La fine della bufala del global warming
di Fausto Carioti
Avete presente la storia del global warming? Dice che la Terra si sta surriscaldando e che questo avviene per colpa dell’uomo. Che a causa di questo innalzamento della temperatura i ghiacciai dei poli presto si scioglieranno come granite sotto il sole d’agosto, elevando il livello dei mari e mettendo a rischio la sopravvivenza dell’umanità, e che solo un enorme e costoso sforzo per cambiare i nostri stili di vita può salvare il pianeta. Non c’è mai stata una prova scientifica degna di tale nome che confermasse questa teoria. Soprattutto non è mai stato provato il punto più importante, ovvero che l’innalzamento della temperatura sia legato all’attività dell’uomo e non ad altri fattori assai più credibili, come l’attività delle macchie solari. Ma questo già si sapeva. La novità degli ultimi giorni è una pioggia di dati che colpiscono al cuore la bufala del riscaldamento globale. Al punto che si ricomincia a parlare dell’arrivo di una «nuova era glaciale».
I dati appena usciti, infatti, dicono che il 2008 è stato più freddo degli anni precedenti e che i ghiacciai, così come si erano in parte sciolti l’estate scorsa, durante questo inverno si sono riformati e sono tornati ai livelli di trent’anni fa. È stato il Centro di ricerca sul clima artico dell’Università dell’Illinois - istituzione che da decenni, grazie ai satelliti, segue l’evolversi dei ghiacciai ai poli - a smontare gli eco-catastrofisti convinti che ben presto la Terra sarebbe stata sommersa dalle acque (la scorsa primavera un ricercatore americano, subito ripreso dai giornali di mezzo mondo, aveva “predetto” che il Polo nord si sarebbe interamente liquefatto entro il 2008). La verità, dicono le immagini elaborate dall’università dell’Illinois, è che oggi i ghiacciai artici sono identici a quelli del 1979, ovvero dell’anno in cui iniziarono le rilevazioni. Da settembre ad oggi si è assistito alla più rapida crescita di ghiaccio mai vista da quelle parti. Gli studiosi lo spiegano con il calo delle temperature e la minore forza dei venti, che rallentano la formazione del ghiaccio. Notare che dall’altra parte del mondo, al Polo sud, i ghiacciai, già un anno fa, erano giunti a livelli record.
Niente di strano, insomma, che ieri sulla Stampa apparisse un’intervista al professor Fred Goldberg, esploratore artico e segretario del Polar club svedese, che ogni anno visita i ghiacciai e alla storia del riscaldamento globale non ha mai creduto. A causa del rallentamento dell’attività solare, pronostica Goldberg, «fra non molto entreremo in una breve era glaciale, come quella che si verificò verso la metà del 1600». Di quell’epoca restano dipinti che raffigurano la laguna di Venezia e il Tamigi, ghiacciati, usati da pattinatori e attraversati da carri. Niente di nuovo: sino agli anni Settanta, il mantra degli allarmisti parlava di glaciazione imminente, non di surriscaldamento. Anche i bimbi possono stare tranquilli: il simpatico orso polare, attore di numerosi spot pubblicitari, dichiarato specie in via d’estinzione dal governo americano la scorsa estate, gode in realtà di ottima salute: «Il numero degli orsi sta aumentando», assicura Goldberg. «Soltanto in Canada si nota una diminuzione, ma dovuta al fatto che è legale la caccia».
Non basta. L’Organizzazione mondiale meteorologica delle Nazioni Unite, il Goddard Institute della Nasa e il National climatic data center statunitense, tramite tre gruppi di ricerca indipendenti, hanno esaminato le temperature dei primi undici mesi del 2008 e sono giunti alla conclusione che è stato l’anno più gelido dall’inizio del ventunesimo secolo. Mentre l’Istituto di scienza dell’atmosfera e del clima del Cnr, ieri, ha diffuso i dati relativi al mese di dicembre. Troppo caldo o troppo freddo? Né l’uno né l’altro. «Il mese di dicembre 2008 », spiega il Consiglio nazionale delle ricerche, «si colloca al 58° posto nella classifica delle temperature degli ultimi 208 anni: è, cioè, il 58° dicembre più caldo dal 1800 ad oggi». Considerando invece solo le temperature dal 1980 ad ora, per ben quindici volte si è registrato un mese di dicembre più caldo di quello del 2008.
