Leader morale cercasi. Astenersi perditempo e Franceschini

di Fausto Carioti

«AAA schieramento politico in stato di grave crisi cerca figura di riferimento. Qualunque curriculum è bene accetto. Astenersi perditempo e Franceschini». E poi dicono che in Italia non si trova più lavoro. Guardate il centrosinistra: è pronto a offrire la leadership morale a chiunque dica mezza parola contro Silvio Berlusconi. E in mancanza della mezza parola va bene anche un gesto, una smorfia, un inarcamento di sopracciglio: tutto fa brodo. Il dramma è che ormai, per trovare qualcosa di simile in una figura credibile, debbono rivolgersi a personaggi che vengono da storie opposte rispetto alla loro. Solo nelle ultime settimane hanno provato ad adottare la regina d’Inghilterra e Nicolas Sarkozy. Il fior fiore del conservatorismo europeo, insomma. E ognuno di loro, a modo suo, li ha lasciati con il due di picche in mano. Ora sperano in Gianfranco Fini, ed è facile prevedere che anche con lui finirà allo stesso modo.

Sua Maestà li aveva illusi, per un attimo, di essere l’incarnazione del sol dell’avvenire. A Buckingham Palace, durante lo scatto della foto di gruppo per il vertice G20, Berlusconi si era divertito a chiamare a voce alta il presidente americano Barack Obama. Elisabetta II si era girata con l’aria dell’anziana professoressa turbata dallo schiamazzo e aveva chiesto chi fosse l’indisciplinato. Scenetta divertente, se non altro perché ci ha riportato ai bei tempi della scuola e delle merendine. Ma niente di più. Eppure per la sinistra tanto è bastato a farne l’evento politico della giornata. Che ha dato modo a Michele Serra di scrivere su Repubblica l’ennesimo articolo sul «classico repertorio da crocerista» del premier, lo «scontato dileggio» degli altri capi di Stato e così via. Insomma, il copia-e-incolla dello stesso pezzo che i lettori di Repubblica si trovano servito dal 1994 ogni giorno che Dio manda in terra. L’Unità, per digerire la vista di Obama abbracciato al Cavaliere manco fosse George W. Bush, ha titolato in prima pagina che «La regina sgrida Berlusconi». Nessuno, per dire, che a sinistra si sia preso la briga di ricordare le gaffes atroci, e spesso razziste, compiute negli ultimi cinquant’anni anni dalla reale famiglia inglese, confronto alla quale Casa Berlusconi è il tempio del bon ton.

Ma ieri, ricevuta dall’ambasciata del Regno Unito a Roma la rassegna stampa dei giornali italiani, la compagna Elisabetta II ha realizzato che certi adulatori è meglio perderli che trovarli. Così la portavoce di Buckingham Palace ha spiegato che durante lo scatto della foto «c’era un clima gaio e molto gioviale, e non c’è stata alcuna gaffe né offesa». Un chiaro messaggio alla sinistra italiana affinché adotti qualcun altro.

Fosse facile trovarlo. Poche settimane fa ci avevano provato con Sarkozy. Stesso copione di Londra, a dimostrazione del fatto che ormai non hanno più idee. Durante una conferenza stampa congiunta, Berlusconi aveva sussurrato qualcosa all’orecchio del presidente francese. Secondo alcuni giornalisti transalpini, parenti stretti di quelli italiani, la frase era «io ti ho dato la tua donna», con riferimento alla nazionalità italiana di Carla Bruni. Al che era tornato in azione il solito circo Barnum, con le deputate del Pd pronte a denunciare Berlusconi alla Corte europea di Strasburgo «a causa delle continue e ripetute dichiarazioni di disprezzo sulla vita e la dignità delle donne». Pochi giorni dopo, ascoltando la traccia audio senza interferenze, si scopriva che le parole esatte del premier erano «tu sai che io ho studiato alla Sorbona». Proprio come aveva assicurato subito l’ufficio stampa di palazzo Chigi. E dire che Repubblica, nella ricostruzione dell’accaduto, si era persino inventata il «sorriso imbarazzato» con cui Sarkozy aveva «liquidato» l’orrida battuta sessista di Berlusconi.

Adesso stanno cercando di adescare Fini, uno che almeno le polemiche con Berlusconi le fa sul serio. L’Unità lo definisce «femminista», che per il direttore Concita De Gregorio è il miglior complimento su piazza. Anna Finocchiaro, capogruppo del Pd al Senato, fa sapere di «condividere assolutamente» le parole del presidente della Camera, che applaude alla bocciatura della legge sulla fecondazione assistita da parte della Consulta. Andrà male anche con lui: Fini, per carisma, idee e necessità di ritagliarsi un ruolo forte nel PdL, è destinato a diventare il capofila del fronte laico del centrodestra. Ma sa benissimo che l’abbraccio della sinistra per lui sarebbe mortale, e si guarderà dal cadere nel tranello.

Questa continua ricerca di una figura paterna da parte dell’opposizione si spiega con la scomparsa di ogni leader credibile (il serial killer Berlusconi ormai li ha liquidati tutti) e con la presenza, al vertice del Partito democratico, di Dario Franceschini. L’illusione di aver trovato l’uomo in grado di ridare slancio se non all’intera opposizione, almeno al Pd, è durata poco. Ieri il segretario, messo davanti al primo bivio serio della sua nuova carriera, è stato costretto a ricorrere a quel «ma anche» che già aveva trasformato Walter Veltroni in una macchietta. Indeciso se manifestare oggi con la Cgil, alla fine Franceschini ha detto che sarà in piazza con il sindacato di Guglielmo Epifani, «ma anche» accanto alla Cisl e alla Uil. Che però giudicano la manifestazione un attacco rivolto contro di loro dalla Cgil. Come faccia Franceschini a stare sia con l’accusatore che con l’accusato, lo sa solo lui. Gli elettori del centrosinistra però sanno che, vista la sua statura politica, lo baratterebbero volentieri con la regina d’Inghilterra. Se solo lei ci stesse, maledizione.

© Libero. Pubblicato il 4 aprile 2009.

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