Chi ha paura di Pancho Villari
di Fausto Carioti
I conti non tornano. Fateci caso: quelli che si lamentano perché il parlamentare Riccardo Villari non obbedisce all’ordine dei partiti e del governo di lasciare a Sergio Zavoli la carica di presidente della commissione di vigilanza Rai sono gli stessi che si dicono preoccupati perché il parlamento rischia di finire schiavo dei partiti e del governo. Nei giorni scorsi, ad esempio, Renato Schifani e Gianfranco Fini, con un gesto alquanto irrituale, avevano chiesto a Villari di mettere «a disposizione il suo incarico» per «consentire un avvicendamento nella presidenza». Hanno preferito prendersela con lui piuttosto che con i parlamentari che, su ordine dei rispettivi partiti, avevano deciso di boicottare le sedute della commissione di vigilanza. Normale che Villari, ieri, abbia risposto ai presidenti delle Camere che ad andarsene non ci pensa proprio.
Ovvio che il personaggio non è un frate francescano animato da spirito di carità né l’ultimo eroe della libertà parlamentare, ma è mosso dall’ambizione e dai vantaggi che gli dà la presidenza della commissione. Questo, però, si può dire di qualunque politico sia chiamato a ricoprire un incarico, e lo stesso Zavoli non farebbe eccezione. La verità è che Villari può piacere o meno, ma è l’unica variabile impazzita in un copione sul quale tutti, incluso il Partito democratico, hanno già messo la firma: quello di una legislatura destinata ad arrivare senza grossi scossoni a scadenza naturale. Perché il Partito democratico ha bisogno di tempo per risolvere la sua crisi d’identità, scegliere con chi allearsi, probabilmente darsi un nuovo leader e tornare a rendersi presentabile dinanzi agli elettori; nel frattempo, confida nella cottura a fuoco lento dell’avversario, alle prese con la difficilissima gestione della crisi economica. Berlusconi, invece, intende proseguire con la melina vista nell’ultimo anno, costruirsi con calma un PdL a sua immagine e somiglianza, aspettare che passi ‘a nuttata dell’economia mondiale e vincere le prossime elezioni per puntare poi al Quirinale.
Per portare avanti questo copione c’è bisogno di addormentare gli elettori per qualche anno e far sì che sul fronte Rai non accada nulla che non sia stato già deciso dai partiti e dal governo. Zavoli, da questo punto di vista, è una garanzia assoluta per tutti. Non a caso è la soluzione più gradita a Berlusconi, che appena il Pd gli ha proposto l’anziano ex presidente della Rai ha subito accettato (e gli antiberlusconiani di professione, invece di insultare Villari, farebbero bene a chiedersi perché il presidente del consiglio e proprietario di Mediaset tenga tanto a mettere Zavoli in quella posizione). Villari, che sa di avere tra le mani l’occasione della vita e intende giocarsela sino in fondo, non dà invece nessuna garanzia a nessuno. Specie ora che è stato cacciato dal Pd, nelle cui liste era stato eletto, ed abbandonato dal Popolo della libertà, che dopo averlo usato ha deciso di sbarazzarsi di lui. E più Villari si intestardisce nelle sue posizioni, più mette paura a chi vorrebbe normalizzare la commissione di vigilanza e, non riuscendoci, ha deciso di non farla funzionare, boicottandone i lavori.
Guarda caso, l’epurazione di Villari è l’unica cosa sulla quale in Parlamento sono tutti d’accordo, da Veltroni a Berlusconi, passando per Umberto Bossi e Pier Ferdinando Casini. Con l’unica eccezione dei radicali di Marco Pannella, che ne sbaglieranno tante, ma quando si tratta di schierarsi a difesa dell’interpretazione più rigorosa della legge danno ancora ripetizioni a tutti. È grazie alla loro denuncia e alla battaglia che sta facendo uno di loro, il componente della commissione di vigilanza Marco Beltrandi, che la procura di Roma ha aperto un’indagine sul blocco dell’attività della commissione, deciso da PdL, Pd e Lega. Per carità, non ne uscirà fuori niente, ma è bene che chi ha deciso di paralizzare la vigilanza sappia di avere gli occhi addosso.
Il vero nodo della questione, però, non è giudiziario, ma politico: a chi conviene che la commissione di vigilanza Rai non funzioni? La risposta, a oggi, è molto semplice: al governo, alla maggioranza e all’opposizione.
