Chi vuole il silenzio sugli stupri
di Fausto Carioti
Un tempo i giornalisti erano pagati per dare le notizie. Adesso si scopre che, se la notizia è politicamente scorretta, il loro mestiere consiste nel nasconderla. Buono a sapersi. Il caso dello stupro della Caffarella è emblematico. Lo scorso 14 febbraio una ragazza di 14 anni, assieme al suo fidanzatino, era stata sorpresa da due individui nel grande parco romano sull’Appia antica. Lei era stata violentata, lui picchiato. Tre giorni dopo, per questo reato erano stati arrestati due romeni. Giovani, ma già pluripregiudicati: Alexandru Loyos, di 20 anni, e Karol Racz, di 36. Esaminando le tracce di dna lasciate dagli autori dello stupro, nelle ultime ore si è scoperto che il loro profilo genetico non coincide con quello dei due arrestati. Puntuale, è scattata la ripicca contro chi aveva sbattuto i due «mostri romeni» in prima pagina. L’accusa, ovvia, è quella di razzismo.
Il capo d’imputazione l’ha scritto ieri sul Riformista Piero Sansonetti, ex direttore del quotidiano bertinottiano Liberazione. Secondo lui (e secondo i radicali, e il segretario di Rifondazione comunista Paolo Ferrero) sarebbe in atto una campagna ispirata «ai principi basilari del razzismo moderno, che consistono nell’individuare un popolo, o un gruppo nazionale o una etnia, nell’attribuirgli caratteristiche e tendenze particolari e poi nel dichiarare accertata una certa propensione di quel gruppo a delinquere o a commettere un certo tipo di reato». I romeni, in particolare, novelli capri espiatori, sarebbero sempre accusati di «stuprare le donne». Insomma, siamo quasi tutti razzisti, perché: a) abbiamo puntato l’indice su due persone che non c’entravano nulla; b) insistiamo nel dire che i romeni hanno una propensione allo stupro maggiore di quella degli altri immigrati.
Il problema (per Sansonetti e per chi la pensa come lui) è che i giornalisti non si erano inventati nulla. Perché l’accusa principale nei confronti dei due romeni proveniva proprio da Loyos, che aveva incolpato dello stupro se stesso e il suo connazionale. Lo aveva fatto in modo limpido, alla presenza del pubblico ministero e dell’avvocato d’ufficio, durante un interrogatorio che era stato videoregistrato e che lo aveva visto riferire particolari della violenza conformi a quelli raccontati dalle vittime. Domanda: anche il romeno Loyos è razzista, nel senso che ce l’ha con i romeni? E comunque, che altro poteva fare la stampa se non prendere atto della sua confessione e riportarla? Si chiama diritto di cronaca, e vivaiddio se ancora esiste.
Ci sono poi alcuni fatti che rischiano di passare in secondo piano, ma sono utili a capire perché la procura insista sui due arrestati e perché la pista romena resti comunque, ancora oggi, la più credibile. Primo: la quattordicenne e il suo fidanzato avevano subito raccontato di essere stati aggrediti da due stranieri, probabilmente dell’est Europa, e non avevano nessun motivo per mentire. Secondo: la ragazzina ha riconosciuto Loyos da una foto segnaletica. Terzo: Racz è stato riconosciuto anche dalla vittima dello stupro di Primavalle, avvenuto il 21 gennaio. Quarto: il modus operandi dello stupro della Caffarella, per l’eccesso di ferocia con cui è stato compiuto, è tipico dei delinquenti dell’est (parlate con un investigatore esperto: vi dirà che una rapina o un qualsiasi altro reato, se compiuto da un romeno o da un albanese, ha un tasso di violenza assai più alto che se compiuto da altri). Quinto: gli investigatori hanno svolto un esame genetico sperimentale sul cromosoma “Y” degli aggressori. I dati ottenuti confermano che, molto probabilmente, costoro appartengono all’etnia romena.
Quanto alla propensione dei romeni per gli stupri, non è un’illazione razzista, ma un dato statistico evidente, riconosciuto da quegli opinionisti di sinistra che hanno rinunciato al paraocchi ideologico. I numeri, infatti, sono quelli citati dal sociologo Luca Ricolfi: «In base ai pochi dati fin qui resi pubblici, la loro propensione allo stupro risulta circa 17 volte più alta di quella degli italiani, e una volta e mezza quella degli altri stranieri presenti in Italia». Le statistiche sono razziste? Se è così lo dicano e propongano di abolirle. O quantomeno di non citarle, visto che possono turbare animi sensibili.
Ultimi dubbi: quando si saprà chi sono i veri stupratori, se si dovesse scoprire che sono romeni, potremo scriverlo o no? E cosa ci racconteranno quel giorno i paladini del politicamente corretto?