Ma perché tutto questo lo dicono in pochi, e i media “ufficiali”, iniziando dai telegiornali, ignorano questi dati o li trattano come elementi folcloristici, le proverbiali eccezioni che - chissà in quale modo - dovrebbero confermare la regola? Per una questione di interessi. L’eco-catastrofismo è diventato un business. Ha dato vita a un enorme giro d’affari, finanziato con i soldi dei contribuenti occidentali, sul quale campano associazioni ambientaliste, scienziati fedeli al luogo comune, gruppi politici favorevoli all’allargamento dell’intervento statale e imprese che si sono convertite all’ecologia per attingere meglio ai finanziamenti pubblici. Interessi che si sposano bene con un giornalismo che non si fa problemi a copiare e incollare i rapporti allarmisti del Wwf e di Greenpeace.
Così adesso si assiste all’arrampicata sugli specchi, al fiorire delle ipotesi escogitate apposta per spiegare l’inspiegabile. Ovvero come sia possibile che, nonostante il riscaldamento globale (dogma di fede irrinunciabile), la Terra mostri segni di raffreddamento. In questi giorni, ad esempio, gli irriducibili del global warming si sono aggrappati a uno studio degli scienziati dell’università di Leeds, in Gran Bretagna, secondo i quali, quando gli iceberg si sciolgono a causa del riscaldamento, rilasciano il ferro che il ghiaccio ha intrappolato al suo interno. Il ferro finisce nell’oceano, dove agisce da fertilizzante per la crescita del plancton, che assorbe più anidride carbonica dall’atmosfera e “rallenta” così l’effetto serra. Presto, di sicuro, arriveranno altre ipotesi, ancora più suggestive.
Facile, del resto, immaginare lo sconcerto di chi ha costruito la propria carriera e il proprio budget annunciando la catastrofe climatica imminente e ora si trova a fare i conti con la banalità di un inverno freddo. In cui i ghiacciai, guarda un po’, invece di sciogliersi si riformano.
© Libero. Pubblicato l'8 gennaio 2009.
Avete presente la storia del global warming? Dice che la Terra si sta surriscaldando e che questo avviene per colpa dell’uomo. Che a causa di questo innalzamento della temperatura i ghiacciai dei poli presto si scioglieranno come granite sotto il sole d’agosto, elevando il livello dei mari e mettendo a rischio la sopravvivenza dell’umanità, e che solo un enorme e costoso sforzo per cambiare i nostri stili di vita può salvare il pianeta. Non c’è mai stata una prova scientifica degna di tale nome che confermasse questa teoria. Soprattutto non è mai stato provato il punto più importante, ovvero che l’innalzamento della temperatura sia legato all’attività dell’uomo e non ad altri fattori assai più credibili, come l’attività delle macchie solari. Ma questo già si sapeva. La novità degli ultimi giorni è una pioggia di dati che colpiscono al cuore la bufala del riscaldamento globale. Al punto che si ricomincia a parlare dell’arrivo di una «nuova era glaciale».
I dati appena usciti, infatti, dicono che il 2008 è stato più freddo degli anni precedenti e che i ghiacciai, così come si erano in parte sciolti l’estate scorsa, durante questo inverno si sono riformati e sono tornati ai livelli di trent’anni fa. È stato il Centro di ricerca sul clima artico dell’Università dell’Illinois - istituzione che da decenni, grazie ai satelliti, segue l’evolversi dei ghiacciai ai poli - a smontare gli eco-catastrofisti convinti che ben presto la Terra sarebbe stata sommersa dalle acque (la scorsa primavera un ricercatore americano, subito ripreso dai giornali di mezzo mondo, aveva “predetto” che il Polo nord si sarebbe interamente liquefatto entro il 2008). La verità, dicono le immagini elaborate dall’università dell’Illinois, è che oggi i ghiacciai artici sono identici a quelli del 1979, ovvero dell’anno in cui iniziarono le rilevazioni. Da settembre ad oggi si è assistito alla più rapida crescita di ghiaccio mai vista da quelle parti. Gli studiosi lo spiegano con il calo delle temperature e la minore forza dei venti, che rallentano la formazione del ghiaccio. Notare che dall’altra parte del mondo, al Polo sud, i ghiacciai, già un anno fa, erano giunti a livelli record.
