"Size matters". Una prima analisi della Cdl in piazza
Primo. Siano stati oltre due milioni gli italiani scesi in piazza a Roma, come dice Silvio Berlusconi, o siano stati un terzo di questa cifra, come trapela dalla questura, non cambia molto. Il dato importante è che in piazza c'era molta più gente di quanta se ne aspettassero tutti, a destra come a sinistra. E questo è incontestabile.
Secondo. Al di là degli slogan roboanti, che in circostanze come queste sono necessari, nessuno si aspetta che Romano Prodi si dimetta perché in piazza è scesa molta più gente del previsto. Il valore di certe manifestazioni è simbolico, non pratico né immediato. Ma in politica i simboli contano, eccome.
Terzo. La sinistra ora sa che non ha il monopolio della piazza. Anche dall'altra parte sono bravi a evocarla, con risultati, in termini numerici, assolutamente comparabili a quelli della sinistra. Pur non potendo contare sulla macchina organizzativa di Cgil, Cisl e Uil.
Quarto. Il messaggio a sinistra sembrano averlo capito in molti. Come confermano le dichiarazioni a caldo, prudenti ed estremamente rispettose, di diversi esponenti dell'Unione, primo tra tutti Romano Prodi. Il quale, solo pochi giorni fa, aveva di fatto dato dei "senza cervello" a quelli che sarebbero scesi in piazza a Roma. Accusa che oggi si è guardato bene dal ripetere. A dimostrazione del fatto che la prova di forza è servita e ha impressionato il governo e la maggioranza. Fossero stati in cinquantamila, quelli di piazza San Giovanni, su di loro sarebbero piovuti gli sberleffi della sinistra. "Size matters", le dimensioni contano.
Quinto. Sempre a livello simbolico, il passaggio di consegne tra Berlusconi e Gianfranco Fini è stato evidentissimo. Anche qui, ovviamente, niente di concreto e di immediato. Ma siccome, appunto, i simboli contano, e certe coreografie non avvengono mai per caso, le parole di Berlusconi per Fini e quelle di Fini per Berlusconi fanno trasparire un accordo, implicito o esplicito poco importa: Fini oggi è il successore designato alla guida della Cdl, ruolo che lui accetta impegnandosi a non rompere le scatole a Berlusconi. Fini (autore di un discorso più brillante di quello di Berlusconi, diciamolo) che indossa i panni del padrone di casa (per la prima volta in un evento della Cdl) e introduce Bossi alla piazza ha avuto un impatto visivo fortissimo. Forse il domani è davvero suo. Fini, ovviamente, si è anche giovato del fatto di essere l'unico, sul palco, in perfetta salute. E si vedeva. E pure questo conta.
Sesto. Il fatto che Pier Ferdinando Casini non fosse in piazza, da un lato rende ancora più evidente l'asse Berlusconi-Fini, dall'altro - visto il successo della manifestazione di Roma e visto che a Palermo c'era persino meno gente di quanta l'Udc ne avesse preventivata, e di certo non aspiravano a grandi numeri - mette all'angolo Casini. Del quale, sicuramente, c'erano più elettori a Roma che a Palermo. Voleva essere lui quello che abbandonava gli altri, ma alla fine quello abbandonato è sembrato lui.
Settimo. E' stata una manifestazione di estrema civiltà. Nessuna bandiera bruciata. Nessun fantoccio impiccato. Niente riti tribali. Una manifestazione "contro" (contro chi vuole levarci una fetta di libertà), ma priva di quell'odio antropologico cui ci ha abituati la sinistra di piazza. Ed è bello vedere centinaia di migliaia di persone in piazza applaudire gli agenti di pubblica sicurezza impegnati a tenerli d'occhio. Il fatto che da sinistra qualcuno, più disperato degli altri, si sia aggrappato al fatto che Fini si è dovuto far accompagnare in moto senza indossare il casco, testimonia meglio di ogni altra cosa che proprio non avevano alcun appiglio decente. Poi, da sinistra, di certo qualcuno se la prenderà con i pochissimi che hanno fatto il saluto romano (nessuno sembra averli visti, ma un'agenzia di stampa ha scritto che c'erano, prendiamola per buona). Dovessimo fare lo stesso ogni volta che qualcuno alza il pugno chiuso nelle loro manifestazioni o si presenta con una maglietta di Che Guevara, ne avremmo per mesi.
