Intervista a Luciano Moggi

di Fausto Carioti
Napoli - Un anno fa, di questi tempi, Luciano Moggi, assieme a Giraudo, Bettega e Capello disegnava quella Juventus che, di lì a poco, si sarebbe sbranata il campionato. Trecentosessacinque giorni dopo è cambiato tutto. La Norimberga del pallone, il processo a quel “sistema” che qualcuno ha voluto ribattezzare Moggiopoli, ha condannato la Juventus a “restituire” gli ultimi due scudetti vinti, retrocedendola in serie B con penalizzazione di 17 punti. Tranne pochissime eccezioni, i campioni bianconeri stanno facendo a gara a chi scappa prima verso lidi più prestigiosi. La giustizia sportiva ha decretato che Moggi dovrà stare per cinque anni lontano dal mondo del calcio. Lui, Lucianone, sentimentale com’è, in questa estate così diversa da tutte quelle che l’hanno preceduta cerca rifugio nei luoghi cari. Fa base a Follonica, nel grossetano, dove è protetto dai congiunti più stretti e passa le giornate a marcare stretto la nipotina. Oggi è a Napoli, dove i tassisti ancora si commuovono al ricordo di "quella" squadra. Seduto in terrazzo, il deposto rais del calcio italiano fuma il sigaro. Davanti ci stanno 'o sole e 'o mare.
Mezzo secolo tra Juventus, Lazio, Torino, Roma e ancora Juventus. Quanto hanno vinto le sue squadre?
«E chi se lo ricorda. Le Coppe Italia saranno quattro o cinque. Gli scudetti sette, almeno mi pare. Poi coppe intercontinentali, supercoppa italiana, coppa Uefa, coppa dei Campioni…».
E dopo aver vinto più o meno tutto quello che c'era da vincere ora si trova tagliato fuori dal mondo del calcio. Come si sente?
«Mi sento bene. Anche perché sono forte della convinzione che è stata fatta una cosa che ha senso solo per chi l'ha voluta, ma non ha senso per la logica. Quando si sa che le cose fatte non costituiscono illeciti si ha la coscienza tranquilla e si può andare avanti a combattere».
E lei fin quando combatterà?
«Fino all'estremo. Prima ci saranno la camera di conciliazione e il Tar. Ma io sono pronto ad arrivare fino alla Corte europea».
Ha trovato una spiegazione a quello che è successo?
«La spiegazione è facile. Dava fastidio la Juventus e davano fastidio Moggi e Giraudo. Per cui bisognava trovare il modo di farli fuori».
Se è così, missione riuscita.
«Devo dire che sono stati abili a fare il loro raid. Ma la loro è solo una vittoria momentanea. Alla luce di quello che è emerso in questi due processi proprio non ci sono gli elementi per dire che sia successo qualcosa di particolare».
Niente di particolare? Lei è stato inibito per cinque anni e a Giraudo non è andata meglio.
«Quelli che avevano associato a noi sono stati tutti assolti. Quindi la "cupola" l'avremmo fatta io e Giraudo. In due. Fa ridere: più che una cupola, un campanile: lui tirava la fune e io stavo al batacchio».
E chi avrebbe compiuto questo raid? Chi ci sarebbe stato dietro questo piano per farvi fuori?
«Non lo so».
Se lo sarà pure chiesto.
«Certo, ma ancora non ho trovato risposta. Siccome sono uno che ha fede, vado avanti per scoprire la verità. E sicuramente ci riuscirò».
Prima della sentenza lei aveva avuto parole di elogio per Guido Rossi, che si era battuto per trattenere Marcello Lippi alla guida della nazionale. A sentenza avvenuta, conferma il suo giudizio positivo su Rossi?
«Su come si è comportato con Lippi il mio giudizio è positivo, perché se ne è fregato di quello che dicevano tutti e lo ha confermato alla guida della nazionale. Se però Rossi adotta in tutte le cose questo modo di fare, se insiste a fregarsene di tutto e tutti, a fare di testa sua e ad andare avanti come meglio crede, il mio non è più un giudizio positivo».
E che giudizio è?
«Il giudizio su una persona che non conoscendo il calcio va avanti a ruota libera senza tenere conto di quello che è il calcio concretamente».
Come giudica il risultato complessivo del processo d'appello?
«Al momento sono contento perché alcune squadre sono rimaste in serie A, ma mi spiace per quello che è successo alla Juve, che senza colpe è andata in B. Perché le colpe bisogna dimostrarle, non ci si può basare su teoremi».
Tra i tifosi juventini c'è chi le colpe le addossa a lei e Giraudo.
«Non direi. Non ne ho ancora trovato uno».
Vorrà dire che quei pochi sono quelli che fanno vedere in televisione.
