Lo scettro dell'anti-politica passa di mano

di Fausto Carioti

Il mondo alla rovescia. Silvio Berlusconi era abituato ad apparire davanti alla platea di Confindustria con indosso i panni nei quali si muove meglio: quelli dell’antipolitico, dell’uomo del fare insofferente dei bizantinismi. A Vicenza, in una performance diventata oggetto di culto sul web, fece vendemmia di applausi e consensi spronando gli imprenditori: «Veniamo un po’ meno in Confindustria, rimaniamo in azienda a lavorare». Notare la prima persona plurale: perché lui è come loro (nel senso che lui è migliore, e visti i fatturati è difficile dargli torto), uno che conosce i mercati e i clienti, e che se solo potesse far marciare il governo e la maggioranza come i suoi consigli d’amministrazione avremmo tutti il reddito pro-capite del Lussemburgo. Un’altra epoca. Ieri, nell’assemblea annuale di Confindustria, Berlusconi si è trovato nel ruolo opposto, trasformato nella sua nemesi storica: il politico di professione, che non riesce a fare ciò che vorrebbe per colpa della congiuntura, della speculazione finanziaria, dei cavilli parlamentari. Quasi costretto a giustificarsi davanti agli imprenditori per non aver potuto lanciare alcuna riforma per lo sviluppo, cioè per non essere ancora riuscito a tagliare le tasse. Lo scettro dell’antipolitica, poco prima, gliel’aveva rubato Emma Marcegaglia. Assieme agli applausi degli imprenditori.

La presidente di Confindustria si è presentata determinatissima a prendere le distanze dal governo. Nei limiti del possibile, s’intende, perché poi la manovra varata dall’esecutivo agli imprenditori va benissimo, e per capirlo basta sfogliare il Sole-24 Ore, il quotidiano della casa. Però quello che altri giornali hanno scritto sulla Marcegaglia ha lasciato il segno, soprattutto su di lei. L’accusa di «collateralismo», di eccessiva contiguità col governo, le piove addosso da molte parti, anche da personaggi che a viale dell’Astronomia sono di casa. Uno di questi è Massimo Calearo, ex presidente di Federmeccanica, entrato in politica con Walter Veltroni e poi passato nell’Api di Francesco Rutelli. Pochi giorni fa Calearo l’ha attaccata con un’intervista in cui sostiene che l’associazione di viale dell’Astronomia «è inginocchiata davanti al governo» e che «sono molti, in questo momento, a lamentarsi della poca indipendenza di Confindustria». Per di più, l’intervista era apparsa sul Mondo, settimanale del gruppo Rcs, i cui azionisti in Confindustria non sono proprio degli outsider. Stesso discorso, una settimana prima, sull’Espresso, in un articolo al curaro: «Fin dalla sua nomina Emma Marcegaglia ha deciso di puntare tutto su Silvio Berlusconi». Risultato: «Non ha incassato niente dal governo. E ora tra gli imprenditori tira aria di rivolta».

Esagerazioni maligne, per carità. Ma simili attacchi sono campanelli d’allarme, non si può fare finta di niente. «Emma», racconta a Libero una fonte confindustriale, «in questi giorni si è sentita sotto assedio. Così ha dovuto essere fredda nei confronti di Berlusconi, prendere le distanze dal governo». Già mercoledì, durante l’assemblea privata che l’ha confermata in carica per la seconda metà del mandato, la figlia di Steno Marcegaglia aveva assicurato che non è più tempo di pappa e ciccia con il Cavaliere. «In questi giorni sono stata oggetto di attacchi ingiuriosi, costruiti su notizie false, prive di chiara provenienza», aveva detto all’assise degli imprenditori. Promettendo: «Fino all’ultimo giorno io sarò con voi per l’indipendenza della nostra istituzione e per la sua difesa». In parole povere, un impegno a distanziarsi dal governo, assai apprezzato dall’“ala sinistra” di Confindustria, quella dell’ex presidente Luigi Abete. Il quale, in cambio, ha chiesto agli associati di sollevare critiche «in maniera trasparente, dentro agli organismi dell’associazione piuttosto che sulle pagine dei giornali». Un patto di non belligeranza, insomma, o qualcosa che gli assomiglia molto.

Il risultato, ieri nell’auditorium del Parco della Musica, è stato un discorso che non avrebbe stonato sulla bocca di Beppe Grillo. Il numero uno degli imprenditori ha attaccato la politica sprecona «che in Italia dà occupazione a troppa gente ed è l’unico settore che non conosce crisi né cassa integrazione». La manovra di Berlusconi, in questa direzione, ha fatto poco: «Sacrosanta, ma è solo l’inizio». La Marcegaglia ha anche messo in guarda dal federalismo, che è come dire il patto che unisce Umberto Bossi al premier: «O il federalismo riduce sprechi e inefficienze, o non ci interessa». E ha invocato le forbici su buste paga e costi della politica: «È arrivato il momento nel quale i politici italiani, dal parlamento giù giù sino all’ultima comunità montana, taglino i propri stipendi e le dotazioni per le loro segreterie e collaboratori».

Manco a dirlo, sono stati proprio questi passaggi “anti-casta” quelli in cui «Emma» ha ottenuto il maggior numero di applausi dalla platea in grisaglia. La quale, certo, non è stata ostile al Cavaliere. Ma il feeling tra lui e i suoi “colleghi del fare” ha visto giorni migliori.

© Libero. Pubblicato il 28 maggio 2010.

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