Ottavo. Io, piuttosto, ho visto bandiere di partiti dell'estrema destra vicino a una grande bandiera di Israele. Era la prima volta che vedevo qualcosa di simile, ed è stato bello.
Secondo. Al di là degli slogan roboanti, che in circostanze come queste sono necessari, nessuno si aspetta che Romano Prodi si dimetta perché in piazza è scesa molta più gente del previsto. Il valore di certe manifestazioni è simbolico, non pratico né immediato. Ma in politica i simboli contano, eccome.
Terzo. La sinistra ora sa che non ha il monopolio della piazza. Anche dall'altra parte sono bravi a evocarla, con risultati, in termini numerici, assolutamente comparabili a quelli della sinistra. Pur non potendo contare sulla macchina organizzativa di Cgil, Cisl e Uil.
Quarto. Il messaggio a sinistra sembrano averlo capito in molti. Come confermano le dichiarazioni a caldo, prudenti ed estremamente rispettose, di diversi esponenti dell'Unione, primo tra tutti Romano Prodi. Il quale, solo pochi giorni fa, aveva di fatto dato dei "senza cervello" a quelli che sarebbero scesi in piazza a Roma. Accusa che oggi si è guardato bene dal ripetere. A dimostrazione del fatto che la prova di forza è servita e ha impressionato il governo e la maggioranza. Fossero stati in cinquantamila, quelli di piazza San Giovanni, su di loro sarebbero piovuti gli sberleffi della sinistra. "Size matters", le dimensioni contano.
Quinto. Sempre a livello simbolico, il passaggio di consegne tra Berlusconi e Gianfranco Fini è stato evidentissimo. Anche qui, ovviamente, niente di concreto e di immediato. Ma siccome, appunto, i simboli contano, e certe coreografie non avvengono mai per caso, le parole di Berlusconi per Fini e quelle di Fini per Berlusconi fanno trasparire un accordo, implicito o esplicito poco importa: Fini oggi è il successore designato alla guida della Cdl, ruolo che lui accetta impegnandosi a non rompere le scatole a Berlusconi. Fini (autore di un discorso più brillante di quello di Berlusconi, diciamolo) che indossa i panni del padrone di casa (per la prima volta in un evento della Cdl) e introduce Bossi alla piazza ha avuto un impatto visivo fortissimo. Forse il domani è davvero suo. Fini, ovviamente, si è anche giovato del fatto di essere l'unico, sul palco, in perfetta salute. E si vedeva. E pure questo conta.
Sesto. Il fatto che Pier Ferdinando Casini non fosse in piazza, da un lato rende ancora più evidente l'asse Berlusconi-Fini, dall'altro - visto il successo della manifestazione di Roma e visto che a Palermo c'era persino meno gente di quanta l'Udc ne avesse preventivata, e di certo non aspiravano a grandi numeri - mette all'angolo Casini. Del quale, sicuramente, c'erano più elettori a Roma che a Palermo. Voleva essere lui quello che abbandonava gli altri, ma alla fine quello abbandonato è sembrato lui.
Settimo. E' stata una manifestazione di estrema civiltà. Nessuna bandiera bruciata. Nessun fantoccio impiccato. Niente riti tribali. Una manifestazione "contro" (contro chi vuole levarci una fetta di libertà), ma priva di quell'odio antropologico cui ci ha abituati la sinistra di piazza. Ed è bello vedere centinaia di migliaia di persone in piazza applaudire gli agenti di pubblica sicurezza impegnati a tenerli d'occhio. Il fatto che da sinistra qualcuno, più disperato degli altri, si sia aggrappato al fatto che Fini si è dovuto far accompagnare in moto senza indossare il casco, testimonia meglio di ogni altra cosa che proprio non avevano alcun appiglio decente. Poi, da sinistra, di certo qualcuno se la prenderà con i pochissimi che hanno fatto il saluto romano (nessuno sembra averli visti, ma un'agenzia di stampa ha scritto che c'erano, prendiamola per buona). Dovessimo fare lo stesso ogni volta che qualcuno alza il pugno chiuso nelle loro manifestazioni o si presenta con una maglietta di Che Guevara, ne avremmo per mesi.
Ottavo. Io, piuttosto, ho visto bandiere di partiti dell'estrema destra vicino a una grande bandiera di Israele. Era la prima volta che vedevo qualcosa di simile, ed è stato bello.