Stupri e dna: il Riformista la butta in caciara
di Fausto Carioti
Il Riformista scrive che il sottoscritto è «del cariotipo (sarebbe una battuta, ndr) che - come dicono a Roma - intigna». Cioè è uno che ha la predisposizione genetica a insistere sulle cose. Vero. L’ignoto autore dell’articolo in questione, che salvo prova contraria è il direttore Antonio Polito, in compenso è della categoria che - sempre come dicono a Roma - la butta in caciara. Il commento che mi ha dedicato ieri il quotidiano arancione ha il sapore di una difesa d’ufficio rabberciata alla meno peggio per salvare la faccia. Peccato che ciò avvenga sparando una serie di balle. Tutto iniziò quando, a proposito dello stupro della Caffarella, scrissi che «gli investigatori hanno svolto un esame genetico sperimentale sul cromosoma “Y” degli aggressori. I dati ottenuti confermano che, molto probabilmente, costoro appartengono all’etnia romena». Citazione che il Riformista riporta. Ma è l’unica cosa corretta dell’articolo. Il resto della ricostruzione contiene una discreta serie di cavolate, messe lì, appunto, per “fare caciara”, confondere le acque.
Prima caciara. Secondo la fantasiosa ricostruzione apparsa ieri sul Riformista, Piero Sansonetti, commentando la mia frase sul quotidiano di Polito, mi avrebbe chiesto: «Stai per caso dicendo che i romeni hanno un patrimonio genetico diverso dal nostro, di noi “bianchi”? Perché, se così fosse, sarebbe razzismo». In realtà, col cavolo che le cose sono andate così. Sansonetti non mi ha posto domande incalzanti su ciò che penso (cosa che sarebbe stata civile e gradita). Ha invece inventato di sana pianta e fatto affermazioni definitive, sostenendo che avrei teorizzato l’esistenza di diverse razze umane (falso) e la superiorità dell’una sull’altra (falsissimo). Ha evocato «l’orrore del manifesto della razza». Ha sostenuto che quanto da me scritto «è esattamente la base teorica del razzismo». Mi ha accusato di aver «rivendicato puntigliosamente» il razzismo nel mio articolo. Il titolo dell’editoriale a me dedicato, del resto, parlava chiaro: «È razzismo, c’è la prova del dna». I modi garbati se li sono inventati nell’articolo di ieri. La verità è che avevano fatto un’operazione di bassa macelleria.
Seconda caciara. Qui viene il bello. Cinque giorni dopo l’articolo in cui Sansonetti ha lanciato questa valanga di frottole sul sottoscritto, sul Riformista appare un articolo firmato dalla brava giornalista scientifica Anna Meldolesi. In cui si legge, guarda un po’, che «i test per stimare le origini biogeografiche degli individui esistono davvero». E si basano anche sul «cromosoma Y». Come già scritto da Libero, non danno certezze, ma solo buone probabilità di azzeccarci. Quindi, o questi esami non sono possibili, perché non esistono differenze di dna tra gli individui delle varie etnie. E allora l’articolo di Meldolesi è sbagliato. Oppure sono possibili. E allora ha torto marcio Sansonetti nell’accusare di «razzismo» Libero (che peraltro si limitava a riportare quanto trapelato dal fronte degli investigatori: nei giornali si usa così). Bel busillis: che fare con due articoli apparsi sulle stesse pagine, a distanza di pochi giorni, che dicono l’uno il contrario dell’altro? Libero, che “intigna”, fa notare l’incongruenza. Il Riformista risponde buttandola in caciara. E ieri scrive che «la verità scientifica è un po’ più complessa di una polemica giornalistica». Pensierino profondo, che magari avrebbero potuto consigliare a Sansonetti quando inventava razzisti immaginari. Però, per fortuna, la cosa non è così complicata. Chi ha ragione, Sansonetti o Meldolesi? Coraggio, non occorre scrivere un editoriale. Basta fare un nome.
Terza caciara. La chicca finale. Siccome nel brodino annacquato servito ieri dovevano mettere qualcosa di solido, l’arguto corsivista scrive che il punto, in fondo, non è se sia possibile ricavare l’etnia dello stupratore dal suo dna (ma come: la questione, ci avete detto sino a un momento fa, è tutta lì), bensì il fatto «che il dna su entrambe le donne stuprate» nella capitale «non appartiene a quei due romeni. Che poi, in materia di responsabilità penale, dovrebbe essere l’unica cosa che conta, ai fini della detenzione preventiva». Bravi, benvenuti tra i garantisti. Ma cosa c’entra? Bimbi belli, qui nessuno ha mai emesso sentenze definitive sui due romeni arrestati, né preteso di tenerli in carcere se sono innocenti. Nemmeno se uno di loro ha reso una confessione in piena regola. Persino Sansonetti, bontà sua, ci era arrivato: «Carioti», scriveva, «ha qualche dubbio sulla colpevolezza dei due romeni». Ma il Riformista, dopo essersi dato torto da solo, per provare a trarsi d’impiccio doveva inventarsi qualcosa a tutti i costi, incluso aggrapparsi a una questione che non esiste. Si sono viste difese d’ufficio migliori.
