Giuliano Amato, i terroristi e lo pterodattilo

di Fausto Carioti

L'importante, prima di tutto, è capire bene con chi abbiamo a che fare. Nel marzo del 1993 Giuliano Amato, reduce dalla guida di un governo caduto sotto i colpi dagli avvisi di garanzia, pronunciò queste esatte parole: «Mi ritiro dalla politica. Non farò come certi che vorrebbero essere protagonisti del vecchio, del nuovo e del nuovissimo. Per cambiare dobbiamo trovare nuovi politici. Solo i mandarini vogliono restare sempre e io sono in Parlamento ormai da dieci anni». Quattordici anni dopo, Amato ha un seggio in Parlamento, dove è stato eletto nelle liste dell'Ulivo. Così l'ex giurista di fiducia di Bettino Craxi, che sempre perché non voleva fare il mandarino è anche ministro dell'Interno, ieri ha potuto regalare agli italiani un altro di quei ragionamenti che gli sono valsi il soprannome di "dottor Sottile". Ha detto, Amato, che gli sconvolgimenti climatici «possono fare più vittime del terrorismo». Ha aggiunto che per un politico dire certe cose «è un'eresia», ma lui, evidentemente, non ha paura di andare controcorrente (il coraggio del personaggio, in effetti, è ritenuto all'altezza della sua credibilità).

Amato parlava a un convegno sui mutamenti climatici e commentava un sondaggio dal quale emerge che la popolazione italiana e inglese tra i 18 e i 35 anni è più preoccupata per gli sconvolgimenti ambientali che per la minaccia terroristica. Dubitare è lecito: certi sondaggi sono fatti apposta per puntellare le tesi su cui si basa il convegno di turno. Andate a un meeting di dermatologia e vi mostreranno un grafico secondo il quale l'80% della popolazione teme più i brufoli dei proclami di Bin Laden. Chi però vuole prendere sul serio i risultati della rilevazione, come ha fatto Amato, ha buoni motivi per preoccuparsi, specie se di mestiere fa il ministro dell'Interno. Il fatto che la meglio gioventù italo-britannica veda come pericolo principale l'innalzamento della temperatura, piuttosto che un nemico il quale ogni settimana appare in video per giurare di sterminarci tutti, e si è già portato avanti col lavoro uccidendo migliaia di innocenti in posti come New York, Washington, Bali, Casablanca, Istanbul, Madrid, Beslan, Giakarta, Londra e Sharm el Sheikh, conferma nel modo più drammatico l'involuzione dell'Homo Occidentalis. Copiati e incollati a ripetizione sui titoli dei giornali e nei servizi televisivi, i luoghi comuni degli ecocatastrofisti, anche se privi di validità scientifica, hanno rimbambito le nuove generazioni al punto da fargli mettere in secondo piano pericoli letali e concreti come le bombe sui bus e nelle metropolitane. Un responsabile della sicurezza nazionale degno di questo nome avrebbe avuto ottimi argomenti per ricordare ai giovani quali sono i veri rischi che si trovano davanti. Amato no, lui ha preferito controfirmare la bischerata: ne uccide più l'effetto serra della jihad.

Per questo, ha attaccato il ministro, bisogna democraticamente «imporre all'ordine del giorno di governi e cittadini la questione ambientale», perché «se il riscaldamento del pianeta sia colpa dell'uomo o meno cambia poco». E invece cambia tutto. Il problema è proprio lì. Se esiste davvero una tendenza costante al riscaldamento terrestre, e se essa è dovuta all'azione dell'uomo - cioè al capitalismo con le sue industrie - e se riteniamo che l'innalzamento della colonnina di mercurio sia una iattura (che gli svantaggi di un moderato riscaldamento superino i vantaggi è tutto da dimostrare), allora ha senso sedersi attorno a un tavolo per discutere se dare un colpo di freno al progresso industriale. Ma se l'attività umana ha sul pianeta lo stesso effetto che ha una pulce sul pelo di un cane, allora bloccare il progresso, come chiedono buona parte delle sinistre occidentali e i loro scienziati improvvisati, sarebbe un suicidio.

Perché dare retta alle smanie di Alfonso Pecoraro Scanio ha un prezzo alto. Il trattato di Kyoto, che impone di tagliare le emissioni dei "gas serra" del 5% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2012, costerà solo alle imprese, secondo le stime di Confindustria, 500 milioni di euro l'anno. Per l'intera economia italiana, ha calcolato Global Insight, prestigioso centro studi americano, il costo annuale sarà di 27 miliardi di euro.

Eppure i dati storici certificano che il clima cambia - e di molto - senza alcun intervento da parte dell'uomo e delle sue industrie, ma a causa dell'attività del sole e dei vulcani. Tra il 1100 e il 1300 - ad esempio - le temperature furono ben maggiori di quelle odierne. Seguirono, dal 1400 al 1700, tre secoli di temperature assai inferiori a quelle attuali. Milioni di anni prima, i dinosauri si erano estinti senza che ci fossero ciminiere e fuoristrada. Se l'ultimo pterodattilo fosse morto ieri, oggi Amato e Pecoraro Scanio darebbero la colpa al buco nell'ozono.

Chi invece non si estingue mai, qualunque sia l'andamento della temperatura, sono proprio quei politici che puntellano in ogni modo le loro teorie allarmistiche, per quanto falsificate, per mungere sempre più soldi ai contribuenti. E Amato è la migliore dimostrazione di come certe specie riescano a sopravvivere senza problemi a ogni stravolgimento del clima politico.

© Libero. Pubblicato il 15 settembre 2007.

Da questo stesso blog, sul rapporto tra clima e azione dell'uomo:
Alla cortese attenzione del min. Pecoraro Scanio (e dei suoi addetti stampa)
Cambiamenti climatici e l’inganno del protocollo di Kyoto - 1a parte
Cambiamenti climatici e l’inganno del protocollo di Kyoto - 2a parte
Cambiamenti climatici e l’inganno del protocollo di Kyoto - Conclusioni
Negazionismo ambientalista
Il protocollo di Kyoto fa bene a chi non lo firma

Su Alfonso Pecoraro Scanio:
Al cabaret dell'Unione

Su Giuliano Amato:
Il topolino che voleva essere Rudolph Giuliani
Un ministro, tre scimmiette

Post popolari in questo blog

L'articolo del compagno Giorgio Napolitano contro Aleksandr Solzhenitsyn

La bottiglia ricavata dal mais, ovvero quello che avremmo potuto essere