Noi e Gazprom: intervista a Claudio Scajola
di Fausto Carioti
Signor ministro, Gazprom ha appena tagliato le forniture di gas all’Europa che transitano attraverso l’Ucraina. Lei assicura che «l’Italia non presenta particolari preoccupazioni», perché grazie alle riserve abbiamo metano «per alcune settimane». Resta il fatto che Ferran Terradelas, portavoce del commissario Ue all’Energia, include anche il nostro Paese tra quelli esposti a un calo degli approvvigionamenti. Quanto rischiamo veramente? E per quanti giorni possiamo dirci al sicuro?
«Ha ragione Terradelas a dire che anche noi subiamo le riduzioni di forniture dalla Russia. Ma, a differenza di altri Paesi europei, abbiamo una dipendenza minore dai gasdotti che transitano dall’Ucraina e abbiamo altre possibilità di approvvigionamento. Disponiamo infatti di ulteriori connessioni con la Libia, l’Algeria, e i Paesi del Nord Europa che ci consentono di compensare le mancate importazioni dalla Russia. Per di più, siccome nei mesi scorsi i consumi si sono ridotti, grazie anche ad un inizio di inverno mite, abbiamo avuto la possibilità di conservare le riserve di gas negli stoccaggi, che sono oggi disponibili per l’80%. Un dato che ci consentirebbe una autonomia per varie settimane, se dovesse perdurare l’interruzione totale dalla Russia. Tale ipotesi è tuttavia difficile da immaginare per un periodo prolungato. Già ieri sera abbiamo registrato un dato positivo, ossia una parziale ripresa delle forniture dalla Russia, per un volume di circa il 50% di quello previsto».
Quanto gas ha dato Gazprom ieri all’Italia? E cosa dobbiamo attenderci per i prossimi giorni?
«Il nostro standard di importazione dalla Russia in questo periodo è stato di circa 60 milioni di metri cubi di gas al giorno, anche se la nostra richiesta per il giorno 6 era scesa a circa 45 milioni. Per effetto della parziale ripresa nella serata di ieri, la consegna dovrebbe essere complessivamente pari a circa 22 milioni di metri cubi. E da domani ricominceranno le trattative per tentare di risolvere il contenzioso».
Ha avuto modo di parlare con il suo omologo russo o con i vertici di Gazprom?
«Siamo in contatto con la Russia e con i colleghi europei, con i quali stiamo valutando attentamente la situazione. Una cosa è sicura: non vogliamo pagare il prezzo di una disputa tra i due Paesi. Abbiamo un contratto che deve essere rispettato, e la Russia confermerà gli impegni presi».
Lei ha discusso con i vertici dell'Eni e delle altre società italiane interessate. Quali decisioni avete preso? Che vantaggi ne trarranno i consumatori?
«Abbiamo convocato il comitato di emergenza e di monitoraggio del gas, che riunisce tutte le istituzioni e le maggiori imprese energetiche coinvolte, allo scopo di valutare quali altre eventuali azioni si dovranno intraprendere, in caso di avanzamento della crisi. La misura già pronta riguarda la massimizzazione delle importazioni dagli altri Paesi, che darà risultati nei prossimi giorni, in particolare da Algeria e Nord Europa. Lo scopo delle nostre misure è, ovviamente, tutelare la continuità e la regolarità delle forniture per tutti i consumatori».
E infatti lei ha firmato un decreto per aumentare l’approvvigionamento dagli altri nostri fornitori, come Libia, Algeria, Norvegia, Gran Bretagna e Olanda. Quando è che queste misure diventeranno effettive?
«Il decreto era un atto necessario per prevedere l’aumento degli approvvigionamenti sino ai massimi consentiti tecnicamente, cosa che sta già in parte avvenendo con i Paesi del Nord Africa. Ma, per effetto del decreto, fin dalla prossima settimana riteniamo possibile un incremento delle importazioni extra Russia per circa 20 milioni di metri cubi. Per quanto riguarda poi il coordinamento europeo, venerdì prossimo ci sarà una riunione tecnica dei 27 Paesi dell’Unione Europea per valutare l’utilizzo delle risorse comuni».
Non è la prima volta che l’Italia si trova in una simile situazione. Ci sarebbero buoni motivi per puntare sul gasdotto Nabucco, ritenuto strategico dall’Unione europea proprio perché alternativo ai gasdotti provenienti dalla Russia. Eppure il governo italiano e l’Eni sono quantomeno tiepidi nei confronti di Nabucco, e preferiscono puntare sulla costruzione di nuove infrastrutture in joint venture con Gazprom, che finirebbero per renderci ancora più dipendenti dalle forniture russe. Eventi come quello di queste ore non inducono a ripensare certe scelte?