«Probabilmente. Tutti sono d'accordo nel dire che la Juventus ha fatto un ciclo di vittorie impressionante, tutti ricordano questi dodici anni. La finale dei mondiali a Berlino, tra la Juventus francese e quella italiana, dimostra che questa squadra non aveva bisogno di essere aiutata, ma di essere difesa».
Difesa contro chi?
«Il primo ostacolo che era venuto fuori è uno che è stato assolto ed era presidente della federazione».
Lei si sente sempre juventino?
«Dalla testa ai piedi. Anzi, ora più che mai».
Come la vede la Juve in serie B a partire da -17?
«Penso che avrà comunque la forza di vincere il campionato. Ma questo non vuol dire che debba rimanere in questa posizione. Se la Juve si difenderà, se avrà modo di dimostrare a tutti che non è colpevole e se a me e a Giraudo sarà dato modo di difenderci in tutte le sedi, penso che la posizione della Juve possa migliorare di molto».
Ma se è stato lo stesso legale dei bianconeri, Cesare Zaccone, a proporre la retrocessione in B con penalizzazione…
«Mi ha lasciato perplesso quando lo ha fatto. Probabilmente si trovava dinanzi a una domanda imprevista e improvvisa. Dopo, sia lui che la dirigenza hanno mostrato di voler andare in A».
Cosa prova a vedere trasformata la "sua" Juventus in un supermercato?
«Quando si fa una squadra come quella, capace di dominare su tutti i campi, e poi si assiste alla partenza di giocatori importantissimi, come Cannavaro ed Emerson, il sentimento che prevale è la tristezza».
Fa bene la nuova dirigenza a lasciarli andare?
«Hanno ritenuto opportuno sgravarsi degli stipendi di alcuni giocatori, perché in serie B avrebbero avuto un carico di gestione enorme».
Da juventino come ha vissuto l'addio di Fabio Capello?
«Eh... Certo, speravo che Capello restasse anche in serie B. Ma ha avuto un'occasione importantissima. Capisco anche lui».
Al suo posto è arrivato Didier Deschamps. Lei lo conosce bene.
«Deschamps è un amico. Sono convinto che saprà sostituire Capello nel migliore dei modi. Gli faccio i migliori auguri. Come li faccio ad Alessio Secco, nuovo direttore sportivo, e ai tifosi».
Ha avuto modo di parlare con il nuovo presidente della Juventus, Giovanni Cobolli Gigli?
«Una volta sola. Ma non abbiamo potuto dirci molto, perché erano momenti in cui eravamo impegnati più a difenderci che a fare altro».
Come sono i rapporti con l'attuale dirigenza bianconera?
«Senza dubbio buoni. Anche perché l'operato nostro ha dato lustro alla Juventus. È chiaro che quello che è successo è dispiaciuto a noi e ai nuovi dirigenti. Ora faremo il possibile per mostrare la nostra innocenza».
Ha ragione il suo amico Giraudo quando dice che tra gli imputati del processo mancavano alcune grandi squadre, come la Roma dei Rolex agli arbitri e l'Inter?
«La Roma non lo so. L'Inter di sicuro, perché ha patteggiato per un passaporto falso, dimostrando l'indebita utilizzazione di un giocatore. Più lampante di così. Però c'è un caso strano».
Quale?
«Ho domandato a Candido Cannavò, referente principale di Moratti e di Rossi e titolare di una rubrica sulla Gazzetta, dove la vicenda di cui stiamo parlando è stata ribattezzata "Moggiopoli", se mi poteva dare risposte ad alcune domande precise sull'Inter. Primo: cosa significa patteggiare un passaporto falso. Secondo: che diferrenza c'è tra le cene con i designatori arbitrali che faceva Facchetti e le cene nostre. Terzo: che differenza c'è tra il parlare con i designatori come ha fatto Facchetti e come abbiamo fatto noi. Poi gli ho chiesto conto delle deposizioni di Gazzoni Frascara, in cui l'ex presidente del Bologna diceva che una fidejussione l'aveva emessa Facchetti. Attendo ancora le risposte di Cannavò».
Basta che non si metta pure lei a querelare i giornalisti.
«No, io non querelo nessuno. Per adesso».
A proposito: lei è stato querelato da Moratti e Facchetti per quello che ha detto dell'Inter.
«A me non ha querelato nessuno. Non vedo quali motivi avrebbero per farlo. Non penso che possano querelarmi per aver ripetuto una cosa che ha detto Gazzoni Frascara. Per il resto, mi sono limitato a fare delle domande».
Alla fine, l'Inter ne esce con uno scudetto. Moratti dice che se lo sono meritato.
«Dopo tanti anni di collaborazione con Juventus e Milan, cui hanno fatto vincere tanti scudetti cedendo giocatori del calibro di Pirlo, Seedorf e Cannavaro, e vendendo al Real Madrid uno come Roberto Carlos, mi sembra bello che riescano a vincere uno scudetto pure loro».
Moratti ha detto che le sue sono parole di un uomo disperato.
