a Montecitorio. Copio e incollo il testo integrale del dibattito svoltosi in aula sull'argomento, in modo che ognuno possa farsi un'idea senza il "filtro" del sottoscritto o di un qualunque giornalista.

ROBERTO COTA. Signor Presidente, signor ministro, i fatti sono noti e sono stati evidenziati in un servizio della giornalista Maria Grazia Mazzola durante la trasmissione televisiva Anno zero, una trasmissione, possiamo dire, non filoleghista. Tali fatti riguardano due moschee di Torino, nelle quali non si prega, e due imam che predicano odio e violenza e inneggiano al terrorismo. Uno dei predecessori di questi imam è stato espulso, in passato, con un decreto dell'allora ministro Pisanu. Da anni, la Lega Nord Padania denuncia questa situazione in ordine ai sospetti di collegamenti tra le organizzazioni terroristiche e le attività che si svolgono all'interno delle moschee (moschee, si fa per dire!). Da anni, inoltre, la Lega Nord Padania denuncia una situazione particolarmente grave nella città di Torino, nella quale le due moschee in questione insistono in quartieri assolutamente sottratti, signor ministro, al controllo della legalità: sembra di stare in una città araba.

PRESIDENTE. Deputato Cota...

ROBERTO COTA. L'immigrazione islamica è un problema, signor ministro, e al riguardo ci attendiamo da lei parole chiare.

PRESIDENTE. Il ministro dell'interno, Giuliano Amato, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. Signor Presidente, cercherò di essere molto sintetico e schematico perché i quesiti contenuti nell'interrogazione sono numerosi.
Innanzitutto, è in corso un'indagine preliminare della procura della Repubblica di Torino alla quale la Digos collabora. Quindi, sussiste un segreto investigativo che, anche in questa Assemblea, dobbiamo rispettare. In secondo luogo, in quella trasmissione televisiva è stato diffuso un documento filmato parziale, rispetto all'insieme, e non era chiaro se video e audio corrispondessero tra loro. La Digos torinese ha prodotto una prima trascrizione e traduzione della registrazione filmata integrale e la procura della Repubblica ha conferito una consulenza per la traduzione di tutte le frasi pronunciate, anche collocandole nella sequenza in cui sono state pronunciate. Inoltre, è al vaglio della procura la documentazione in arabo mostrata nel filmato. Tutto ciò che al momento posso dire è che, presumibilmente, si tratta di materiale scaricato da siti Internet jihadisti, almeno in buona parte.
Noi conosciamo gli antecedenti di questa situazione e le posso assicurare, onorevole Cota, che valuteremo la situazione in base alle risultanze di ciò che il giudice riterrà o non riterrà di fare. In altri termini, se non perseguirà per reati, valuteremo con il massimo scrupolo se vi siano i presupposti per l'applicazione di provvedimenti che in più casi già sono stati adottati. Se c'è una cosa che non si può dire è che non siano stati applicati provvedimenti di espulsione per motivi di ordine e di sicurezza pubblica nei confronti di soggetti presenti, a diverso titolo, nelle moschee di Torino, Como, Varese, Reggio Emilia, Trino Vercellese e Carmagnola. Se necessario, sarà fatto anche in questa occasione; se non necessario, non saranno adottati provvedimenti, perché sarebbe un errore grave ritenere che qualunque moschea sia luogo di predicazione jihadista; questo non è vero.
Un problema delicato che è stato sollevato e sul quale riflettiamo da molto tempo è quello della registrazione e della formazione delle persone che nel nostro paese assolvono alla funzione di imam.

PRESIDENTE. Signor ministro....

GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. Questo è un problema di particolare importanza, sul quale si deve intervenire.
Anche se violerò il regolamento del question time, visto che ho esaurito i tre minuti di tempo a mia disposizione, mi permetterò di intrattenermi su questo punto quando risponderò all'interrogazione dell'onorevole Volontè.

PRESIDENTE. Il ministro dell'interno non può violare le regole...
Ha facoltà di replicare il ministro... Cota, per due minuti...

