Torna il "fisco etico"
di Fausto Carioti
Nel bel mezzo della più grave crisi finanziaria che l’Europa ricordi, Pier Luigi Bersani pensa bene di andarsene a Pechino per incontrare un tale He Guokiang, membro della segreteria nazionale del Partito comunista cinese. Il segretario del Pd arriverà in Cina il 23 maggio e ci resterà per cinque giorni, nella certezza che in Italia nessuno si accorgerà della sua assenza. Infatti, ora che c’è, nessuno si accorge della sua presenza. Il Pd non ha ancora deciso se dire sì o no al federalismo demaniale, che si voterà oggi, e già che c’è deve anche mettersi d’accordo con se stesso su cosa fare con la manovra correttiva da 27 miliardi che il governo porterà presto in Parlamento, e che il Pd è tentato di condividere per senso di responsabilità, ma anche no. Quanto a proporre qualcosa di autonomo su come raddrizzare i conti pubblici, fosse mai: se Bersani lo facesse, si scoprirebbe che metà del Pd dissente. Meglio la Cina, decisamente.
Il che, però, apre un buco, anzi una voragine a sinistra. Chi presidia la trincea attorno alla moneta unica, voluta dai padri dell’Ulivo? Chi difende i pensionati e gli altri poveri cristi minacciati dalla crisi dell’euro? Chi se la prende con i mandarini e i ricchi grand commis di Stato? Chi taglia le buste paga dei politicanti al potere? Chi dà la caccia agli evasori? Chi assicura che i ministri presi con il sorcio in bocca non la faranno franca? Chi manda il messaggio che in momenti come questo è immorale spendere milioni di euro per una squadra di calcio? Tranquilli. Convinto - da bravo imprenditore attento alla ottimizzazione delle risorse - che nessuno spazio politico debba restare libero, Berlusconi ha trovato la soluzione: ci pensano lui e il suo governo, a fare la sinistra. Meno male che il compagno Silvio c’è.
Il Berlusconi che ostenta la ricchezza e sdogana il profitto, quello che difende chi non paga le tasse perché «se lo Stato ti chiede il 50-60% di ciò che guadagni, ti senti un po’ giustificato a mettere in atto procedure di elusione e a volte anche di evasione», sono reperti del Giurassico. Giacciono sepolti sotto metri di terra, e chissà mai se torneranno alla luce. Il Berlusconi di oggi manda avanti Giulio Tremonti a dire che quella in arrivo sarà «una manovra etica», della quale dovranno preoccuparsi solo «i falsi invalidi e i veri evasori». Dove il «fisco etico», usato come strumento di educazione della società, qui alla sua prima apparizione ufficiale nel vocabolario del berlusconismo, è una novità che può produrre crampi allo stomaco dei superstiti della prima ora, i forzisti liberisti del ’94, allievi di Sergio Ricossa.
Il Berlusconi del 2010, anno della crisi che minaccia di travolgere l’euro, è quello che ha varato la linea dura contro Claudio Scajola e gli altri sospettati di corruzione e ora sta pensando di rivolgersi alla nazione, col cuore in mano, per appellarsi al senso di responsabilità di tutti gli italiani: tutti saranno chiamati a stringere un po’ la cinghia, ma ai deboli non sarà levato uno spicciolo. Equo e solidale, il Cavaliere: i primi a pagare saranno quelli della “casta”, pronti per una volta a spennare se stessi. «Ho sentito parlare di tagli agli stipendi dei parlamentari nell’ordine del 5%. Mi viene da sorridere. Per me è solo un aperitivo», ghigna il solito Tremonti. Nessuno stravolgimento, invece, per le pensioni: «Abbiamo il sistema previdenziale più stabile d’Europa».
E anche se ieri ha smentito per l’ennesima volta, non è un segreto che il premier stia valutando l’idea di cedere il Milan. Niente più di un gesto simile darebbe l’idea di quanto sono cambiati, lui e l’Italia. Le campagne acquisti fantamiliardarie, l’ostentazione dei grandi campioni, l’elicottero che atterra al centro del campo e lui che ne esce col sorriso a 32 denti non sono più in sintonia col Paese di oggi. E Berlusconi, da quel grande venditore che è, ciò che passa per la testa dei suoi clienti lo ha capito da un pezzo. Così magari non venderà la squadra nemmeno in questo giro, anche perché mica è facile trovare chi se la compra. Ma cercherà comunque di adeguarsi allo spirito del tempo, metterà il suo karma in linea con quello degli elettori: far quadrare i conti, cavare tutto il possibile da quello che si ha in dispensa. Fare le nozze con i fichi secchi, se serve. Più che far sognare, oggi occorre essere credibili. E si è credibili solo se si è morigerati. Nello sport come nella politica, ammesso che per il Cavaliere si tratti di due cose distinte.