© Libero. Pubblicato il 18 gennaio 2009.
I conti non tornano. Fateci caso: quelli che si lamentano perché il parlamentare Riccardo Villari non obbedisce all’ordine dei partiti e del governo di lasciare a Sergio Zavoli la carica di presidente della commissione di vigilanza Rai sono gli stessi che si dicono preoccupati perché il parlamento rischia di finire schiavo dei partiti e del governo. Nei giorni scorsi, ad esempio, Renato Schifani e Gianfranco Fini, con un gesto alquanto irrituale, avevano chiesto a Villari di mettere «a disposizione il suo incarico» per «consentire un avvicendamento nella presidenza». Hanno preferito prendersela con lui piuttosto che con i parlamentari che, su ordine dei rispettivi partiti, avevano deciso di boicottare le sedute della commissione di vigilanza. Normale che Villari, ieri, abbia risposto ai presidenti delle Camere che ad andarsene non ci pensa proprio.
Ovvio che il personaggio non è un frate francescano animato da spirito di carità né l’ultimo eroe della libertà parlamentare, ma è mosso dall’ambizione e dai vantaggi che gli dà la presidenza della commissione. Questo, però, si può dire di qualunque politico sia chiamato a ricoprire un incarico, e lo stesso Zavoli non farebbe eccezione. La verità è che Villari può piacere o meno, ma è l’unica variabile impazzita in un copione sul quale tutti, incluso il Partito democratico, hanno già messo la firma: quello di una legislatura destinata ad arrivare senza grossi scossoni a scadenza naturale. Perché il Partito democratico ha bisogno di tempo per risolvere la sua crisi d’identità, scegliere con chi allearsi, probabilmente darsi un nuovo leader e tornare a rendersi presentabile dinanzi agli elettori; nel frattempo, confida nella cottura a fuoco lento dell’avversario, alle prese con la difficilissima gestione della crisi economica. Berlusconi, invece, intende proseguire con la melina vista nell’ultimo anno, costruirsi con calma un PdL a sua immagine e somiglianza, aspettare che passi ‘a nuttata dell’economia mondiale e vincere le prossime elezioni per puntare poi al Quirinale.
Per portare avanti questo copione c’è bisogno di addormentare gli elettori per qualche anno e far sì che sul fronte Rai non accada nulla che non sia stato già deciso dai partiti e dal governo. Zavoli, da questo punto di vista, è una garanzia assoluta per tutti. Non a caso è la soluzione più gradita a Berlusconi, che appena il Pd gli ha proposto l’anziano ex presidente della Rai ha subito accettato (e gli antiberlusconiani di professione, invece di insultare Villari, farebbero bene a chiedersi perché il presidente del consiglio e proprietario di Mediaset tenga tanto a mettere Zavoli in quella posizione). Villari, che sa di avere tra le mani l’occasione della vita e intende giocarsela sino in fondo, non dà invece nessuna garanzia a nessuno. Specie ora che è stato cacciato dal Pd, nelle cui liste era stato eletto, ed abbandonato dal Popolo della libertà, che dopo averlo usato ha deciso di sbarazzarsi di lui. E più Villari si intestardisce nelle sue posizioni, più mette paura a chi vorrebbe normalizzare la commissione di vigilanza e, non riuscendoci, ha deciso di non farla funzionare, boicottandone i lavori.
Guarda caso, l’epurazione di Villari è l’unica cosa sulla quale in Parlamento sono tutti d’accordo, da Veltroni a Berlusconi, passando per Umberto Bossi e Pier Ferdinando Casini. Con l’unica eccezione dei radicali di Marco Pannella, che ne sbaglieranno tante, ma quando si tratta di schierarsi a difesa dell’interpretazione più rigorosa della legge danno ancora ripetizioni a tutti. È grazie alla loro denuncia e alla battaglia che sta facendo uno di loro, il componente della commissione di vigilanza Marco Beltrandi, che la procura di Roma ha aperto un’indagine sul blocco dell’attività della commissione, deciso da PdL, Pd e Lega. Per carità, non ne uscirà fuori niente, ma è bene che chi ha deciso di paralizzare la vigilanza sappia di avere gli occhi addosso.
Il vero nodo della questione, però, non è giudiziario, ma politico: a chi conviene che la commissione di vigilanza Rai non funzioni? La risposta, a oggi, è molto semplice: al governo, alla maggioranza e all’opposizione.
© Libero. Pubblicato il 18 gennaio 2009.