Nel Casino delle Libertà
di Fausto Carioti
Almeno adesso non diranno più che il PdL è un partito finto, di mediocri schiaccia-bottoni, prima "nominati" in Parlamento da Silvio Berlusconi e poi da lui telecomandati. Resta da capire se il Casino delle libertà visto ieri alla Camera sia preferibile o meno a un partito irreggimentato. Un centinaio di parlamentari del PdL di diversa estrazione, inclusi personaggi noti come Antonio Martino, Mario Landolfi, Gaetano Pecorella, Fiamma Nirenstein e Gabriella Carlucci, hanno firmato una lettera in cui chiedono a Berlusconi di non mettere la fiducia sul disegno di legge per la sicurezza e di cambiare alcune norme del provvedimento, giudicate «inaccettabili». L’introduzione nel codice penale del reato di clandestinità, in particolare, imporrebbe a medici e insegnanti l’obbligo di denuncia dei clandestini. «Un regresso spaventoso in fatto di civiltà del nostro Paese», sostengono i firmatari. Insomma, se non è la prima rivolta all’interno del PdL, poco ci manca.
Nel mirino dei “ribelli”, va da sé, non c’è la leadership di Berlusconi. Ma «lo strapotere di Bossi e dei suoi» in materia di sicurezza, come spiegano i primi ad aver sottoscritto il documento, convinti che «argomenti così importanti e delicati non possono essere appaltati ai leghisti», ideatori delle norme messe sotto accusa. Resta il fatto che a farne le spese è comunque l’immagine del presidente del Consiglio, garante dell’alleanza con la Lega e chiamato a scegliere, adesso, tra una parte del suo partito e l’alleato che gli è indispensabile per le prossime elezioni amministrative. L’ultima cosa che avrebbe voluto Berlusconi, insomma.
A rendere la posizione del premier ancora più scomoda c’è il fatto che il pronunciamento di ieri arrivi sulla scia delle dichiarazioni del suo “rivale” Gianfranco Fini. Il quale poche sere fa, a Porta a Porta, aveva puntato l’indice proprio sulla norma che, secondo lui, «obbliga il medico a denunciare i clandestini». Così si è capito che una parte importante dei deputati di Forza Italia, almeno in questo, la pensa come il leader di Alleanza nazionale. E per Berlusconi non può essere una buona notizia.
I pompieri Fabrizio Cicchitto e Italo Bocchino, cioè il capogruppo del PdL alla Camera e il suo vice, hanno subito bocciato la lettera siglata da tanti loro colleghi di partito come «un’iniziativa propagandistica che lascia il tempo che trova», prendendo in modo ufficiale le distanze dal documento. Alcuni dei firmatari hanno fatto marcia indietro. Lo stesso Fini, quando ha capito di essere in cima alla lista dei possibili mandanti dell’operazione, ha fatto sapere di essere «perplesso» solo sulla norma che riguarda i medici, «non sull’intero pacchetto sicurezza». Questo ha evitato che si creasse una spaccatura con la Lega, ma non ha fatto piazza pulita dei sospetti. Né di quelli del Carroccio verso gli alleati del PdL, né di quelli di tanti berlusconiani doc nei confronti del presidente della Camera.
All’origine della grande baraonda c’è comunque Alessandra Mussolini, prima firmataria della lettera e motore della raccolta di adesioni tra i parlamentari. A lei, che assicura di avere informato con largo anticipo Fini delle sue mosse, va riconosciuta una certa abilità nel modo con cui ha messo in atto il suo blitz, al quale lavorava da giorni. Da tempo le voci di Montecitorio raccontano di una nipote del duce insoddisfatta dell’incarico che le è stato affidato - la presidenza della commissione Infanzia - e convinta di poter lavorare più e meglio di quanto stiano facendo le ministre scelte da Berlusconi. E ieri Cicchitto l’ha accusata di aver sollevato, per smania di protagonismo, un polverone inutile. Anzi, controproducente, poiché di mettere la fiducia sul testo non si era mai parlato e le norme contestate nella lettera stavano già per essere cambiate. «Il reato di immigrazione clandestina resta e su questo non ci piove», spiega a Libero il capogruppo del PdL. «Ma su tutto il resto era già in corso una riflessione per trovare una soluzione ottimale al problema posto dai medici. L’iniziativa della Mussolini è arrivata nel mezzo di un lavoro che da giorni si stava svolgendo nel chiuso della commissione». Di sicuro c’è che la Lega, dopo quanto avvenuto ieri, a cambiare le norme contestate non ci pensa proprio, poiché adesso si trova quasi obbligata a farne una bandiera.
Ma l’elenco dei firmatari della lettera è lungo ed eterogeneo, e comprende laici come Benedetto Della Vedova ed esponenti di Alleanza cattolica come Alessandro Pagano, finiani a 24 carati come Flavia Perina e fedelissimi del Cavaliere come Mariella Bocciardo (prima moglie di Paolo Berlusconi). In simili casi è possibile che scelte etiche, rancori politici e amarezze personali convivano anche all’interno delle singole persone. Quello di Pecorella, che Berlusconi non è riuscito a far diventare giudice della Corte Costituzionale e che ieri ha chiesto al premier di lasciare i parlamentari liberi di votare secondo coscienza, è il nome più facile da fare, e non è affatto detto che sia l’unico.
