Blue freedom, red scum

George W. Bush (quello cattivo) ha appena assegnato la Presidential Medal of Freedom, una delle principali onorificienze degli Stati Uniti, a Oscar Elias Biscet, prigioniero politico di Fidel Castro Ruz (quello buono). Biscet (ne ho scritto qui) è il simbolo della dissidenza cubana. Nel 2003 è stato arrestato assieme ad altri oppositori (oppositori pacifici, ma Castro non è tipo da formalizzarsi davanti a certi dettagli) e condannato a 25 anni di prigione.

Carlos Alberto Montaner, leader intellettuale della dissidenza cubana in esilio, nel suo commento spiega perché il gesto della Casa Bianca è importante. Ricorda che «uno dei motivi per cui Biscet fu imprigionato è che ha denunciato l'elevato numero di aborti fatti sull'isola. In Cuba avvengono più aborti che parti. Biscet è un medico, un cristiano, un giovane (è nato nel 1961) e un mulatto. E' qualcosa di simile a un apostolo gentile. E' il vero Uomo Nuovo, nato dalla rivoluzione: una persona che ha capito gli orrori della dittatura comunista. Sua moglie, Elsa Morejón, anche lei, a suo modo, una figura eroica, è il suo braccio destro. La macchina non è riuscita a piegarli. Non so se Biscet riceverà mai la medaglia. Le prigioni politiche a Cuba sono orrende. Forse morirà prima che la libertà lo raggiunga».

Per spiegare meglio gli orrori delle prigioni cubane, Montaner racconta quello che è stato fatto in carcere a Héctor Palacios Ruiz, un tempo sgherro del regime castrista, fin quando non è venuto da vomitare anche lui e ha deciso di battersi (senza armi, stavolta) per la democrazia.
Cosa gli hanno fatto in prigione? Héctor Palacios è alto 6 piedi e 3 pollici (circa 1,91 metri, ndAcm), un uomo corpulento. Per due anni è stato chiuso in una scatola di metallo e cemento, alta 5 piedi e 4 pollici, lunga 5 piedi e 10 pollici e larga 4 piedi (163 x 178 x 122 centimetri). La cella, una sorta di catafalco a forma di igloo, costruita dai russi negli anni Sessanta, è collocata nel cortile di una prigione conosciuta come Kilo 5.5, nella provincia di Pinar del Río. Non ha finestre e il sole cubano la trasforma in un forno. Héctor viveva accucciato e in semioscurità. Ha perso 40 chili. Respirava attraverso la fessura della porta. I suoi compagni erano i topi e i gli scarafaggi che sbucavano dal buco in cui defecava. Alla fine, diventò indifferente a questi animali. A dirla tutta, diventò indifferente alla vita è più di una volta pensò di essere sul punto di morire.

Una volta al giorno, per pochi minuti, i suoi carcerieri gli passavano il tubo dell'acqua, in modo che potesse bere e far scorrere l'acqua nel buco degli escrementi. Héctor riuscì a resistere mentalmente, perché è uno psicologo ed era attrezzato ad affrontare un simile calvario. Da un punto di vista fisico, comunque, il suo organismo crollò; l'immobilità, la sete e il cibo pessimo distrussero il suo sistema circolatorio. Quando lasciò quell'inferno, soffriva di insufficienza cardiaca e le vene delle sue gambe indebolite a fatica riuscivano a pompare sangue. Tutte le valvole della sua circolazione sanguigna erano danneggiate.
Niente di nuovo. Almeno per chi legge questo blog.

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