Quel che resta dell'Unione europea

Non ha avuto il coraggio di ammettere che le sue radici affondano nel pensiero giudaico-cristiano. Una constatazione talmente banale che grandi laici come Benedetto Croce e Norberto Bobbio sottoscrivevano a occhi chiusi.

Non ha mai avuto una politica estera comune. Basta vedere, di recente, l'atteggiamento dei Paesi europei nei confronti della Russia, della Georgia e dei progetti per sfuggire alla dipendenza dal gas di Vladimir Putin. O davanti al progetto statunitense di collocare lo scudo antimissile americano nell'est Europa. Ognuno per conto suo.

Non ha mai avuto un esercito comune. Col risultato che quando nei Balcani (a un'ora di volo dal cuore dell'Europa) si mettevano in piedi enormi macellerie a cielo aperto, le cancellerie continentali dovevano pietire aiuto alla deprecata "iperpotenza" statunitense perché facesse quello che l'Unione europea non era capace di fare. Salvo ricominciare a sputare sull'unilateralismo a stelle e strisce appena il mattatoio veniva chiuso.

Aveva una sola cosa in comune, la Ue: il mercato. Aveva. Perché appena hanno iniziato a tirare i primi venti di una seria crisi, ognuno ha iniziato a pensare per sé. Iniziando dal premier francese Nicolas Sarkozy, che intende legare gli aiuti statali alle aziende in crisi all'obbligo di servirsi da fornitori francesi. Non europei: francesi, perché sono due cose diverse. Alla faccia, appunto, del mercato comune. Mentre il premier britannico Gordon Brown si ritrova prigioniero del suo stesso slogan: «British jobs for British workers», e i suoi ministri si schierano dalla parte dei lavoratori inglesi che protestano contro gli operai italiani che "rubano" il loro lavoro. Alla prima occasione utile, la libera concorrenza è stata gettata nel cestino. 

Senza radici, senza politica estera, senza esercito, senza mercato: resta da capire cosa resta, a questo punto, della fantastica Europa unita.

Post scriptum. Stesso argomento, su questo blog: L'europeizzazione della Gran Bretagna.

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