© Libero. Pubblicato il 19 maggio 2010.
Nel bel mezzo della più grave crisi finanziaria che l’Europa ricordi, Pier Luigi Bersani pensa bene di andarsene a Pechino per incontrare un tale He Guokiang, membro della segreteria nazionale del Partito comunista cinese. Il segretario del Pd arriverà in Cina il 23 maggio e ci resterà per cinque giorni, nella certezza che in Italia nessuno si accorgerà della sua assenza. Infatti, ora che c’è, nessuno si accorge della sua presenza. Il Pd non ha ancora deciso se dire sì o no al federalismo demaniale, che si voterà oggi, e già che c’è deve anche mettersi d’accordo con se stesso su cosa fare con la manovra correttiva da 27 miliardi che il governo porterà presto in Parlamento, e che il Pd è tentato di condividere per senso di responsabilità, ma anche no. Quanto a proporre qualcosa di autonomo su come raddrizzare i conti pubblici, fosse mai: se Bersani lo facesse, si scoprirebbe che metà del Pd dissente. Meglio la Cina, decisamente.
Il che, però, apre un buco, anzi una voragine a sinistra. Chi presidia la trincea attorno alla moneta unica, voluta dai padri dell’Ulivo? Chi difende i pensionati e gli altri poveri cristi minacciati dalla crisi dell’euro? Chi se la prende con i mandarini e i ricchi grand commis di Stato? Chi taglia le buste paga dei politicanti al potere? Chi dà la caccia agli evasori? Chi assicura che i ministri presi con il sorcio in bocca non la faranno franca? Chi manda il messaggio che in momenti come questo è immorale spendere milioni di euro per una squadra di calcio? Tranquilli. Convinto - da bravo imprenditore attento alla ottimizzazione delle risorse - che nessuno spazio politico debba restare libero, Berlusconi ha trovato la soluzione: ci pensano lui e il suo governo, a fare la sinistra. Meno male che il compagno Silvio c’è.
Il Berlusconi che ostenta la ricchezza e sdogana il profitto, quello che difende chi non paga le tasse perché «se lo Stato ti chiede il 50-60% di ciò che guadagni, ti senti un po’ giustificato a mettere in atto procedure di elusione e a volte anche di evasione», sono reperti del Giurassico. Giacciono sepolti sotto metri di terra, e chissà mai se torneranno alla luce. Il Berlusconi di oggi manda avanti Giulio Tremonti a dire che quella in arrivo sarà «una manovra etica», della quale dovranno preoccuparsi solo «i falsi invalidi e i veri evasori». Dove il «fisco etico», usato come strumento di educazione della società, qui alla sua prima apparizione ufficiale nel vocabolario del berlusconismo, è una novità che può produrre crampi allo stomaco dei superstiti della prima ora, i forzisti liberisti del ’94, allievi di Sergio Ricossa.
Il Berlusconi del 2010, anno della crisi che minaccia di travolgere l’euro, è quello che ha varato la linea dura contro Claudio Scajola e gli altri sospettati di corruzione e ora sta pensando di rivolgersi alla nazione, col cuore in mano, per appellarsi al senso di responsabilità di tutti gli italiani: tutti saranno chiamati a stringere un po’ la cinghia, ma ai deboli non sarà levato uno spicciolo. Equo e solidale, il Cavaliere: i primi a pagare saranno quelli della “casta”, pronti per una volta a spennare se stessi. «Ho sentito parlare di tagli agli stipendi dei parlamentari nell’ordine del 5%. Mi viene da sorridere. Per me è solo un aperitivo», ghigna il solito Tremonti. Nessuno stravolgimento, invece, per le pensioni: «Abbiamo il sistema previdenziale più stabile d’Europa».
E anche se ieri ha smentito per l’ennesima volta, non è un segreto che il premier stia valutando l’idea di cedere il Milan. Niente più di un gesto simile darebbe l’idea di quanto sono cambiati, lui e l’Italia. Le campagne acquisti fantamiliardarie, l’ostentazione dei grandi campioni, l’elicottero che atterra al centro del campo e lui che ne esce col sorriso a 32 denti non sono più in sintonia col Paese di oggi. E Berlusconi, da quel grande venditore che è, ciò che passa per la testa dei suoi clienti lo ha capito da un pezzo. Così magari non venderà la squadra nemmeno in questo giro, anche perché mica è facile trovare chi se la compra. Ma cercherà comunque di adeguarsi allo spirito del tempo, metterà il suo karma in linea con quello degli elettori: far quadrare i conti, cavare tutto il possibile da quello che si ha in dispensa. Fare le nozze con i fichi secchi, se serve. Più che far sognare, oggi occorre essere credibili. E si è credibili solo se si è morigerati. Nello sport come nella politica, ammesso che per il Cavaliere si tratti di due cose distinte.
© Libero. Pubblicato il 19 maggio 2010.