Castrazione chimica? Si può fare

E' passata appena una settimana. Era il 19 febbraio e Walter Veltroni, segretario e candidato premier del partito democratico, diceva che «la castrazione chimica no», non si fa. Il senatore Giorgio Tonini, della segreteria del Pd, annuiva e spiegava che la castrazione chimica è «impossibile per la nostra cultura giuridica».

Ora si scopre che Veltroni, in questi pochi giorni, ha cambiato idea. Miracoli che solo la necessità di colmare il divario di consensi che separa il Pd dalla lista di Silvio Berlusconi riesce a realizzare. Ogni obiezione di principio è caduta. L'aggettivo «impossibile» è scomparso dal vocabolario del Pd. Adesso, se la castrazione chimica dimostra di funzionare, se ne può parlare. Del resto Umberto Veronesi, che Veltroni ha fortissimamente voluto candidare nella sua lista, da anni sostiene la necessità di adottarla.

Veltroni è il benvenuto, e del resto a conclusioni assai più chiare delle sue sono già arrivati i laburisti inglesi. La prova del nove, però, si avrà nella prossima legislatura, quando i parlamentari del Pd saranno chiamati a dire "sì" o "no" alle proposte di legge per introdurre la somministrazione di farmaci inibitori del testosterone come pena accessoria o alternativa per stupratori e pedofili. Se il leader del Pd e i suoi sono persone serie e non stanno parlando a vanvera solo perché siamo in campagna elettorale, saranno disponibili a discuterne. Chiunque vinca le elezioni, da qualunque parte arrivi la proposta.

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