Per la faccia di Epifani
di Fausto Carioti
Quando Guglielmo Epifani sostiene che, grazie alla sua Cgil, sono stati modificati gli accordi per Alitalia già siglati il 14 settembre da Cisl, Uil e Ugl, millanta. Lo fa per salvare la faccia, o almeno ciò che ne resta. Fa bene Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl, a ricordare che quelli siglati ieri dalla Cgil sono gli stessi accordi che pochi giorni fa Epifani si era rifiutato di firmare, e che tutte le altre cose scritte in queste ore sono solo «esigenze mediatiche». A partire proprio dalle “novità” aggiunte ieri. Che non sono affatto «modifiche» dei protocolli di dieci giorni fa, né «integrazioni». Ma solo chiarimenti a quanto già scritto. Ovvietà messe nero su bianco per dare modo a Epifani di spacciarle - con il tacito consenso di tutti, incluso il governo - come grandi conquiste. Niente di nuovo: la politica è fatta anche di certe finzioni.
La verità è che Epifani era alla ricerca disperata di una via d’uscita dal vicolo cieco nel quale si era infilato. Sul fronte del “no”, accanto a lui, c’erano solo i sindacati dei piloti: stimati professionisti con stipendi lordi annui attorno ai centomila euro, beneficiati da una tassazione che incide solo sulla metà dei compensi. E a difendere le sue posizioni erano rimasti gli extraparlamentari di Rifondazione Comunista e del Manifesto: gente per cui l’unico sindacalista buono è quello che non firma gli accordi con il «padrone». Sul fronte opposto c’erano invece Cisl, Uil, Ugl, parte degli stessi piloti, l’intero personale di terra della compagnia e persino una bella fetta del Partito democratico, imbarazzato dal fatto che il sindacato amico (dei Ds) si fosse schierato con quelli che avevano applaudito al fallimento del salvataggio di Alitalia. Ma Roberto Colaninno ha troppe radici piantate nel terreno della sinistra - incluso il figlio Matteo, deputato del Pd - per tirare dritto senza il placet di Corso Italia. Così aveva posto l’aut-aut: il piano non cambia di una virgola, ma si va avanti solo con il via libera della Cgil.
Epifani si è trovato con il cerino in mano. Dalle colonne del Riformista Peppino Caldarola, ex direttore dell’Unità, ieri gli ha suggerito la via d’uscita più onorevole: «Fai come Trentin, firma l’accordo con Cai e dimettiti se i tuoi ti attaccano». Nel luglio del 1992 Bruno Trentin siglò con il governo Amato e gli altri sindacati l’intesa che chiudeva l’era della scala mobile, e subito dopo presentò le dimissioni da segretario generale della Cgil. Il suo successore, però, non ha intenzione di seguirne l’esempio. Epifani si è appellato agli uomini del Pd, che hanno interceduto per lui con Gianni Letta. Ha tessuto il suo filo con i leader degli altri sindacati. I quali volevano recuperare la Cgil, ma non avevano alcuna intenzione di sconfessare l’intesa già firmata. Alla fine, come spesso avviene in certi casi, tutto si è risolto con un escamotage di basso profilo. Gli accordi non cambiano, ma ad essi si aggiungono, in un paio di fogli a parte, poche righe di chiarimento. Chi vuole vederci un miracolo di politica sindacale è libero di farlo. Ma svelare il trucco è facile.
1) Epifani sbandiera come risultato «molto importante» il fatto che la Cai abbia dato la disponibilità, «qualora debba ricorrere a lavoratori con contratti a termine, di avvalersi di mille lavoratori precari selezionati tra i 3.500 di Alitalia». La cosa non fu messa per iscritto solo perché era data per scontata: è nello stesso interesse della Cai ricorrere a personale che non ha bisogno di addestramento e quindi costa meno. Non è certo per questo che dieci giorni fa era saltato l’accordo.
