Come deresponsabilizzare una generazione
Un incentivo (l'ennesimo) al piagnisteo generazionale è appena arrivato dall'Istat. Il cui direttore centrale ha spiegato che i giovani italiani (giovani si fa per dire: si parla di gente più vicina ai 35 anni che ai 25) sono costretti a vivere con i genitori perché sono lavoratori precari e non hanno la disponibilità economica per andare a vivere da soli. Detta altrimenti: se a 34 anni vivo ancora con la mamma la colpa non è mia, ma del pacchetto Treu e della legge Biagi, insomma del mercato del lavoro, insomma della società.
Un ottimo modo per rimuovere dalla coscienza di una generazione quel poco di responsabilità che le resta. E basta leggere il raffronto tra un paio di dati italiani ed europei (all'Istat dovrebbero averne una discreta collezione) per rendersi conto che si tratta di una scusa infondata.
Primo dato: il tasso di precarietà del lavoratore italiano è del tutto in linea con quello europeo. Anzi, negli altri Paesi della Ue, in media, esso è un po' alto. Come ha riferito lo stesso presidente dell'Istat, Luigi Biggeri, parlando davanti alla commissione Lavoro di Montecitorio lo scorso novembre, mentre in Italia la percentuale di lavoratori "precari", cioè con contratto a termine, è il 13% del totale dei lavoratori dipendenti,
Un ottimo modo per rimuovere dalla coscienza di una generazione quel poco di responsabilità che le resta. E basta leggere il raffronto tra un paio di dati italiani ed europei (all'Istat dovrebbero averne una discreta collezione) per rendersi conto che si tratta di una scusa infondata.
Primo dato: il tasso di precarietà del lavoratore italiano è del tutto in linea con quello europeo. Anzi, negli altri Paesi della Ue, in media, esso è un po' alto. Come ha riferito lo stesso presidente dell'Istat, Luigi Biggeri, parlando davanti alla commissione Lavoro di Montecitorio lo scorso novembre, mentre in Italia la percentuale di lavoratori "precari", cioè con contratto a termine, è il 13% del totale dei lavoratori dipendenti,
nell’Europa a 25 l’incidenza dei contratti a tempo determinato è pari nel secondo trimestre del 2006 al 14,9% dell’occupazione dipendente, (...) con situazioni molto differenziate tra i Paesi. Si va infatti dal 34,4% della Spagna al 13-14% di Francia, Germania e Italia. L’Italia presenta quindi incidenze del lavoro a termine leggermente più basse, anche se non molto diverse, dalla media europea, e ciò è vero sia per i giovani sia per gli adulti.Secondo dato: il tasso di indipendenza dei giovani italiani dalle loro famiglie è di gran lunga il più basso d'Europa. Un volume dello stesso istituto di statistica ci ricorda come
in Francia, Inghilterra, e in larga parte dei paesi occidentali, all’età di 25 anni la maggioranza dei giovani ha già lasciato la casa dei genitori. Viceversa, in Italia, nella classe d’età 25-29 la grande maggioranza dei giovani in Italia coabita ancora con mamma e papà. Nella fascia 30-34 anni vive ancora con i genitori circa il 40% degli uomini e circa il 20% delle donne.La spiegazione del «mammoni perché precari», dunque, non regge. I "giovani" italiani hanno un tasso di precariato inferiore alla media europea e a quello che si riscontra in grandi Paesi europei come Francia, Germania e Spagna (l'Inghilterra è un'eccezione). Eppure tendono a lasciare la casa dei genitori assai più tardi dei loro coetanei europei. E' evidente che la spiegazione va cercata altrove. Ed è difficile trovare alibi a una generazione di italiani (che poi è anche quella del sottoscritto, il quale parla di "generazione" solo per comodità di linguaggio, non credendo affatto all'esistenza di una simile cosa) che per spirito d'iniziativa e ricerca dell'indipendenza economica si colloca in fondo alle classifiche europee.