ROBERTO COTA. La ringrazio per la «promozione», signor Presidente...
Il ministro dell'interno non può violare le regole, ma gli imam le possono violare, evidentemente. Infatti, le hanno violate e non c'è stata quella presa di posizione chiara che noi abbiamo auspicato. Perché? Perché lei non può fare riferimento, signor ministro, all'inchiesta della magistratura.
Già precedentemente, con riferimento alla posizione dell'imam Bouchta, abbiamo potuto verificare come il ministro dell'interno sia dovuto intervenire proprio perché l'inchiesta della magistratura non ha portato a quei risultati che invece erano necessari per la sicurezza: cioè l'espulsione immediata. Noi oggi avremmo voluto sentire da lei, signor ministro, un impegno sull'espulsione di questi due imam, sulla chiusura delle due moschee in questione e su un'indagine approfondita da svolgere in diverse moschee che sono oggetto di sospetti.
Invece non è stato mandato un segnale chiaro, così come segnali non chiari, ma anzi negativi, questo Governo ha mandato sull'indulto e come segnali negativi sta mandando sul superamento della cosiddetta legge Bossi-Fini: segnali negativi volti a dare spazio all'immigrazione libera! E segnali sbagliati questo Governo li sta dando anche proponendo di allargare indiscriminatamente la cittadinanza a tutti! Ecco, signor ministro, noi le diciamo questo: non vogliamo ancora una volta (Commenti del ministro Amato)... Sì, la prenda così: lei fa il filosofo!

GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. Io non faccio il filosofo!

ROBERTO COTA. Lei fa il filosofo, però ha davanti una situazione che non sta gestendo (Commenti del ministro Amato)! Obiettivamente, lei non è in grado di gestire questa situazione!
Allora noi le diciamo, signor ministro, che non vogliamo trovarci domani ancora nella stessa situazione di oggi, perché in tal caso le diremmo che noi glielo avevamo detto (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. Il deputato Volontè ha facoltà di illustrare, per un minuto, la sua interrogazione n. 3-00805.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, per non ripetere ciò che è già stato accennato, anche noi chiediamo al ministro Amato, che ha la capacità di agire nella complessità del proprio ruolo, di spiegarci come mai non siamo ancora arrivati al provvedimento di espulsione nei confronti di questi due imam. Il problema, più che riguardare i luoghi di culto, riguarda le persone, in questo caso questi due imam, che hanno incitato i fedeli dell'Islam o di un certo tipo di Islam a trattare le donne come animali senz'anima e ad usare violenza nei confronti degli appartenenti a tutte le altre religioni monoteiste, in qualche modo confermando un atteggiamento di cui tutto quel filmato, ma non solo, ci ha reso purtroppo tragicamente consapevoli nel nostro paese, dall'omicidio di Hina avvenuto l'estate scorsa ad oggi.
Il provvedimento Turco-Napolitano e il decreto Pisanu consentono a lei, signor ministro, di espellere questi imam.

