Donna di destra, donna diversa
di Fausto Carioti
Una donna che fa politica ad altissimi livelli è una vittoria della democrazia e un simbolo di progresso. Ma se si candida con la destra è uno squalo in gonnella con l’armadio pieno di scheletri. Una ragazza che rimane incinta a 17 anni è una giovane che ha scelto di vivere in modo autonomo e coraggioso la sua femminilità. Ma se si tratta della figlia della candidata repubblicana alla vicepresidenza degli Stati Uniti è solo una zoccoletta che si è fatta ingravidare dal cafone di turno. Benvenuti nelle cronache “progressiste” della campagna elettorale americana. Il modo con cui i media di sinistra stanno raccontando le vicende di Sarah Palin e di sua figlia Bristol andrebbe studiato nelle facoltà di psicologia, per cercare di capire come gli esseri umani possano dimenticarsi in pochi istanti tutto quello con cui si sono riempiti la bocca per anni.
Sarah Palin, governatore repubblicano dell’Alaska, è candidata alla vicepresidenza degli Stati Uniti. Se John McCain, che l’ha voluta al suo fianco, dovesse vincere le elezioni, avremmo una donna a un passo dalla poltrona più importante del mondo. Al turno successivo la Palin, che oggi ha 44 anni, avrebbe le carte in regola per provare a conquistare la Casa Bianca. Tutto questo senza quote rosa né ministre per le Pari opportunità. Per chi crede nell’uguaglianza tra i sessi dovrebbe essere una gran bella notizia. Per chi obbedisce da sempre alla dittatura del politicamente corretto, figuriamoci.
E invece, valli a capire questi signorini progressisti. Per un anno ci hanno venduto Hillary Clinton come la più grande novità capitata alla democrazia da quando fu inventata l’urna elettorale. Poi la moglie di Bill Clinton ha perso le primarie del partito democratico, vinte da Barack Obama. Allora ci ha pensato McCain, con una mossa a sorpresa, a riportare una donna in lizza. Ma stavolta, guarda un po’, la donna non va bene. Troppo paracula, troppo arrivista dicono quelli che sino a ieri hanno sventolato la bandierina di Hillary (una che, quanto a paraculaggine ed arrivismo, potrebbe dare ripetizioni a Vladimir Putin, altro che Sarah Palin).
La verità è che l’evento che tutti si attendevano dal fronte democratico, ovvero la presenza di una donna nel ticket presidenziale, è arrivato dalle schiere repubblicane. E la mossa rischia di rivelarsi decisiva: la conservatrice Palin assicura a McCain l’appoggio degli elettori evangelici e ha già fatto impennare il fund-raising repubblicano. Gli avversari masticano amaro e non trovano di meglio che rispolverare quegli stereotipi sessisti che li fanno tanto inorridire quando arrivano da destra.
Mancando le prove, si abbonda con le insinuazioni e le offese, spesso a sfondo sessuale. Nei talk-show liberal la governatrice dell’Alaska è chiamata «bimbo», una via di mezzo tra la “squillo” e l’“oca giuliva”. Il suo ultimo figlio, affetto dalla sindrome di Down, secondo i suoi detrattori sarebbe in realtà stato partorito dalla figlia Bristol e attribuito a lei per salvare l’onore della famiglia. Al momento l’unica cosa concreta che hanno trovato è che il marito di Sarah fu arrestato perché guidava in stato di ebbrezza. Ma accadde 22 anni fa, e infatti non frega nulla a nessuno. Presi dalla disperazione, i suoi nemici ora hanno messo nel mirino la figlia, che ha 17 anni ed è stata messa incinta da un ragazzo che nella sua webpage appare con la divisa da hockey e si definisce un «fucking red neck», un «fottuto burinotto». Wow, che scandalo.
I corrispondenti italiani, che partecipano alla contesa con l’entusiasmo degli ultrà, ci mettono del loro. E ancora una volta gli articoli di Vittorio Zucconi su Repubblica si dimostrano imbattibili. Ieri è riuscito a darci la notizia che la Palin «forse non fu neppure eletta miss Wasilla», che poi sarebbe la cittadina in cui è cresciuta. Notare il «forse», e notare anche il peso politico della notizia, inferiore a zero. Per ridicolizzare la candidata, il corrispondente di Repubblica ha saccheggiato tutti i nomignoli esistenti, e quando li ha esauriti ha iniziato a inventarseli. L’ha chiamata «Zanna Bianca», «la grande cacciatrice bianca di renne», «la spumeggiante signora dei ghiacciai e del petrolio» (qualunque cosa questo voglia dire), una che «sembra nata da un incrocio fra una Bibbia e un musical anni ’50 tipo “Anna prendi il fucile”», un «sorridente enigma dietro strati di fondo tinta e rimmel». Oltre che, ovviamente, una la cui figlia è stata messa incinta da «un fottuto burinotto diciottenne dell’Alaska». Scrive anche, Zucconi, che «Sarah fu arrestata per guida in stato di ubriachezza quando aveva 22 anni». In realtà non era lei, si trattava del marito, ma rispetto a tutto il resto è un piccolo dettaglio.
© Libero. Pubblicato il 4 settembre 2008.
Post scriptum. Arrivati sino in fondo? Bravi. Ora, però, leggete «I Hate Sarah Palin», su The Right Nation.