«Vorrei assicurarlo che non sono affatto disperato e che sto benissimo. Ora sono in un momento di incazzatura, che porterà poi a qualcosa di positivo. Sto pensando a molte cose».
Del tipo?
«In un momento come questo, in cui è esploso in maniera indegna il fenomeno delle intercettazioni, le dichiarazioni fatte mesi fa da Mancini mi hanno lasciato molto perplesso».
Mancini disse che lei avrebbe dovuto rispondere di ciò faceva "in altra sede".
«E in quello stesso periodo Facchetti disse ai giocatori interisti di non preoccuparsi perché sarebbero potute succedere cose importanti e impreviste, che avrebbero dato soddisfazioni alla squadra. Lì per lì non ci feci mente locale».
Ora sì.
«Diciamo che, visto ciò che è successo, qualche perplessità, qualche piccolo dubbio ora ce l'ho. E non sono certo il solo ad averlo».
Si riferisce al ruolo della Telecom di Tronchetti Provera nelle intercettazioni?
«Io non mi riferisco a niente. Ho solo dei dubbi, delle supposizioni».
Quando è stata l'ultima volta che Moratti ha provato a portarla all'Inter?
«Io ho un contratto con l'Inter. Lo tengo in cassaforte. Ce l'ha anche Moratti quel contratto. Non più tardi di un paio di anni fa mi disse che quando volevo era fatta».
L'avrebbe ricoperta d'oro. Le sta antipatico Moratti?
«No. Anzi, è persona simpatica, che in tutto quello che è successo è forse il meno colpevole. È un supertifoso, ha fatto molti sacrifici per l’Inter. Stavo quasi per accettare. Però, considerando che stavo bene dove ero, ho lasciato cadere la cosa, ringraziando Moratti del pensiero».
Lei ha detto che quella che ha vinto i mondiali è stata la Juventus-Italia. Forse si aspettava un posto sul pullman dei vincitori in quella notte romana…
«No. Quando vinciamo il campionato e sfila il pullman per Torino io non ci sono mai. È giusto che la soddisfazione sia di chi è sceso in campo. Certo, non mi sarei mai immaginato di trovare sul carro dei vincitori gente che non sa nemmeno che il pallone è tondo».
Ogni riferimento al ministro Giovanna Melandri è puramente casuale.
«Non ricordo chi c'era. Ricordo solo che c'erano persone che con il calcio non hanno niente a che vedere, ma che hanno colto l'occasione per pavoneggiarsi».
L'addio di Lippi alla Nazionale ha un forte sapore polemico nei confronti di chi lo aveva processato già prima del mondiale a colpi di intercettazioni. Lo stesso Gigi Riva ha avvalorato questa lettura delle dimissioni del Ct. Ha fatto bene Lippi a lasciare?
«Sì, ha fatto bene. A me ha impressionato, dopo la vittoria, vedere tutti quelli che lo volevano mandare via fare a gara per abbracciarlo. Penso che tanti di loro non hanno avuto il coraggio di guardarsi allo specchio, tornando a casa».
Vi parlate spesso lei e Lippi?
«Certo, siamo amici, abbiamo condiviso anni di vittorie».
Amici. Eppure la Gazzetta pubblicò una telefonata in cui lei diceva a Giraudo che Lippi sarebbe durato poco alla guida della nazionale.
«Questa è la conferma di quello che possono fare le intercettazioni quando due persone al telefono scherzano».
Si sente anche al telefono con Cannavaro e gli altri campioni del mondo juventini?
«Sì, parlo spesso con tutti loro».
Tutti vicini a lei.
«Lei che dice? Mi pare che le loro dichiarazioni lo confermino chiaramente».
Chi vince il prossimo campionato?
«Sarebbe il colmo se l'Inter non riuscisse a vincere neppure il prossimo campionato, però ho paura che possa andare davvero così, perché credo che il Milan possa recuperare gli otto punti di svantaggio. Certo, mancherà a tutti la Juventus. Ammesso che poi manchi davvero…».
E lei, cinque anni fuori dal calcio riesce a starci?
«Non voglio neppure pensarci, anche perché ho ricevuto offerte televisive e giornalistiche. Però a chi pensava di aver trovato un personaggio ferito ed emozionato, dico che da adesso avranno davanti un Moggi diverso, che ha voglia di combattere».
In effetti l'abbiamo vista sull'orlo delle lacrime.
«È successa una cosa che nessuno poteva prevedere. Ho accusato il colpo a Bari, quando i giornalisti sono venuti da me a dirmi quello che sarebbe venuto fuori con le intercettazioni di Napoli. Un giornalista della Gazzetta ha poi scritto che era avvenuto un tsunami».
Difficile dargli torto.
«Quello stesso giornalista, a Natale, per prendere il mio regalo si era scomodato a venire sino all'albergo della Juventus. Aveva paura che non glielo dessi».

© Libero. Pubblicato il 30 luglio 2006.

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