Il secondo tragico Prodi
Se con le sue uscite sulla stampa internazionale Silvio Berlusconi appariva spesso come una macchietta (complice anche un giornalismo tutt'altro che benevolo nei suoi confronti), per l'intervista odierna di Romano Prodi su Die Zeit, ripresa in parallelo da Repubblica, si può dire solo è che è stato l'esordio più disastroso che si ricordi da parte di un presidente del consiglio sulla stampa internazionale.
Prodi è riuscito in un colpo solo a far incavolare avversari e alleati. Ha cavalcato gli stereotipi più beceri dei girotondini, inventandosi che «questo paese è stato in passato schiavizzato. Il precedente premier poteva fare e disfare a suo piacimento». Ha di nuovo definito gli elettori di centrodestra una massa di ignoranti («circa il 70 per cento dei laureati hanno votato per me») lobotomizzati dal televisore («meno ore le persone trascorrono davanti alla TV più sono propense a votare centrosinistra. E' la legge matematica della postdemocrazia») nonché, ovviamente, evasori fiscali (gente per cui «non c'è nulla di male a frodare il fisco, non c'è nulla di male a parcheggiare in seconda fila»). Così facendo, il premier che dichiara di voler unire il Paese è riuscito a insultare metà dell'elettorato italiano e a far incavolare il centrodestra.
Quel che è peggio (per lui) nella stessa intervista è riuscito a far imbestialire gli alleati di governo, senza i quali non sopravviverebbe manco un giorno, definendo «folklore» Rifondazione Comunista e Comunisti italiani.
Più che un'intervista, dunque, una gaffe continua. Per di più commessa sulla stampa internazionale, dove ogni politico si sforza di dare il meglio di sé e di fare la figura del grande statista. Una gaffe alla quale l'ufficio stampa di palazzo Chigi nella serata del 7 giugno ha cercato di mettere una pezza dicendo che, insomma, Die Zeit si era sbagliato (vi ricorda qualcosa?) e riscrivendo le due frasi più controverse dell'intervista: Silvio Berlusconi «ha trasformato e non schiavizzato l'Italia», mentre il passaggio sui "folkloristici" alleati andrebbe riscritto così: «Anche da noi ci sono componenti radicali come Rifondazione Comunista e i Comunisti italiani, ma se paragonate al vostro Lafontaine sono moderate».
I primi a non farsi abbindolare sono gli stessi alleati di Prodi, già scottati dalla trombatura della senatrice pacifista Lidia Brisca Menapace, che si è vista sfilare la presidenza della commissione Difesa dall'"alleato" Sergio De Gregorio (Idv) nel silenzio imbarazzato di Prodi, il quale preferisce perdere la faccia piuttosto che un senatore. Marco Rizzo, europarlamentare dei Comunisti italiani, chiede «una diretta smentita di Prodi» all'intervista e avverte che «il senso di lealtà alla coalizione non può essere in nessun modo ridicolizzato, tanto più che sui temi della pace e del lavoro la nostra pazienza viene messa costantemente a dura prova». Intanto il direttore di Die Zeit conferma, punto per punto, la trascrizione dell'intera intervista.
Prodi è riuscito in un colpo solo a far incavolare avversari e alleati. Ha cavalcato gli stereotipi più beceri dei girotondini, inventandosi che «questo paese è stato in passato schiavizzato. Il precedente premier poteva fare e disfare a suo piacimento». Ha di nuovo definito gli elettori di centrodestra una massa di ignoranti («circa il 70 per cento dei laureati hanno votato per me») lobotomizzati dal televisore («meno ore le persone trascorrono davanti alla TV più sono propense a votare centrosinistra. E' la legge matematica della postdemocrazia») nonché, ovviamente, evasori fiscali (gente per cui «non c'è nulla di male a frodare il fisco, non c'è nulla di male a parcheggiare in seconda fila»). Così facendo, il premier che dichiara di voler unire il Paese è riuscito a insultare metà dell'elettorato italiano e a far incavolare il centrodestra.
Quel che è peggio (per lui) nella stessa intervista è riuscito a far imbestialire gli alleati di governo, senza i quali non sopravviverebbe manco un giorno, definendo «folklore» Rifondazione Comunista e Comunisti italiani.
Più che un'intervista, dunque, una gaffe continua. Per di più commessa sulla stampa internazionale, dove ogni politico si sforza di dare il meglio di sé e di fare la figura del grande statista. Una gaffe alla quale l'ufficio stampa di palazzo Chigi nella serata del 7 giugno ha cercato di mettere una pezza dicendo che, insomma, Die Zeit si era sbagliato (vi ricorda qualcosa?) e riscrivendo le due frasi più controverse dell'intervista: Silvio Berlusconi «ha trasformato e non schiavizzato l'Italia», mentre il passaggio sui "folkloristici" alleati andrebbe riscritto così: «Anche da noi ci sono componenti radicali come Rifondazione Comunista e i Comunisti italiani, ma se paragonate al vostro Lafontaine sono moderate».
I primi a non farsi abbindolare sono gli stessi alleati di Prodi, già scottati dalla trombatura della senatrice pacifista Lidia Brisca Menapace, che si è vista sfilare la presidenza della commissione Difesa dall'"alleato" Sergio De Gregorio (Idv) nel silenzio imbarazzato di Prodi, il quale preferisce perdere la faccia piuttosto che un senatore. Marco Rizzo, europarlamentare dei Comunisti italiani, chiede «una diretta smentita di Prodi» all'intervista e avverte che «il senso di lealtà alla coalizione non può essere in nessun modo ridicolizzato, tanto più che sui temi della pace e del lavoro la nostra pazienza viene messa costantemente a dura prova». Intanto il direttore di Die Zeit conferma, punto per punto, la trascrizione dell'intera intervista.