«Al di là del singolo progetto Nabucco, che ritengo importante, ma che non riguarda direttamente l’approvvigionamento italiano, il governo Berlusconi ha da subito posto l’acceleratore per autorizzare e cantierizzare tutte le infrastrutture energetiche che ci permetteranno di diversificare le aree geografiche di approvvigionamento, ed evitare così in futuro rischi simili alla crisi in atto».
Quali sono queste infrastrutture?
«Penso all’elettrodotto con la Tunisia e a quello con l’Albania, penso al gasdotto Galsi, che collegherà la Algeria alla Sardegna, o al gasdotto Itgi, che porterà gas azero passando dalla Turchia e dalla Grecia. E penso anche ai rigassificatori: entro circa due mesi sarà operativo quello di Rovigo, che immetterà nelle rete italiana il gas proveniente principalmente dal Qatar e che consentirà, a regime, di assicurare il 10% dei consumi italiani».
Il governo italiano intende ridurre la dipendenza italiana dal gas e dal petrolio. Quali sono i vostri obiettivi?
«Questo governo ha varato da subito una politica energetica che punta alla diversificazione delle fonti. Il nostro obiettivo è arrivare ad un nuovo mix energetico che tolga l’odierna dipendenza dalle fonti fossili (olio, gas, carbone). Queste, dall’attuale 85% di produzione elettrica, arriveranno al 50%, mentre l’altro 50% verrà fornito dalle fonti alternative, che passerebbero dall’attuale 15-17% al 25%, e dal ritorno al nucleare, per l’altro 25%».
Quando si vedranno i primi effetti della nuova politica energetica italiana? In altre parole: quando saremo al sicuro dal ripetersi di simili situazioni?
«Il nuovo mix potrebbe essere raggiunto in 10-12 anni, perché contiamo di porre le condizioni per posare la prima pietra di un gruppo di centrali nucleari entro la fine della legislatura, nel 2013. La crisi di questi giorni conferma come sia indispensabile adottare tale strategia, e come l’energia nucleare sia l’unica fonte che può garantire di evitare rischi di approvvigionamento, oltre a permettere un prezzo della bolletta energetica più basso per cittadini e imprese e ad assicurare un maggiore rispetto per l’ambiente, non avendo emissioni nocive nell’aria».
© Libero Mercato. Pubblicato il 7 gennaio 2009.
Signor ministro, Gazprom ha appena tagliato le forniture di gas all’Europa che transitano attraverso l’Ucraina. Lei assicura che «l’Italia non presenta particolari preoccupazioni», perché grazie alle riserve abbiamo metano «per alcune settimane». Resta il fatto che Ferran Terradelas, portavoce del commissario Ue all’Energia, include anche il nostro Paese tra quelli esposti a un calo degli approvvigionamenti. Quanto rischiamo veramente? E per quanti giorni possiamo dirci al sicuro?
«Ha ragione Terradelas a dire che anche noi subiamo le riduzioni di forniture dalla Russia. Ma, a differenza di altri Paesi europei, abbiamo una dipendenza minore dai gasdotti che transitano dall’Ucraina e abbiamo altre possibilità di approvvigionamento. Disponiamo infatti di ulteriori connessioni con la Libia, l’Algeria, e i Paesi del Nord Europa che ci consentono di compensare le mancate importazioni dalla Russia. Per di più, siccome nei mesi scorsi i consumi si sono ridotti, grazie anche ad un inizio di inverno mite, abbiamo avuto la possibilità di conservare le riserve di gas negli stoccaggi, che sono oggi disponibili per l’80%. Un dato che ci consentirebbe una autonomia per varie settimane, se dovesse perdurare l’interruzione totale dalla Russia. Tale ipotesi è tuttavia difficile da immaginare per un periodo prolungato. Già ieri sera abbiamo registrato un dato positivo, ossia una parziale ripresa delle forniture dalla Russia, per un volume di circa il 50% di quello previsto».
Quanto gas ha dato Gazprom ieri all’Italia? E cosa dobbiamo attenderci per i prossimi giorni?
«Il nostro standard di importazione dalla Russia in questo periodo è stato di circa 60 milioni di metri cubi di gas al giorno, anche se la nostra richiesta per il giorno 6 era scesa a circa 45 milioni. Per effetto della parziale ripresa nella serata di ieri, la consegna dovrebbe essere complessivamente pari a circa 22 milioni di metri cubi. E da domani ricominceranno le trattative per tentare di risolvere il contenzioso».
Ha avuto modo di parlare con il suo omologo russo o con i vertici di Gazprom?