© Libero. Pubblicato il 5 marzo 2009.
Un tempo i giornalisti erano pagati per dare le notizie. Adesso si scopre che, se la notizia è politicamente scorretta, il loro mestiere consiste nel nasconderla. Buono a sapersi. Il caso dello stupro della Caffarella è emblematico. Lo scorso 14 febbraio una ragazza di 14 anni, assieme al suo fidanzatino, era stata sorpresa da due individui nel grande parco romano sull’Appia antica. Lei era stata violentata, lui picchiato. Tre giorni dopo, per questo reato erano stati arrestati due romeni. Giovani, ma già pluripregiudicati: Alexandru Loyos, di 20 anni, e Karol Racz, di 36. Esaminando le tracce di dna lasciate dagli autori dello stupro, nelle ultime ore si è scoperto che il loro profilo genetico non coincide con quello dei due arrestati. Puntuale, è scattata la ripicca contro chi aveva sbattuto i due «mostri romeni» in prima pagina. L’accusa, ovvia, è quella di razzismo.
Il capo d’imputazione l’ha scritto ieri sul Riformista Piero Sansonetti, ex direttore del quotidiano bertinottiano Liberazione. Secondo lui (e secondo i radicali, e il segretario di Rifondazione comunista Paolo Ferrero) sarebbe in atto una campagna ispirata «ai principi basilari del razzismo moderno, che consistono nell’individuare un popolo, o un gruppo nazionale o una etnia, nell’attribuirgli caratteristiche e tendenze particolari e poi nel dichiarare accertata una certa propensione di quel gruppo a delinquere o a commettere un certo tipo di reato». I romeni, in particolare, novelli capri espiatori, sarebbero sempre accusati di «stuprare le donne». Insomma, siamo quasi tutti razzisti, perché: a) abbiamo puntato l’indice su due persone che non c’entravano nulla; b) insistiamo nel dire che i romeni hanno una propensione allo stupro maggiore di quella degli altri immigrati.
Il problema (per Sansonetti e per chi la pensa come lui) è che i giornalisti non si erano inventati nulla. Perché l’accusa principale nei confronti dei due romeni proveniva proprio da Loyos, che aveva incolpato dello stupro se stesso e il suo connazionale. Lo aveva fatto in modo limpido, alla presenza del pubblico ministero e dell’avvocato d’ufficio, durante un interrogatorio che era stato videoregistrato e che lo aveva visto riferire particolari della violenza conformi a quelli raccontati dalle vittime. Domanda: anche il romeno Loyos è razzista, nel senso che ce l’ha con i romeni? E comunque, che altro poteva fare la stampa se non prendere atto della sua confessione e riportarla? Si chiama diritto di cronaca, e vivaiddio se ancora esiste.
Ci sono poi alcuni fatti che rischiano di passare in secondo piano, ma sono utili a capire perché la procura insista sui due arrestati e perché la pista romena resti comunque, ancora oggi, la più credibile. Primo: la quattordicenne e il suo fidanzato avevano subito raccontato di essere stati aggrediti da due stranieri, probabilmente dell’est Europa, e non avevano nessun motivo per mentire. Secondo: la ragazzina ha riconosciuto Loyos da una foto segnaletica. Terzo: Racz è stato riconosciuto anche dalla vittima dello stupro di Primavalle, avvenuto il 21 gennaio. Quarto: il modus operandi dello stupro della Caffarella, per l’eccesso di ferocia con cui è stato compiuto, è tipico dei delinquenti dell’est (parlate con un investigatore esperto: vi dirà che una rapina o un qualsiasi altro reato, se compiuto da un romeno o da un albanese, ha un tasso di violenza assai più alto che se compiuto da altri). Quinto: gli investigatori hanno svolto un esame genetico sperimentale sul cromosoma “Y” degli aggressori. I dati ottenuti confermano che, molto probabilmente, costoro appartengono all’etnia romena.
Quanto alla propensione dei romeni per gli stupri, non è un’illazione razzista, ma un dato statistico evidente, riconosciuto da quegli opinionisti di sinistra che hanno rinunciato al paraocchi ideologico. I numeri, infatti, sono quelli citati dal sociologo Luca Ricolfi: «In base ai pochi dati fin qui resi pubblici, la loro propensione allo stupro risulta circa 17 volte più alta di quella degli italiani, e una volta e mezza quella degli altri stranieri presenti in Italia». Le statistiche sono razziste? Se è così lo dicano e propongano di abolirle. O quantomeno di non citarle, visto che possono turbare animi sensibili.
Ultimi dubbi: quando si saprà chi sono i veri stupratori, se si dovesse scoprire che sono romeni, potremo scriverlo o no? E cosa ci racconteranno quel giorno i paladini del politicamente corretto?
© Libero. Pubblicato il 5 marzo 2009.