© Libero. Pubblicato il 19 marzo 2009.
Almeno adesso non diranno più che il PdL è un partito finto, di mediocri schiaccia-bottoni, prima "nominati" in Parlamento da Silvio Berlusconi e poi da lui telecomandati. Resta da capire se il Casino delle libertà visto ieri alla Camera sia preferibile o meno a un partito irreggimentato. Un centinaio di parlamentari del PdL di diversa estrazione, inclusi personaggi noti come Antonio Martino, Mario Landolfi, Gaetano Pecorella, Fiamma Nirenstein e Gabriella Carlucci, hanno firmato una lettera in cui chiedono a Berlusconi di non mettere la fiducia sul disegno di legge per la sicurezza e di cambiare alcune norme del provvedimento, giudicate «inaccettabili». L’introduzione nel codice penale del reato di clandestinità, in particolare, imporrebbe a medici e insegnanti l’obbligo di denuncia dei clandestini. «Un regresso spaventoso in fatto di civiltà del nostro Paese», sostengono i firmatari. Insomma, se non è la prima rivolta all’interno del PdL, poco ci manca.
Nel mirino dei “ribelli”, va da sé, non c’è la leadership di Berlusconi. Ma «lo strapotere di Bossi e dei suoi» in materia di sicurezza, come spiegano i primi ad aver sottoscritto il documento, convinti che «argomenti così importanti e delicati non possono essere appaltati ai leghisti», ideatori delle norme messe sotto accusa. Resta il fatto che a farne le spese è comunque l’immagine del presidente del Consiglio, garante dell’alleanza con la Lega e chiamato a scegliere, adesso, tra una parte del suo partito e l’alleato che gli è indispensabile per le prossime elezioni amministrative. L’ultima cosa che avrebbe voluto Berlusconi, insomma.
A rendere la posizione del premier ancora più scomoda c’è il fatto che il pronunciamento di ieri arrivi sulla scia delle dichiarazioni del suo “rivale” Gianfranco Fini. Il quale poche sere fa, a Porta a Porta, aveva puntato l’indice proprio sulla norma che, secondo lui, «obbliga il medico a denunciare i clandestini». Così si è capito che una parte importante dei deputati di Forza Italia, almeno in questo, la pensa come il leader di Alleanza nazionale. E per Berlusconi non può essere una buona notizia.
I pompieri Fabrizio Cicchitto e Italo Bocchino, cioè il capogruppo del PdL alla Camera e il suo vice, hanno subito bocciato la lettera siglata da tanti loro colleghi di partito come «un’iniziativa propagandistica che lascia il tempo che trova», prendendo in modo ufficiale le distanze dal documento. Alcuni dei firmatari hanno fatto marcia indietro. Lo stesso Fini, quando ha capito di essere in cima alla lista dei possibili mandanti dell’operazione, ha fatto sapere di essere «perplesso» solo sulla norma che riguarda i medici, «non sull’intero pacchetto sicurezza». Questo ha evitato che si creasse una spaccatura con la Lega, ma non ha fatto piazza pulita dei sospetti. Né di quelli del Carroccio verso gli alleati del PdL, né di quelli di tanti berlusconiani doc nei confronti del presidente della Camera.
All’origine della grande baraonda c’è comunque Alessandra Mussolini, prima firmataria della lettera e motore della raccolta di adesioni tra i parlamentari. A lei, che assicura di avere informato con largo anticipo Fini delle sue mosse, va riconosciuta una certa abilità nel modo con cui ha messo in atto il suo blitz, al quale lavorava da giorni. Da tempo le voci di Montecitorio raccontano di una nipote del duce insoddisfatta dell’incarico che le è stato affidato - la presidenza della commissione Infanzia - e convinta di poter lavorare più e meglio di quanto stiano facendo le ministre scelte da Berlusconi. E ieri Cicchitto l’ha accusata di aver sollevato, per smania di protagonismo, un polverone inutile. Anzi, controproducente, poiché di mettere la fiducia sul testo non si era mai parlato e le norme contestate nella lettera stavano già per essere cambiate. «Il reato di immigrazione clandestina resta e su questo non ci piove», spiega a Libero il capogruppo del PdL. «Ma su tutto il resto era già in corso una riflessione per trovare una soluzione ottimale al problema posto dai medici. L’iniziativa della Mussolini è arrivata nel mezzo di un lavoro che da giorni si stava svolgendo nel chiuso della commissione». Di sicuro c’è che la Lega, dopo quanto avvenuto ieri, a cambiare le norme contestate non ci pensa proprio, poiché adesso si trova quasi obbligata a farne una bandiera.
Ma l’elenco dei firmatari della lettera è lungo ed eterogeneo, e comprende laici come Benedetto Della Vedova ed esponenti di Alleanza cattolica come Alessandro Pagano, finiani a 24 carati come Flavia Perina e fedelissimi del Cavaliere come Mariella Bocciardo (prima moglie di Paolo Berlusconi). In simili casi è possibile che scelte etiche, rancori politici e amarezze personali convivano anche all’interno delle singole persone. Quello di Pecorella, che Berlusconi non è riuscito a far diventare giudice della Corte Costituzionale e che ieri ha chiesto al premier di lasciare i parlamentari liberi di votare secondo coscienza, è il nome più facile da fare, e non è affatto detto che sia l’unico.
© Libero. Pubblicato il 19 marzo 2009.