«Siamo in contatto con la Russia e con i colleghi europei, con i quali stiamo valutando attentamente la situazione. Una cosa è sicura: non vogliamo pagare il prezzo di una disputa tra i due Paesi. Abbiamo un contratto che deve essere rispettato, e la Russia confermerà gli impegni presi».
Lei ha discusso con i vertici dell'Eni e delle altre società italiane interessate. Quali decisioni avete preso? Che vantaggi ne trarranno i consumatori?
«Abbiamo convocato il comitato di emergenza e di monitoraggio del gas, che riunisce tutte le istituzioni e le maggiori imprese energetiche coinvolte, allo scopo di valutare quali altre eventuali azioni si dovranno intraprendere, in caso di avanzamento della crisi. La misura già pronta riguarda la massimizzazione delle importazioni dagli altri Paesi, che darà risultati nei prossimi giorni, in particolare da Algeria e Nord Europa. Lo scopo delle nostre misure è, ovviamente, tutelare la continuità e la regolarità delle forniture per tutti i consumatori».
E infatti lei ha firmato un decreto per aumentare l’approvvigionamento dagli altri nostri fornitori, come Libia, Algeria, Norvegia, Gran Bretagna e Olanda. Quando è che queste misure diventeranno effettive?
«Il decreto era un atto necessario per prevedere l’aumento degli approvvigionamenti sino ai massimi consentiti tecnicamente, cosa che sta già in parte avvenendo con i Paesi del Nord Africa. Ma, per effetto del decreto, fin dalla prossima settimana riteniamo possibile un incremento delle importazioni extra Russia per circa 20 milioni di metri cubi. Per quanto riguarda poi il coordinamento europeo, venerdì prossimo ci sarà una riunione tecnica dei 27 Paesi dell’Unione Europea per valutare l’utilizzo delle risorse comuni».
Non è la prima volta che l’Italia si trova in una simile situazione. Ci sarebbero buoni motivi per puntare sul gasdotto Nabucco, ritenuto strategico dall’Unione europea proprio perché alternativo ai gasdotti provenienti dalla Russia. Eppure il governo italiano e l’Eni sono quantomeno tiepidi nei confronti di Nabucco, e preferiscono puntare sulla costruzione di nuove infrastrutture in joint venture con Gazprom, che finirebbero per renderci ancora più dipendenti dalle forniture russe. Eventi come quello di queste ore non inducono a ripensare certe scelte?
«Al di là del singolo progetto Nabucco, che ritengo importante, ma che non riguarda direttamente l’approvvigionamento italiano, il governo Berlusconi ha da subito posto l’acceleratore per autorizzare e cantierizzare tutte le infrastrutture energetiche che ci permetteranno di diversificare le aree geografiche di approvvigionamento, ed evitare così in futuro rischi simili alla crisi in atto».
Quali sono queste infrastrutture?
«Penso all’elettrodotto con la Tunisia e a quello con l’Albania, penso al gasdotto Galsi, che collegherà la Algeria alla Sardegna, o al gasdotto Itgi, che porterà gas azero passando dalla Turchia e dalla Grecia. E penso anche ai rigassificatori: entro circa due mesi sarà operativo quello di Rovigo, che immetterà nelle rete italiana il gas proveniente principalmente dal Qatar e che consentirà, a regime, di assicurare il 10% dei consumi italiani».
Il governo italiano intende ridurre la dipendenza italiana dal gas e dal petrolio. Quali sono i vostri obiettivi?
«Questo governo ha varato da subito una politica energetica che punta alla diversificazione delle fonti. Il nostro obiettivo è arrivare ad un nuovo mix energetico che tolga l’odierna dipendenza dalle fonti fossili (olio, gas, carbone). Queste, dall’attuale 85% di produzione elettrica, arriveranno al 50%, mentre l’altro 50% verrà fornito dalle fonti alternative, che passerebbero dall’attuale 15-17% al 25%, e dal ritorno al nucleare, per l’altro 25%».
Quando si vedranno i primi effetti della nuova politica energetica italiana? In altre parole: quando saremo al sicuro dal ripetersi di simili situazioni?
«Il nuovo mix potrebbe essere raggiunto in 10-12 anni, perché contiamo di porre le condizioni per posare la prima pietra di un gruppo di centrali nucleari entro la fine della legislatura, nel 2013. La crisi di questi giorni conferma come sia indispensabile adottare tale strategia, e come l’energia nucleare sia l’unica fonte che può garantire di evitare rischi di approvvigionamento, oltre a permettere un prezzo della bolletta energetica più basso per cittadini e imprese e ad assicurare un maggiore rispetto per l’ambiente, non avendo emissioni nocive nell’aria».
© Libero Mercato. Pubblicato il 7 gennaio 2009.