Caso Petroni: ecco la sentenza che umilia Padoa Schioppa

Tribunale amministrativo regionale del Lazio, provvedimento 200711271. E' la sentenza, emessa oggi, che accusa il ministro dell'Economia Tommaso Padoa Schioppa di aver fatto «una operazione di chiaro stampo politico ma indebitamente realizzata con strumenti legali finalizzati a ben altri scopi» e decreta «l’annullamento della direttiva ministeriale, con contestuale caducazione della revoca dell’incarico al Prof. Petroni e della nomina del dott. Fabiano Fabiani quale nuovo consigliere R.A.I.». In parole povere, Petroni torna consigliere Rai e Fabiani se ne va a casa. Per Padoa Schioppa la sconfitta non poteva essere più netta.

Di seguito, pubblico la parte più interessante della sentenza. Quella in cui il collegio del Tar impicca Padoa Schioppa, ministro pasticcione, alle sue stesse parole, pronunciate davanti alla commissione parlamentare di vigilanza sulla Rai. Ho evidenziato in bold le frasi più importanti.
«E’ invece fondata, perché adeguatamente documentata, la censura di carenza dei presupposti e di sviamento di potere dedotta dal ricorrente sul rilievo che lo stato di stallo, in cui versava il Consiglio di amministrazione della R.A.I. all’epoca dell’adozione della prima direttiva, costituisce un pretesto addotto dal Ministro per capovolgere l’attuale rapporto fra maggioranza e minoranza all’interno dell’ organo collegiale ed assicurare la maggioranza alla componente che, pur essendo minoritaria, è rappresentativa delle forze politiche che sostengono l’attuale compagine governativa.

La riprova inoppugnabile della fondatezza della tesi attorea è nel resoconto stenografico della seduta del 16 maggio 2007 dinanzi alla Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi.

Qualche esempio renderà di immediata evidenza la correttezza di tale conclusione.

Nel corso dell’audizione il Ministro dell’economia ha affermato (pag. 9) che una complessiva analisi degli accadimenti verificatisi in seno al Consiglio di amministrazione della R.A.I., “porta a concludere che la responsabilità di questa situazione di grave criticità creatasi non è ascrivibile ad un singolo consigliere, piuttosto all’intero organo gestionale della società per azioni. Se la R.A.I. fosse stata soggetta al semplice regime civilistico proprio della società per azioni avrei assunto le mie decisioni nei confronti dell’intero Consiglio. Avuti presenti i vincoli derivanti dalla norma speciale di riferimento e dallo Statuto della R.A.I. ho potuto ed ho inteso attivare l’unica iniziativa che rientrasse nelle mie esclusive prerogative per cercare di ristabilire un corretto funzionamento dell’organo collegiale”.

Ad una domanda rivoltagli da un componente della Commissione il Ministro ha risposto (pag. 13) “a mio giudizio la disfunzione è dell’intero consiglio di amministrazione. Lo ripeto: dell’intero consiglio di amministrazione…. So perfettamente che, in una società per azioni, l’azionista non dà ordini al consigliere: lo nomina, e questo opera in indipendenza, per il bene dell’azienda. Io non ho mai chiesto al Professor Petroni di comportarsi in un particolare modo. Il motivo per cui in questo caso ho agito non ha a che vedere con i contenuti del suo modo di votare o non votare nelle sedute del Consiglio”.

Ancora, all’invito del Presidente della Commissione perché rispondesse alla domanda di altro commissario se, dunque, “uno paga per tutti, laddove un consiglio intero non funziona”, il Ministro risponde “non avevo mezzi utili per operare sugli altri membri del consiglio” (pag. 19).

Ma, anche a prescindere dalla circostanza, che pure assume un rilievo non trascurabile nella complessiva valutazione del modus operandi del Ministro, che non risulta che questi abbia fatto alcuna verifica in ordine alla possibilità di risolvere in altro modo il problema insorto all’interno del Consiglio di amministrazione, ritiene il Collegio contraddittorio che il Ministro da un lato riconosca espressamente che la disfunzione del Consiglio di amministrazione della R.A.I. è da imputare all’intero organo collegiale e non al solo prof. Petroni e dichiari di non aver mai chiesto a quest’ultimo di adottare iniziative che questi si sarebbe rifiutato di condividere e al tempo stesso, e ciò nonostante, ritenga di poter legittimamente risolvere le problematiche della concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo revocando il mandato allo stesso Consigliere Petroni.

Aggiungasi che sembra per lo meno difficile ipotizzare di poter risanare la situazione della R.A.I. sostituendo un solo consigliere - al quale, si ripete, nulla è mai stato imputato (e che, anzi, lo stesso Ministro dice di conoscere da anni, di stimare in quanto persona di qualità: pag. 13) - con altro scelto dal Ministro ma con il quale egli afferma di non voler istituire un’interlocuzione continua, così come non aveva fatto con il prof. Petroni, limitandosi “a suggerirgli l’indicazione di operare con coscienza e competenza come membro di un collegio, affinché l’azienda funzioni”.

In altri termini, ritiene il Collegio difficile ipotizzare un cambiamento nel funzionamento del Consiglio di amministrazione della R.A.I. sostituendo il prof. Petroni – il quale, come si è detto, è considerato dal Ministro un serio e preparato professionista, che non ha mai “disobbedito” a sue richieste perché mai alcuna richiesta gli è stata rivolta – con altro professionista, bravo e preparato, al quale egualmente alcuna istruzione verrà impartita.

Il mutamento potrà verificarsi solo se dalla sostituzione deriverà un mutamento delle forze all’interno dell’organo collegiale, cioè riducendo l’attuale maggioranza a minoranza, con una operazione di chiaro stampo politico ma indebitamente realizzata con strumenti legali finalizzati a ben altri scopi ed utilizzati nella sussistenza di ben definiti presupposti e nel rispetto di prestabilite garanzie».
L'intera sentenza è consultabile qui.

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