Una donna che fa politica ad altissimi livelli è una vittoria della democrazia e un simbolo di progresso. Ma se si candida con la destra è uno squalo in gonnella con l’armadio pieno di scheletri. Una ragazza che rimane incinta a 17 anni è una giovane che ha scelto di vivere in modo autonomo e coraggioso la sua femminilità. Ma se si tratta della figlia della candidata repubblicana alla vicepresidenza degli Stati Uniti è solo una zoccoletta che si è fatta ingravidare dal cafone di turno. Benvenuti nelle cronache “progressiste” della campagna elettorale americana. Il modo con cui i media di sinistra stanno raccontando le vicende di Sarah Palin e di sua figlia Bristol andrebbe studiato nelle facoltà di psicologia, per cercare di capire come gli esseri umani possano dimenticarsi in pochi istanti tutto quello con cui si sono riempiti la bocca per anni.
Sarah Palin, governatore repubblicano dell’Alaska, è candidata alla vicepresidenza degli Stati Uniti. Se John McCain, che l’ha voluta al suo fianco, dovesse vincere le elezioni, avremmo una donna a un passo dalla poltrona più importante del mondo. Al turno successivo la Palin, che oggi ha 44 anni, avrebbe le carte in regola per provare a conquistare la Casa Bianca. Tutto questo senza quote rosa né ministre per le Pari opportunità. Per chi crede nell’uguaglianza tra i sessi dovrebbe essere una gran bella notizia. Per chi obbedisce da sempre alla dittatura del politicamente corretto, figuriamoci.
E invece, valli a capire questi signorini progressisti. Per un anno ci hanno venduto Hillary Clinton come la più grande novità capitata alla democrazia da quando fu inventata l’urna elettorale. Poi la moglie di Bill Clinton ha perso le primarie del partito democratico, vinte da Barack Obama. Allora ci ha pensato McCain, con una mossa a sorpresa, a riportare una donna in lizza. Ma stavolta, guarda un po’, la donna non va bene. Troppo paracula, troppo arrivista dicono quelli che sino a ieri hanno sventolato la bandierina di Hillary (una che, quanto a paraculaggine ed arrivismo, potrebbe dare ripetizioni a Vladimir Putin, altro che Sarah Palin).
La verità è che l’evento che tutti si attendevano dal fronte democratico, ovvero la presenza di una donna nel ticket presidenziale, è arrivato dalle schiere repubblicane. E la mossa rischia di rivelarsi decisiva: la conservatrice Palin assicura a McCain l’appoggio degli elettori evangelici e ha già fatto impennare il fund-raising repubblicano. Gli avversari masticano amaro e non trovano di meglio che rispolverare quegli stereotipi sessisti che li fanno tanto inorridire quando arrivano da destra.
Mancando le prove, si abbonda con le insinuazioni e le offese, spesso a sfondo sessuale. Nei talk-show liberal la governatrice dell’Alaska è chiamata «bimbo», una via di mezzo tra la “squillo” e l’“oca giuliva”. Il suo ultimo figlio, affetto dalla sindrome di Down, secondo i suoi detrattori sarebbe in realtà stato partorito dalla figlia Bristol e attribuito a lei per salvare l’onore della famiglia. Al momento l’unica cosa concreta che hanno trovato è che il marito di Sarah fu arrestato perché guidava in stato di ebbrezza. Ma accadde 22 anni fa, e infatti non frega nulla a nessuno. Presi dalla disperazione, i suoi nemici ora hanno messo nel mirino la figlia, che ha 17 anni ed è stata messa incinta da un ragazzo che nella sua webpage appare con la divisa da hockey e si definisce un «fucking red neck», un «fottuto burinotto». Wow, che scandalo.
I corrispondenti italiani, che partecipano alla contesa con l’entusiasmo degli ultrà, ci mettono del loro. E ancora una volta gli articoli di Vittorio Zucconi su Repubblica si dimostrano imbattibili. Ieri è riuscito a darci la notizia che la Palin «forse non fu neppure eletta miss Wasilla», che poi sarebbe la cittadina in cui è cresciuta. Notare il «forse», e notare anche il peso politico della notizia, inferiore a zero. Per ridicolizzare la candidata, il corrispondente di Repubblica ha saccheggiato tutti i nomignoli esistenti, e quando li ha esauriti ha iniziato a inventarseli. L’ha chiamata «Zanna Bianca», «la grande cacciatrice bianca di renne», «la spumeggiante signora dei ghiacciai e del petrolio» (qualunque cosa questo voglia dire), una che «sembra nata da un incrocio fra una Bibbia e un musical anni ’50 tipo “Anna prendi il fucile”», un «sorridente enigma dietro strati di fondo tinta e rimmel». Oltre che, ovviamente, una la cui figlia è stata messa incinta da «un fottuto burinotto diciottenne dell’Alaska». Scrive anche, Zucconi, che «Sarah fu arrestata per guida in stato di ubriachezza quando aveva 22 anni». In realtà non era lei, si trattava del marito, ma rispetto a tutto il resto è un piccolo dettaglio.
© Libero. Pubblicato il 4 settembre 2008.
Post scriptum. Arrivati sino in fondo? Bravi. Ora, però, leggete «I Hate Sarah Palin», su The Right Nation.