La solitudine di Tremonti
Fausto Carioti
È nel momento in cui sembra essere diventato l’uomo più potente d’Italia che si scopre quanto è fragile Giulio Tremonti. Il titolare dell’Economia ha scritto la manovra da 25 miliardi passando con i propri cingoli sui piedi degli altri ministri. È la superstar del governo: il Corriere della Sera gli ha appena riservato una di quelle interviste molto lunghe, profonde e assai poco leggibili che di solito sono privilegio delle grandi “riserve della Repubblica”. Le trasmissioni di sinistra fanno a gara per invitarlo. Ultimo caso, il Ballarò di martedì, dove dai curiosi sondaggi di Nando Pagnoncelli è emerso che gli italiani in maggioranza (51%) bocciano la manovra, ma allo stesso tempo assegnano a Tremonti, autore dell’odioso provvedimento, un gradimento del 55%, unico caso di consenso crescente nel centrodestra. Luciana Littizzetto, intanto, lo ha eletto volto presentabile del centrodestra italiano.
Un tripudio. Eppure, mai come adesso, Tremonti è stato inviso alla maggioranza e ai colleghi di governo. Un po’, ovviamente, è colpa proprio dei risultati ottenuti, che suscitano invidie. Lui, però, ci aggiunge del suo, mettendo dietro al suo ego crescente il resto del governo e della coalizione. Berlusconi incluso. A Ballarò, per dire, il ministro ha gongolato dinanzi a quel sondaggio che lo premiava, ma si è guardato bene dal difendere il presidente del Consiglio e l’esecutivo. E questa è stata una delle molle che hanno spinto l’imbufalito Berlusconi ad intervenire in diretta, facendo fare a Tremonti la figura di quello che, lasciato da solo, non sa - o non vuole - battersi per gli amici.
Pure lui si è reso conto di aver sbagliato qualcosa, al punto da ammettere che era stato un errore voler cancellare i finanziamenti a 231 enti culturali senza discuterne con nessuno. Tant’è che, alla fine, i tagli sono stati ridotti e - ciò che più conta - sarà il ministero di Sandro Bondi a decidere su quali enti incidere. Ma è così con tutti. L’altro giorno è sbottato Ignazio La Russa, ministro della Difesa: «I geni della finanza e dell’economia ci lascino carta bianca, noi sappiamo cosa fare meglio di loro». Altri coltivano il rancore in silenzio, sentendosi scavalcati non solo da Tremonti, ma anche dai suoi collaboratori: «Giulio lascia troppo potere ai tecnici del Tesoro. In certi casi addirittura li aizza. E loro se ne approfittano per compiere piccole e grandi vendette», lamenta un esponente del governo.
I nemici di Tremonti, però, confidano che il vento stia per cambiare. Presto la manovra arriverà in Parlamento. Da dove tanti, anche nel PdL, contano di farla uscire ben diversa da come è entrata. È allo studio la richiesta di estendere ad altri dicasteri la soluzione adottata per i Beni culturali, ovvero di affidare ai singoli ministri il compito di decidere dove tagliare nei rispettivi settori, in base al principio per cui ognuno pota le piante nel proprio giardino, a patto che ottenga i risultati previsti. Un progetto condiviso da Berlusconi, il quale ha visto con favore le uscite anti-tremontiane di Bondi e La Russa e ieri ha detto ai suoi che la manovra «è migliorabile in Parlamento».
Anche quanto accaduto ieri pomeriggio a palazzo Grazioli fa riflettere. Tremonti si è presentato verso l’una ed è uscito due ore e mezza dopo. L’incontro con il Cavaliere, però, è durato poco più di mezz’ora. Berlusconi, infatti, aveva altra compagnia a pranzo. Tremonti ha dovuto vedersela con Gianni Letta e solo dopo ha potuto discutere con il premier di quanto accaduto a Ballarò e della manovra, sulla quale il Cavaliere si è limitato a dire che il saldo finale dovrà restare invariato: non la rassicurazione completa che il ministro cercava, insomma. Berlusconi, del resto, comincia a vedere Tremonti come il candidato premier dei poteri forti, e trova nell’attenzione che gli dedica il Corriere della Sera la conferma a certi sospetti. Dalla propria parte il premier crede di poter avere il governatore di Bankitalia, Mario Draghi, che lunedì ha chiesto di ridurre le tasse e di varare provvedimenti per lo sviluppo. Messaggio rivolto innanzitutto a Tremonti. Berlusconi - raccontano -ha molto gradito anche questo.
© Libero. Pubblicato il 3 giugno 2010.