© Libero. Pubblicato il 14 marzo 2009.
Il Riformista scrive che il sottoscritto è «del cariotipo (sarebbe una battuta, ndr) che - come dicono a Roma - intigna». Cioè è uno che ha la predisposizione genetica a insistere sulle cose. Vero. L’ignoto autore dell’articolo in questione, che salvo prova contraria è il direttore Antonio Polito, in compenso è della categoria che - sempre come dicono a Roma - la butta in caciara. Il commento che mi ha dedicato ieri il quotidiano arancione ha il sapore di una difesa d’ufficio rabberciata alla meno peggio per salvare la faccia. Peccato che ciò avvenga sparando una serie di balle. Tutto iniziò quando, a proposito dello stupro della Caffarella, scrissi che «gli investigatori hanno svolto un esame genetico sperimentale sul cromosoma “Y” degli aggressori. I dati ottenuti confermano che, molto probabilmente, costoro appartengono all’etnia romena». Citazione che il Riformista riporta. Ma è l’unica cosa corretta dell’articolo. Il resto della ricostruzione contiene una discreta serie di cavolate, messe lì, appunto, per “fare caciara”, confondere le acque.
Prima caciara. Secondo la fantasiosa ricostruzione apparsa ieri sul Riformista, Piero Sansonetti, commentando la mia frase sul quotidiano di Polito, mi avrebbe chiesto: «Stai per caso dicendo che i romeni hanno un patrimonio genetico diverso dal nostro, di noi “bianchi”? Perché, se così fosse, sarebbe razzismo». In realtà, col cavolo che le cose sono andate così. Sansonetti non mi ha posto domande incalzanti su ciò che penso (cosa che sarebbe stata civile e gradita). Ha invece inventato di sana pianta e fatto affermazioni definitive, sostenendo che avrei teorizzato l’esistenza di diverse razze umane (falso) e la superiorità dell’una sull’altra (falsissimo). Ha evocato «l’orrore del manifesto della razza». Ha sostenuto che quanto da me scritto «è esattamente la base teorica del razzismo». Mi ha accusato di aver «rivendicato puntigliosamente» il razzismo nel mio articolo. Il titolo dell’editoriale a me dedicato, del resto, parlava chiaro: «È razzismo, c’è la prova del dna». I modi garbati se li sono inventati nell’articolo di ieri. La verità è che avevano fatto un’operazione di bassa macelleria.
Seconda caciara. Qui viene il bello. Cinque giorni dopo l’articolo in cui Sansonetti ha lanciato questa valanga di frottole sul sottoscritto, sul Riformista appare un articolo firmato dalla brava giornalista scientifica Anna Meldolesi. In cui si legge, guarda un po’, che «i test per stimare le origini biogeografiche degli individui esistono davvero». E si basano anche sul «cromosoma Y». Come già scritto da Libero, non danno certezze, ma solo buone probabilità di azzeccarci. Quindi, o questi esami non sono possibili, perché non esistono differenze di dna tra gli individui delle varie etnie. E allora l’articolo di Meldolesi è sbagliato. Oppure sono possibili. E allora ha torto marcio Sansonetti nell’accusare di «razzismo» Libero (che peraltro si limitava a riportare quanto trapelato dal fronte degli investigatori: nei giornali si usa così). Bel busillis: che fare con due articoli apparsi sulle stesse pagine, a distanza di pochi giorni, che dicono l’uno il contrario dell’altro? Libero, che “intigna”, fa notare l’incongruenza. Il Riformista risponde buttandola in caciara. E ieri scrive che «la verità scientifica è un po’ più complessa di una polemica giornalistica». Pensierino profondo, che magari avrebbero potuto consigliare a Sansonetti quando inventava razzisti immaginari. Però, per fortuna, la cosa non è così complicata. Chi ha ragione, Sansonetti o Meldolesi? Coraggio, non occorre scrivere un editoriale. Basta fare un nome.
Terza caciara. La chicca finale. Siccome nel brodino annacquato servito ieri dovevano mettere qualcosa di solido, l’arguto corsivista scrive che il punto, in fondo, non è se sia possibile ricavare l’etnia dello stupratore dal suo dna (ma come: la questione, ci avete detto sino a un momento fa, è tutta lì), bensì il fatto «che il dna su entrambe le donne stuprate» nella capitale «non appartiene a quei due romeni. Che poi, in materia di responsabilità penale, dovrebbe essere l’unica cosa che conta, ai fini della detenzione preventiva». Bravi, benvenuti tra i garantisti. Ma cosa c’entra? Bimbi belli, qui nessuno ha mai emesso sentenze definitive sui due romeni arrestati, né preteso di tenerli in carcere se sono innocenti. Nemmeno se uno di loro ha reso una confessione in piena regola. Persino Sansonetti, bontà sua, ci era arrivato: «Carioti», scriveva, «ha qualche dubbio sulla colpevolezza dei due romeni». Ma il Riformista, dopo essersi dato torto da solo, per provare a trarsi d’impiccio doveva inventarsi qualcosa a tutti i costi, incluso aggrapparsi a una questione che non esiste. Si sono viste difese d’ufficio migliori.
© Libero. Pubblicato il 14 marzo 2009.