Niente di strano, insomma, che ieri sulla Stampa apparisse un’intervista al professor Fred Goldberg, esploratore artico e segretario del Polar club svedese, che ogni anno visita i ghiacciai e alla storia del riscaldamento globale non ha mai creduto. A causa del rallentamento dell’attività solare, pronostica Goldberg, «fra non molto entreremo in una breve era glaciale, come quella che si verificò verso la metà del 1600». Di quell’epoca restano dipinti che raffigurano la laguna di Venezia e il Tamigi, ghiacciati, usati da pattinatori e attraversati da carri. Niente di nuovo: sino agli anni Settanta, il mantra degli allarmisti parlava di glaciazione imminente, non di surriscaldamento. Anche i bimbi possono stare tranquilli: il simpatico orso polare, attore di numerosi spot pubblicitari, dichiarato specie in via d’estinzione dal governo americano la scorsa estate, gode in realtà di ottima salute: «Il numero degli orsi sta aumentando», assicura Goldberg. «Soltanto in Canada si nota una diminuzione, ma dovuta al fatto che è legale la caccia».
Non basta. L’Organizzazione mondiale meteorologica delle Nazioni Unite, il Goddard Institute della Nasa e il National climatic data center statunitense, tramite tre gruppi di ricerca indipendenti, hanno esaminato le temperature dei primi undici mesi del 2008 e sono giunti alla conclusione che è stato l’anno più gelido dall’inizio del ventunesimo secolo. Mentre l’Istituto di scienza dell’atmosfera e del clima del Cnr, ieri, ha diffuso i dati relativi al mese di dicembre. Troppo caldo o troppo freddo? Né l’uno né l’altro. «Il mese di dicembre 2008 », spiega il Consiglio nazionale delle ricerche, «si colloca al 58° posto nella classifica delle temperature degli ultimi 208 anni: è, cioè, il 58° dicembre più caldo dal 1800 ad oggi». Considerando invece solo le temperature dal 1980 ad ora, per ben quindici volte si è registrato un mese di dicembre più caldo di quello del 2008.
Ma perché tutto questo lo dicono in pochi, e i media “ufficiali”, iniziando dai telegiornali, ignorano questi dati o li trattano come elementi folcloristici, le proverbiali eccezioni che - chissà in quale modo - dovrebbero confermare la regola? Per una questione di interessi. L’eco-catastrofismo è diventato un business. Ha dato vita a un enorme giro d’affari, finanziato con i soldi dei contribuenti occidentali, sul quale campano associazioni ambientaliste, scienziati fedeli al luogo comune, gruppi politici favorevoli all’allargamento dell’intervento statale e imprese che si sono convertite all’ecologia per attingere meglio ai finanziamenti pubblici. Interessi che si sposano bene con un giornalismo che non si fa problemi a copiare e incollare i rapporti allarmisti del Wwf e di Greenpeace.
Così adesso si assiste all’arrampicata sugli specchi, al fiorire delle ipotesi escogitate apposta per spiegare l’inspiegabile. Ovvero come sia possibile che, nonostante il riscaldamento globale (dogma di fede irrinunciabile), la Terra mostri segni di raffreddamento. In questi giorni, ad esempio, gli irriducibili del global warming si sono aggrappati a uno studio degli scienziati dell’università di Leeds, in Gran Bretagna, secondo i quali, quando gli iceberg si sciolgono a causa del riscaldamento, rilasciano il ferro che il ghiaccio ha intrappolato al suo interno. Il ferro finisce nell’oceano, dove agisce da fertilizzante per la crescita del plancton, che assorbe più anidride carbonica dall’atmosfera e “rallenta” così l’effetto serra. Presto, di sicuro, arriveranno altre ipotesi, ancora più suggestive.
Facile, del resto, immaginare lo sconcerto di chi ha costruito la propria carriera e il proprio budget annunciando la catastrofe climatica imminente e ora si trova a fare i conti con la banalità di un inverno freddo. In cui i ghiacciai, guarda un po’, invece di sciogliersi si riformano.
© Libero. Pubblicato l'8 gennaio 2009.