Cosa fare a palazzo Chigi quando sei morto

Diciamoci la verità. Romano Prodi, dopo aver vinto le elezioni per puro miracolo e grazie a una serie di errori marchiani da parte dei suoi avversari (vedi la presentazione delle liste all'estero), ha fatto quello che avrebbe fatto chiunque altro si fosse trovato al suo posto: ci ha provato. Ha tentato di governare in tutti i modi, perché ogni altra soluzione avrebbe significato la fine della sua avventura politica. Doveva provarci. Così come fu una mossa dovuta quella di Berlusconi all'indomani del voto. Proponendo un governo di grande coalizione (che avrebbe ufficializzato la sconfitta definitiva di Prodi), il leader di Forza Italia ha fatto la figura del grande statista e ha messo nei guai Prodi, perché da allora può rinfacciargli (come infatti fa) che se il paese è ingovernabile la colpa è tutta sua. Nella Cdl non dicono (ma anche questo fa parte del gioco) che, a ruoli invertiti, Berlusconi si sarebbe comportato nello stesso modo. Insomma, ognuno ha fatto quello che gli imponeva il ruolo. Tenendo presente che - piaccia o meno - il primo dovere di un politico è sempre nei confronti del suo progetto (cioè di se stesso e dei suoi uomini) e non del bene comune, del paese e così via.

Ora, però, la corsa di Prodi è finita. E' morto il suo progetto politico: mettere insieme tutto quello che passa tra i teppisti dei centri sociali e i monarchici come Domenico Fisichella per riproporre la politica della vecchia sinistra democristiana. L'obiettivo quotidiano del governo ormai è uno solo: arrivare vivo a fine giornata. Prodi sperava di attirare senatori dal centrodestra per irrobustire la sua base parlamentare, ma è riuscito a prendersi solo il povero Marco Follini. Intanto perde pezzi a sinistra. E a destra nessuno, nemmeno Pier Ferdinando Casini, è così matto da dargli una mano per compensare le defezioni. Al contrario: sono i centristi eletti con Prodi a essere tentati di passare con Berlusconi, specie dopo la nascita di un partito democratico a forte impronta diessina. Game over, dunque.

Comunque vadano le votazioni della Finanziaria a palazzo Madama, il governo Prodi è finito. Anche se riuscirà a sopravvivere mettendo la fiducia su ogni virgola di ogni testo di legge che sbarcherà in Senato, l'esecutivo non sarà più in grado di portare avanti un progetto, una qualche idea di cambiamento dell'Italia, e tirerà a campare sino a quando Walter Veltroni deciderà che è giunto il momento buono per andare alle elezioni - e non sarà certo tra quattro anni, alla fine naturale della legislatura. Allora, la spina gliela staccherà lui. A Prodi, ormai, resta solo da scegliere qual è il modo meno umiliante per uscire di scena.

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