Napolitano e i baroni dell'università

di Fausto Carioti

Che il governo Berlusconi riesca davvero a liberare le università da «sprechi, privilegi, baronati e parentati», come ha detto di voler fare il presidente del consiglio, è tutta da vedere. Quella che il premio Nobel Milton Friedman chiamava «la tirannia dello status quo», ovvero il potere delle caste e delle burocrazie di bloccare le riforme sgradite, è una bestia dura da sconfiggere. L’unica certezza è che, se il governo ci riuscisse, ad avvantaggiarsene sarebbero soprattutto i professori più giovani e meritevoli e gli studenti. Cioè le due categorie per cui tutti dicono di voler fare qualcosa, e alla fine nessuno fa nulla. L’economista Roberto Perotti ha pubblicato da poco un libro, "L’università truccata", dedicato proprio a certi malcostumi accademici. Con alcuni numeri che spiegano la situazione meglio di mille inchieste. Ad esempio, nella facoltà di Economia dell’ateneo di Bari «almeno 42 docenti su 179 (quasi il 25 percento) risultano avere almeno un parente stretto nella stessa facoltà; altri parenti sono sparsi per le altre facoltà dell’ateneo, ed altri ancora insegnano negli atenei satelliti, nella sede staccata di Taranto, a Lecce, a Foggia». E la Puglia non è certo un’eccezione.

Davanti a questa situazione e alle intenzioni sbandierate dal governo, il presidente della repubblica avrebbe avuto ottimi motivi per spronare l’esecutivo a rispettare l’impegno. Anzi, a fare di più e di meglio. Perotti, ad esempio, pur non essendo un fan di Berlusconi, ha apprezzato il fatto che il decreto sull’università varato dal ministro Mariastella Gelmini preveda il sorteggio delle commissioni esaminatrici, utile a complicare la vita ai professionisti di quei concorsi il cui vincitore è già deciso in partenza. Invece Giorgio Napolitano si è allineato alle posizioni dei baroni. L’altro giorno, il presidente della Repubblica ha randellato l’esecutivo, dicendo che nei confronti dell’università ha adottato «decisioni di bilancio ancorate alla logica di tagli indiscriminati». Accusa sbagliata, perché la riforma del ministro Gelmini lega i finanziamenti ai risultati ottenuti dagli atenei, e quindi di «indiscriminato» non c’è proprio niente.

Peccato. Perché di vicende interessanti ce ne sono anche a un passo dal Quirinale. Ad esempio nell’università Roma Tre. Dove il rettore è Guido Fabiani, cognato di Napolitano in quanto marito della sorella di sua moglie Clio. Lo stesso Fabiani che - guarda caso - ha subito fatto sapere di condividere il giudizio del presidente della repubblica sui tagli del governo all’università. Sempre a Roma Tre, insegnano il figlio di Napolitano e la figlia dello stesso rettore. Oltre a un vasto gruppo di amici e parenti di gente che conta, di cui si parla in queste pagine. Senza dubbio sono tutti accademici di valore, i quali hanno ottenuto l’incarico in seguito a un concorso regolare. Ma messi così, tutti assieme, rendono benissimo l’idea di una casta chiusa, non certo di una società aperta. E rappresentano un ottimo motivo per cambiare le cose.

© Libero. Pubblicato il 26 febbraio 2009.

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