Israele e lo strabismo di Amnesty International

Il rapporto di Amnesty International (qui il comunicato) sulle cattiverie di Israele lo abbiamo letto di recente su tutti i giornali (qui Repubblica.it). Vi si sostiene che «Israele ha portato avanti una politica di deliberata distruzione delle infrastrutture civili libanesi, comprendente anche crimini di guerra». L'accusa principale è di avere "interpretato" come bersagli militari quelli che secondo Amnesty International sono obiettivi civili. Tipo strade, ponti e stazioni di rifornimento.

Obiettivi civili? Un blogger un po' più sveglio di altri, che si chiama David Bernstein e incidentalmente insegna alla George Mason University School of Law, su The Volokh Conspiracy si pone una domanda sensata: «The idea that a country at war can't attack the enemy's resupply routes (at least until it has direct evidence that there is a particular military shipment arriving) has nothing to do with human rights or war crimes, and a lot to do with a pacifist attitude that seeks to make war, regardless of the justification for it or the restraint in prosecuting it [at least if it's a Western country doing it], an international "crime." Not to mention that the Beirut airport was only temporarily shut down with minor damage, and is already reopen».

Curiosamente, Hezbollah, che dopo aver avviato la guerra entrando in territorio israeliano, uccidendo otto soldati israeliani e catturandone due (qui il post di Libero Pensiero in proposito), secondo Al Jazeera ha lanciato 3.900 missili verso le città israeliane «con l'obiettivo di infliggere il massimo delle vittime civili», non è accusata da Amnesty International di alcun crimine di guerra. Eppure, a differenza di quelle israeliane, le bombe di Nasrallah arrivavano sulle teste dei civili senza preavviso.

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