Applausi per Hugo

di Fausto Carioti

«Con l'aiuto del governo socialista della Repubblica Bolivariana de Venezuela siamo certi che potremo risolvere buona parte dei problemi che colpiscono in questo momento Alitalia e tutti i suoi lavoratori». Chi ha ispirato queste righe diffuse ieri dalla compagnia aerea Aserca Airlines si chiama Hugo Chávez, e di mestiere fa il presidente del Venezuela. Per chi non lo avesse mai visto, Chávez è un incrocio tra il Benito Mussolini prima maniera, quello populista e di sinistra, e Wanna Marchi. Con la Buonanima, oltre a certi atteggiamenti lievemente machisti, ha in comune l'amore per la democrazia parlamentare e il rispetto per l'equilibrio dei poteri. Le affinità con la televenditrice riguardano invece lo stile low profile, che anche in Chávez si esalta soprattutto davanti alle telecamere. Mettete questo figurino a sedere sopra qualche milione di barili di petrolio nel momento in qui le quotazioni del greggio sono ai massimi storici e dovreste avere un'idea abbastanza chiara del personaggio. Ecco, a tutt'oggi costui è l'unico straniero ad avere accolto l'appello ad acquistare Alitalia lanciato dal leader della Cgil, Guglielmo Epifani.

La Aserca Airlines è una piccola compagnia privata venezuelana, attiva dal 1992, che opera in ambito regionale con una flotta di appena diciassette DC-9. Ma dietro la dichiarazione d'intenti recapitata ieri all'imbarazzatissimo commissario di Alitalia Augusto Fantozzi c'è il governo di Caracas, che il documento chiama in causa direttamente, e soprattutto c'è l'ego ipertrofico del suo presidente. Chávez è fatto così: appena vede uno spiraglio per ottenere un'inquadratura, per finire su un titolo, ci si fionda. Da anni, dà il meglio di sé in una trasmissione televisiva, "Alo Presidente", che va in onda tutte le domeniche. Qui una volta se la prende con le «telenovelas capitaliste» che allontanano i giovani venezuelani dal sentiero gioioso del socialismo; un'altra conciona su Ernesto Guevara assieme al suo amico Fidel Castro, ormai moribondo; un'altra spiega ai suoi connazionali perché devono cambiare la costituzione e confermarlo al potere sino all'anno 2027.

Per un campione dell'antiamericanismo e del terzomondismo come lui, potersi atteggiare a salvatore della compagnia aerea di una nazione capitalista governata da un miliardario amico di George W. Bush è stata una tentazione irresistibile. E pazienza se poi non se ne farà niente: lui se ne andrà in giro a dire che ci ha provato, ma gli altri, cattivi e schiavi degli americani, non gli hanno dato retta. Non a caso l'unico che ieri l'ha preso sul serio è stato il segretario di Rifondazione Comunista, Paolo Ferrero, uno in confronto al quale Fausto Bertinotti passa per un conservatore liberale. «Il governo deve mettere Alitalia in condizione di valutare tutte le proposte, compresa quella di Chavez», ha detto Ferrero. Prosit.

Lo sbaglio più facile da commettere, davanti a un tipo simile, è vederne solo il lato trash. Perché questo è di gran lunga il lato migliore del presidente venezuelano. Il suo lato più importante è invece quello oscuro. Come tanti altri prima di lui, Chávez è un dittatore che si è fatto eleggere con metodi democratici. Vinte le elezioni presidenziali nel dicembre del 1998, ha iniziato subito, a colpi di riforme costituzionali, a concentrare tutti i poteri nelle sue mani. Ha chiuso uno dopo l'altro gli organi d'informazione privati che gli davano fastidio. Ha iniziato a perseguitare gli attivisti dell'opposizione, facendo mettere in carcere molti di loro. Ha varato leggi che restringono la libertà d'espressione, tra cui una che punisce chi si rivolge in modo «irriguardoso» al presidente e ad altri pubblici ufficiali, anche in conversazioni private. Lo scorso 18 settembre ha fatto cacciare dal Venezuela la delegazione di Human Rights Watch, un'organizzazione non governativa che poche ore prima aveva presentato un rapporto sulle violazioni dei diritti umani nel Paese. «In assenza di un credibile controllo giudiziario», sostiene l'Ong, «il governo Chávez ha perseguito sistematicamente politiche discriminatorie che hanno minato la libertà d'espressione dei giornalisti, la libertà d'associazione dei lavoratori e la capacità della società civile di promuovere i diritti umani in Venezuela». I sindacati dei piloti, che invocavano l'intervento degli stranieri per salvare Alitalia, hanno un altro buon motivo per applaudire.

© Libero. Pubblicato il 19 settembre 2008.

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