2) Il leader della Cgil ieri si vantava di aver difeso gli stipendi dei piloti e degli assistenti di volo: «Il taglio dello stipendio sarà del 6-7 per cento, con la possibilità di pareggiare con il salario attuale lavorando più ore». Anche in questo caso, però, l’apporto del suo sindacato è stato nullo. Tanto che le stesse cose le aveva già dette il ministro del Lavoro il 15 settembre. Intervistato a “Panorama del giorno”, su Canale 5, Maurizio Sacconi spiegò che per quelle categorie la riduzione del 6-7% dello stipendio avrebbe potuto essere scongiurata da un aumento delle ore di lavoro.
3) Sempre Epifani (intervista a Repubblica del 20 settembre) aveva detto che la soluzione migliore sarebbe stata «vendere Alitalia a una grande compagnia straniera», che avrebbe garantito «un know how industriale più forte, condizioni finanziarie più solide e una tempistica più rapida». Così ieri rivendicava la presenza nella cordata di un grande vettore europeo - Lufthansa, ma più probabilmente Air France - come una vittoria della Cgil. Ma anche questo è un merito che non ha. Sia perché il partner straniero era già previsto, negli stessi termini attuali, quando Epifani rifiutò di firmare. Sia perché lui aveva auspicato una cosa ben diversa, ovvero la cessione della compagnia agli stranieri. Che non avverrà.
4) Epifani ha dovuto rimangiarsi pure l’appoggio ai sindacati dei piloti. Aveva detto che il loro consenso «era essenziale» per l’approvazione del piano Fenice. Ieri, però, la Cgil ha firmato fregandosene delle sigle autonome, che ancora non hanno deciso se accettare. Epifani, ospite al Tg1 della sera, le ha invitate a siglare l’intesa: «Una piccola rinuncia oggi», ha spiegato sorridente, potrà essere «più che compensata» in futuro. Se la telepromozione doveva servire per sdebitarsi con il governo che lo ha tratto d’impaccio, Epifani ha fatto la sua parte.
© Libero. Pubblicato il 26 settembre 2008.
Quando Guglielmo Epifani sostiene che, grazie alla sua Cgil, sono stati modificati gli accordi per Alitalia già siglati il 14 settembre da Cisl, Uil e Ugl, millanta. Lo fa per salvare la faccia, o almeno ciò che ne resta. Fa bene Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl, a ricordare che quelli siglati ieri dalla Cgil sono gli stessi accordi che pochi giorni fa Epifani si era rifiutato di firmare, e che tutte le altre cose scritte in queste ore sono solo «esigenze mediatiche». A partire proprio dalle “novità” aggiunte ieri. Che non sono affatto «modifiche» dei protocolli di dieci giorni fa, né «integrazioni». Ma solo chiarimenti a quanto già scritto. Ovvietà messe nero su bianco per dare modo a Epifani di spacciarle - con il tacito consenso di tutti, incluso il governo - come grandi conquiste. Niente di nuovo: la politica è fatta anche di certe finzioni.
La verità è che Epifani era alla ricerca disperata di una via d’uscita dal vicolo cieco nel quale si era infilato. Sul fronte del “no”, accanto a lui, c’erano solo i sindacati dei piloti: stimati professionisti con stipendi lordi annui attorno ai centomila euro, beneficiati da una tassazione che incide solo sulla metà dei compensi. E a difendere le sue posizioni erano rimasti gli extraparlamentari di Rifondazione Comunista e del Manifesto: gente per cui l’unico sindacalista buono è quello che non firma gli accordi con il «padrone». Sul fronte opposto c’erano invece Cisl, Uil, Ugl, parte degli stessi piloti, l’intero personale di terra della compagnia e persino una bella fetta del Partito democratico, imbarazzato dal fatto che il sindacato amico (dei Ds) si fosse schierato con quelli che avevano applaudito al fallimento del salvataggio di Alitalia. Ma Roberto Colaninno ha troppe radici piantate nel terreno della sinistra - incluso il figlio Matteo, deputato del Pd - per tirare dritto senza il placet di Corso Italia. Così aveva posto l’aut-aut: il piano non cambia di una virgola, ma si va avanti solo con il via libera della Cgil.