È nel momento in cui sembra essere diventato l’uomo più potente d’Italia che si scopre quanto è fragile Giulio Tremonti. Il titolare dell’Economia ha scritto la manovra da 25 miliardi passando con i propri cingoli sui piedi degli altri ministri. È la superstar del governo: il Corriere della Sera gli ha appena riservato una di quelle interviste molto lunghe, profonde e assai poco leggibili che di solito sono privilegio delle grandi “riserve della Repubblica”. Le trasmissioni di sinistra fanno a gara per invitarlo. Ultimo caso, il Ballarò di martedì, dove dai curiosi sondaggi di Nando Pagnoncelli è emerso che gli italiani in maggioranza (51%) bocciano la manovra, ma allo stesso tempo assegnano a Tremonti, autore dell’odioso provvedimento, un gradimento del 55%, unico caso di consenso crescente nel centrodestra. Luciana Littizzetto, intanto, lo ha eletto volto presentabile del centrodestra italiano.
Un tripudio. Eppure, mai come adesso, Tremonti è stato inviso alla maggioranza e ai colleghi di governo. Un po’, ovviamente, è colpa proprio dei risultati ottenuti, che suscitano invidie. Lui, però, ci aggiunge del suo, mettendo dietro al suo ego crescente il resto del governo e della coalizione. Berlusconi incluso. A Ballarò, per dire, il ministro ha gongolato dinanzi a quel sondaggio che lo premiava, ma si è guardato bene dal difendere il presidente del Consiglio e l’esecutivo. E questa è stata una delle molle che hanno spinto l’imbufalito Berlusconi ad intervenire in diretta, facendo fare a Tremonti la figura di quello che, lasciato da solo, non sa - o non vuole - battersi per gli amici.
Pure lui si è reso conto di aver sbagliato qualcosa, al punto da ammettere che era stato un errore voler cancellare i finanziamenti a 231 enti culturali senza discuterne con nessuno. Tant’è che, alla fine, i tagli sono stati ridotti e - ciò che più conta - sarà il ministero di Sandro Bondi a decidere su quali enti incidere. Ma è così con tutti. L’altro giorno è sbottato Ignazio La Russa, ministro della Difesa: «I geni della finanza e dell’economia ci lascino carta bianca, noi sappiamo cosa fare meglio di loro». Altri coltivano il rancore in silenzio, sentendosi scavalcati non solo da Tremonti, ma anche dai suoi collaboratori: «Giulio lascia troppo potere ai tecnici del Tesoro. In certi casi addirittura li aizza. E loro se ne approfittano per compiere piccole e grandi vendette», lamenta un esponente del governo.
I nemici di Tremonti, però, confidano che il vento stia per cambiare. Presto la manovra arriverà in Parlamento. Da dove tanti, anche nel PdL, contano di farla uscire ben diversa da come è entrata. È allo studio la richiesta di estendere ad altri dicasteri la soluzione adottata per i Beni culturali, ovvero di affidare ai singoli ministri il compito di decidere dove tagliare nei rispettivi settori, in base al principio per cui ognuno pota le piante nel proprio giardino, a patto che ottenga i risultati previsti. Un progetto condiviso da Berlusconi, il quale ha visto con favore le uscite anti-tremontiane di Bondi e La Russa e ieri ha detto ai suoi che la manovra «è migliorabile in Parlamento».
Anche quanto accaduto ieri pomeriggio a palazzo Grazioli fa riflettere. Tremonti si è presentato verso l’una ed è uscito due ore e mezza dopo. L’incontro con il Cavaliere, però, è durato poco più di mezz’ora. Berlusconi, infatti, aveva altra compagnia a pranzo. Tremonti ha dovuto vedersela con Gianni Letta e solo dopo ha potuto discutere con il premier di quanto accaduto a Ballarò e della manovra, sulla quale il Cavaliere si è limitato a dire che il saldo finale dovrà restare invariato: non la rassicurazione completa che il ministro cercava, insomma. Berlusconi, del resto, comincia a vedere Tremonti come il candidato premier dei poteri forti, e trova nell’attenzione che gli dedica il Corriere della Sera la conferma a certi sospetti. Dalla propria parte il premier crede di poter avere il governatore di Bankitalia, Mario Draghi, che lunedì ha chiesto di ridurre le tasse e di varare provvedimenti per lo sviluppo. Messaggio rivolto innanzitutto a Tremonti. Berlusconi - raccontano -ha molto gradito anche questo.
© Libero. Pubblicato il 3 giugno 2010.