PRESIDENTE. Il ministro dell'interno, Giuliano Amato, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. Mi scuso, Presidente, se prima ho in parte interrotto il collega che parlava, ma quando ho sentito dire che si vuole concedere la cittadinanza indiscriminatamente a tutti, mi è parso inappropriato che una frase così lontana dalla verità potesse essere pronunciata senza provocare reazioni!
Su questo tema ha ragione l'onorevole Volontè, come ha ragione il collega che prima parlava: se ci sono i presupposti per l'espulsione, è mio dovere - al quale non mi sottraggo - e mia responsabilità espellere e questi presupposti non coincidono con i presupposti per l'azione penale e la condanna penale, questo lo so bene. Ma tra l'espellere una persona sulla base di una trasmissione vista la sera della domenica - l'espulsione la si fa il lunedì mattina - e l'attendere le risultanze di un'indagine penale, ci sarà pure una via di mezzo, che implica l'accertamento diretto da parte del dipartimento di pubblica sicurezza delle circostanze che possono legittimare l'espulsione.
Non è possibile, colleghi deputati - siamo tutti membri del Parlamento della Repubblica, dell'organo più alto dello Stato -, ritenere che ad un provvedimento di espulsione si debba giungere sulla base dell'aver visto una trasmissione televisiva!
Io accredito i mass media del massimo di potenza possibile, ma non fino al punto di sostituire la forza delle regole giuridiche; e quindi, pur consapevole che i presupposti dell'espulsione non siano quelli della condanna penale, ritengo mio dovere avere degli accertamenti adeguati da parte degli organi di polizia.
Se il collega Volontè me lo consente, anche se non me lo ha chiesto espressamente, vorrei riprendere il tema del «chi viene in Italia».
Noi ci troviamo questo problema perché abbiamo a che fare con quello che, secondo le religioni a cui siamo più abituati, è il ministro di culto, una persona di cui ignoriamo le regole di formazione, la provenienza e tutto il resto. È un problema che preoccupa diversi paesi europei; ho avuto modo di parlarne con i miei colleghi francesi e tedesco che hanno la stessa problematica: devo sollecitare il Parlamento a porsi il problema perché posso anche costruire un elenco di pura Polizia degli imam ...

PRESIDENTE. La prego, deve concludere!

GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. ..., visto che siamo a conoscenza di quelle cose, ma non è normativamente forte. La forza può venire qui in due modi, colleghi: o stipulando un'intesa con la confessione religiosa - e però sappiamo quali difficoltà vi siano a fare questo con il frammentato mondo islamico - oppure attraverso il disegno di legge sulla libertà religiosa in cui vi è l'articolo 9, su cui è fermo da tempo il Parlamento...

PRESIDENTE. La prego, ministro!

GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. ..., che ci può permettere di sottoporre ad una verifica da parte del ministro dell'interno i ministri di culto di qualunque religione. Mi auguro che la I Commissione proceda su quella strada.

PRESIDENTE. Il deputato Volontè ha facoltà di replicare.

LUCA VOLONTÈ. Presidente, onorevole ministro, non siamo certo noi coloro che si fanno suggestionare da alcuni commentatori televisivi: con saggezza usiamo la nostra responsabilità e quindi non è di questo che stiamo parlando.
Tra il 29 marzo e l'11 aprile corrono tredici giorni: comprendo che vi sia bisogno ancora di qualche giorno per le indagini e per verificare attraverso di esse i presupposti per l'espulsione, ma immagino e confido che non occorrano altre tre, quattro o cinque settimane; altrimenti vorrebbe dire che vi è una coincidenza tra le indagini che verificano il presupposto che consente al ministro degli interni di agire attraverso il decreto di espulsione e ciò che invece la magistratura sta indagando, e quindi una lentezza del procedimento penale: vi deve essere un delta di tempo fra i due momenti!
Tenga conto, signor ministro, che tale preoccupazione non viene solo dagli ambienti di Anno zero - trasmissione che io vedo il meno possibile -, ma anche dal fatto che qualche giorno fa si è svolto l'Islamic relief in tre città italiane, in cui si è anche inneggiato alla guerra santa; viene a seguito non sono del caso Hina, come le ho ricordato, ma anche di ciò di cui lei si è occupato anche nella Consulta islamica, il cosiddetto caso UCOI - il manifesto contro la Scioah, l'indagine e l'inchiesta nei confronti di due di quegli esponenti, l'apice di quella organizzazione a Roma - proprio per aver offeso il sentimento della verità, prima ancora che della religione ebraica.
È quindi una preoccupazione reale, che lei conosce bene, in virtù della quale la invitiamo a usare, certo, la «carota», la prudenza, la tolleranza, l'intelligenza di cui è portatore, ma talvolta anche il bastone. È utile, infatti, qualora - come lei ha detto - vi siano i presupposti, farli «agire» quei presupposti: di fronte a tale contesto serve un gesto, se ve ne sono le condizioni, forte e chiaro per l'opinione pubblica.
Post scriptum. Per saperne di più sul salafismo: L'Islam Salafita e la piovra del terrorismo islamico, di Samir Khalil Samir.

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