La Cdl non voti la missione di aiuto a Hezbollah

di Fausto Carioti

Bill Clinton che elogia la castità e il governo libanese che garantisce il disarmo dei terroristi di Hezbollah sono le due barzellette della settimana. La prima fa ridere un po’ meno, ma a differenza della seconda non minaccia di farci piangere subito dopo: non ci costa 150 milioni di euro e non mette in gioco la vita di 2.500 nostri soldati. Eppure oggi i parlamentari italiani sono chiamati a dare il primo voto sulla nuova missione Onu, fingendo - quando ci sono le dichiarazioni dei ministri libanesi che dicono il contrario - che a disarmare i terroristi ci penserà il governo di Beirut. Ora, niente di strano che l’esecutivo di Prodi mostri di credere alla favola: a sinistra pretendono una missione che non procuri fastidi a Hezbollah, e molti ritengono questa l’occasione buona per punire Israele delle mille colpe che gli attribuiscono. Quello che non si capisce, però, è perché debba crederci e votare “sì”, assieme agli amici dei terroristi, anche la Cdl.

La prima cosa da fare per riportare la pace al confine tra Libano e Israele dovrebbe essere lo smantellamento di chi vive solo per distruggere il suo vicino, cioè di Hezbollah. Nell’atto costitutivo del partito-milizia sciita si legge che il suo scopo è la «completa distruzione» di Israele. Hezbollah è stata etichettata come organizzazione terroristica persino dal timido parlamento europeo. Ha ucciso centinaia di civili israeliani. Il conflitto di questa estate è stato scatenato dall’ennesimo atto di guerra dei suoi miliziani, che dopo il consueto lancio di razzi katiuscia contro abitazioni civili hanno ucciso otto soldati di Tel Aviv in territorio israeliano e ne hanno rapiti altri due. Il tutto, come sempre, con il tacito assenso del governo libanese.

La stessa risoluzione del consiglio di sicurezza dell’Onu che autorizza l’invio delle truppe in Libano, pur nel solito linguaggio pilatesco, dice che i caschi blu dovranno «assistere le forze armate libanesi» nel loro obiettivo di conseguire «il disarmo di tutti i gruppi armati». Non solo: il contingente internazionale dovrà anche «proteggere i civili sotto minaccia imminente di violenza fisica», cioè svolgere compiti di polizia.

Ma simili documenti sono scritti in modo tartufesco proprio per essere interpretati ad arte, e il governo sinora ha scelto di “leggere” la risoluzione nel modo peggiore per Israele, ignorando il paragrafo che prevede il disarmo delle milizie armate. A privare Hezbollah del suo arsenale, è la risposta dei ministri italiani, penserà il governo libanese. A Beirut, però, non ci pensano nemmeno: il ministro della Difesa, Elias Murr, ha detto che «l’esercito non si recherà al Sud per togliere a Hezbollah le sue armi e fare il lavoro che Israele non ha compiuto», mentre il presidente Emile Lahoud ha definito addirittura «vergognoso chiedere il disarmo di Hezbollah quando il sangue dei martiri è ancora caldo». Del resto, Hezbollah fa parte del governo libanese, e nel momento in cui esce politicamente vincente dal confronto militare con Israele non ha certo intenzione di pensionarsi.

Dunque, fosse per il mandato che il governo intende dare ai nostri soldati, i terroristi libanesi potrebbero andare in giro sui carri armati, indisturbati. Piuttosto che di loro, è l’idea che gira a sinistra, la missione Onu potrebbe occuparsi di Israele, stabilendosi nella striscia di Gaza per aiutare i palestinesi. Non vi è nessuna ragione militare perché ciò debba essere fatto, poiché Israele - con decisione unilaterale - ha abbandonato Gaza nel settembre 2005. Vi sono però forti ragioni politiche: un contingente internazionale piazzato lì sarebbe uno strumento di pressione costante nei confronti di Tel Aviv.

Dinanzi a una missione che appare sempre più costruita per garantire i terroristi e tenere sotto scacco l’unico alleato di cui disponga l’occidente nell’area mediorientale, la Cdl avrebbe ottimi motivi per votare “no”. Per ora ha scelto l’atteggiamento più gradito alla sinistra, quello collaborativo. «Siamo favorevoli alla partecipazione dei militari italiani», ma a patto che la missione porti «al disarmo delle milizie terroriste» e che i soldati abbiano «obiettivi politicamente chiari e regole d’ingaggio precise», spiegava ieri Silvio Berlusconi. I pochi parlamentari della Cdl presenti oggi in commissione voteranno “sì” alla mozione di indirizzo. Il voto definitivo sul decreto che accompagnerà la missione, però, sarà assai più importante. Faranno bene i leader del centrodestra a farsi dare da Romano Prodi tutte le assicurazioni che non sarà una missione di cooperazione con i terroristi. Se Prodi, per non scontentare Oliviero Diliberto e gli altri amici di Hezbollah che lo tengono al governo, non darà simili garanzie, la Cdl farà bene a votare “no”. Se c’è una volta, una in una legislatura, in cui non bisogna passare per fessi, è proprio questa.

© Libero. Pubblicato il 18 agosto 2006.

Addendum. Qualcosa di molto simile, a sinistra, è apparso oggi su Europa, il quotidiano della Margherita, a firma del direttore Stefano Menichini. Nell'editoriale, intitolato "Se la vedete così, questa missione non fa per noi", Menichini scrive: «Non possiamo però nasconderci che in questa vicenda le perplessità maggiori le suscita la sinistra dell’Unione, o meglio alcune sue componenti che non sembrano proprio minoritarie. Da quelle parti, in questi giorni, si nota un’improvvisa e inedita passione per le missioni militari, che si spiega solo con la scommessa che l’Italia vada in Libano per rendere finalmente evidente la sua opzione filo-araba e soprattutto anti-israeliana».

Update. Qui, sul sito dell'Ansa, il resoconto della votazione di oggi, e qui la posizione di Gianfranco Fini.

Lettura consigliata sull'argomento: "No Resolution at all", di Bruce Thornton.

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