Epifani si è trovato con il cerino in mano. Dalle colonne del Riformista Peppino Caldarola, ex direttore dell’Unità, ieri gli ha suggerito la via d’uscita più onorevole: «Fai come Trentin, firma l’accordo con Cai e dimettiti se i tuoi ti attaccano». Nel luglio del 1992 Bruno Trentin siglò con il governo Amato e gli altri sindacati l’intesa che chiudeva l’era della scala mobile, e subito dopo presentò le dimissioni da segretario generale della Cgil. Il suo successore, però, non ha intenzione di seguirne l’esempio. Epifani si è appellato agli uomini del Pd, che hanno interceduto per lui con Gianni Letta. Ha tessuto il suo filo con i leader degli altri sindacati. I quali volevano recuperare la Cgil, ma non avevano alcuna intenzione di sconfessare l’intesa già firmata. Alla fine, come spesso avviene in certi casi, tutto si è risolto con un escamotage di basso profilo. Gli accordi non cambiano, ma ad essi si aggiungono, in un paio di fogli a parte, poche righe di chiarimento. Chi vuole vederci un miracolo di politica sindacale è libero di farlo. Ma svelare il trucco è facile.
1) Epifani sbandiera come risultato «molto importante» il fatto che la Cai abbia dato la disponibilità, «qualora debba ricorrere a lavoratori con contratti a termine, di avvalersi di mille lavoratori precari selezionati tra i 3.500 di Alitalia». La cosa non fu messa per iscritto solo perché era data per scontata: è nello stesso interesse della Cai ricorrere a personale che non ha bisogno di addestramento e quindi costa meno. Non è certo per questo che dieci giorni fa era saltato l’accordo.
2) Il leader della Cgil ieri si vantava di aver difeso gli stipendi dei piloti e degli assistenti di volo: «Il taglio dello stipendio sarà del 6-7 per cento, con la possibilità di pareggiare con il salario attuale lavorando più ore». Anche in questo caso, però, l’apporto del suo sindacato è stato nullo. Tanto che le stesse cose le aveva già dette il ministro del Lavoro il 15 settembre. Intervistato a “Panorama del giorno”, su Canale 5, Maurizio Sacconi spiegò che per quelle categorie la riduzione del 6-7% dello stipendio avrebbe potuto essere scongiurata da un aumento delle ore di lavoro.
3) Sempre Epifani (intervista a Repubblica del 20 settembre) aveva detto che la soluzione migliore sarebbe stata «vendere Alitalia a una grande compagnia straniera», che avrebbe garantito «un know how industriale più forte, condizioni finanziarie più solide e una tempistica più rapida». Così ieri rivendicava la presenza nella cordata di un grande vettore europeo - Lufthansa, ma più probabilmente Air France - come una vittoria della Cgil. Ma anche questo è un merito che non ha. Sia perché il partner straniero era già previsto, negli stessi termini attuali, quando Epifani rifiutò di firmare. Sia perché lui aveva auspicato una cosa ben diversa, ovvero la cessione della compagnia agli stranieri. Che non avverrà.
4) Epifani ha dovuto rimangiarsi pure l’appoggio ai sindacati dei piloti. Aveva detto che il loro consenso «era essenziale» per l’approvazione del piano Fenice. Ieri, però, la Cgil ha firmato fregandosene delle sigle autonome, che ancora non hanno deciso se accettare. Epifani, ospite al Tg1 della sera, le ha invitate a siglare l’intesa: «Una piccola rinuncia oggi», ha spiegato sorridente, potrà essere «più che compensata» in futuro. Se la telepromozione doveva servire per sdebitarsi con il governo che lo ha tratto d’impaccio, Epifani ha fatto la sua parte.
© Libero. Pubblicato il 26 settembre 2008.