Come non governare l'immigrazione
di Fausto Carioti
Si può anche decidere di spalancare le porte agli immigrati clandestini e lasciarli liberi di rimanere nel nostro Paese. È quello che vuole una parte dell’opposizione, convinta che l’Italia non sia degli italiani, ma di chiunque voglia viverci. Si può fare, ma bisogna avere la coerenza di dirlo chiaro e tondo agli elettori, in modo che, al momento di votare, possano regolarsi di conseguenza. La sinistra estrema, almeno, questa coerenza ce l’ha. Quello che non si deve fare, invece, è proprio quello che sta avvenendo in questi giorni. Nei quali i proclami di un governo e di una maggioranza che promettono di bloccare l’immigrazione clandestina sono contraddetti dall’ennesima misura in favore degli stranieri irregolari, che ora hanno un buon motivo - anche loro - per festeggiare il 25 aprile. Oltre mille immigrati irregolari, infatti, stanno uscendo in queste ore dai Centri di identificazione ed espulsione. Se non è un nuovo indulto, poco ci manca.
I clandestini avrebbero dovuto essere trattenuti per sei mesi, come prevedeva il decreto sicurezza. Visto che costoro fanno di tutto per non farsi identificare, e che se non sono identificati non possono essere rispediti al loro paese d’origine, si era trovata la soluzione di trattenerli per un tempo sufficiente a capire chi sono e da dove vengono. Ma il provvedimento contenuto nel decreto è stato affossato dai franchi tiratori del centrodestra durante la conversione in legge. Il tempo massimo di permanenza nei Cie è così tornato a essere di due mesi.
La Lega - e tutto lascia pensare che abbia ragione - accusa di questo i parlamentari del PdL. Alcuni dei quali, però, ricambiano puntando l’indice sugli uomini del Carroccio, che avrebbero sabotato il loro stesso provvedimento per darne la colpa al PdL e rubare voti agli alleati in vista delle elezioni europee. Chiunque sia il responsabile e quale che sia la natura delle sue motivazioni - altamente umanitaria o biecamente elettorale - ha finito per produrre una nuova ondata di clandestini a piede libero per l’Italia. Anche se PdL e Lega adesso promettono di lavorare a una soluzione per allungare i tempi di permanenza nei Cie (pure ieri i vertici dell’Associazione funzionari di polizia hanno ribadito che «sono pochi due mesi per l’identificazione degli irregolari») ormai il danno è fatto, e riacciuffare quelli che nel frattempo sono usciti sarà come rintracciare un pesce nel mare.
Lo conferma la seconda puntata dell’inchiesta della giornalista di Libero Roberta Catania, che si è messa davanti al Cie romano di Ponte Galeria e ha contattato una ventina di clandestini che ne sono usciti dopo che l’obbligo di permanenza di 180 giorni è stato cancellato. Con sette di questi stranieri ha fatto un pezzo di strada insieme. In tasca hanno tutti l’“ordine di allontanamento” firmato dal questore. Un documento che, in teoria, imporrebbe loro di lasciare con mezzi propri l’Italia entro cinque giorni, per tornare nel Paese d’origine. Se non lo rispettano, possono essere condannati a un periodo di carcere compreso tra 6 mesi e 4 anni. Ma perché ciò avvenga debbono essere fermati di nuovo dalle forze dell’ordine, e i diretti interessati sanno benissimo che si tratta di un’eventualità remota. Come era prevedibile, infatti, quasi tutti quelli finiti sotto la lente della nostra cronista hanno scelto di ignorare l’ordine di allontanamento, preferendo rimanere nel nostro Paese. Su venti clandestini, solo due sembrano intenzionati a tornarsene da dove sono venuti. Gli altri non ci pensano nemmeno. I dati dell’ministero dell’Interno, del resto, dicono che ogni anno sono meno del 6 per cento gli immigrati che rispettano l’ordine del questore.
Fuori dal Cie di Ponte Galeria, gli immigrati hanno trovato un sistema - illegale, ma perfettamente funzionante - pronto ad accoglierli e a far perdere le loro tracce. Le prostitute hanno potuto contare sulla efficiente rete dei papponi, mentre chi non esercita il mestiere più antico del mondo ha avuto la copertura delle organizzazioni specializzate nel traffico di esseri umani. Qualcuno ha recuperato il proprio mezzo di trasporto che lo ha portato via, lontano da poliziotti e carabinieri. Insomma, attorno ai clandestini “liberati” dal parlamento si sono visti tutti, tranne lo Stato italiano e i suoi rappresentanti. Che adesso sono chiamati a riprenderli uno ad uno. Una bella metafora della incapacità italiana di governare l’immigrazione.
© Libero. Pubblicato il 26 aprile 2009.
Si può anche decidere di spalancare le porte agli immigrati clandestini e lasciarli liberi di rimanere nel nostro Paese. È quello che vuole una parte dell’opposizione, convinta che l’Italia non sia degli italiani, ma di chiunque voglia viverci. Si può fare, ma bisogna avere la coerenza di dirlo chiaro e tondo agli elettori, in modo che, al momento di votare, possano regolarsi di conseguenza. La sinistra estrema, almeno, questa coerenza ce l’ha. Quello che non si deve fare, invece, è proprio quello che sta avvenendo in questi giorni. Nei quali i proclami di un governo e di una maggioranza che promettono di bloccare l’immigrazione clandestina sono contraddetti dall’ennesima misura in favore degli stranieri irregolari, che ora hanno un buon motivo - anche loro - per festeggiare il 25 aprile. Oltre mille immigrati irregolari, infatti, stanno uscendo in queste ore dai Centri di identificazione ed espulsione. Se non è un nuovo indulto, poco ci manca.
I clandestini avrebbero dovuto essere trattenuti per sei mesi, come prevedeva il decreto sicurezza. Visto che costoro fanno di tutto per non farsi identificare, e che se non sono identificati non possono essere rispediti al loro paese d’origine, si era trovata la soluzione di trattenerli per un tempo sufficiente a capire chi sono e da dove vengono. Ma il provvedimento contenuto nel decreto è stato affossato dai franchi tiratori del centrodestra durante la conversione in legge. Il tempo massimo di permanenza nei Cie è così tornato a essere di due mesi.
La Lega - e tutto lascia pensare che abbia ragione - accusa di questo i parlamentari del PdL. Alcuni dei quali, però, ricambiano puntando l’indice sugli uomini del Carroccio, che avrebbero sabotato il loro stesso provvedimento per darne la colpa al PdL e rubare voti agli alleati in vista delle elezioni europee. Chiunque sia il responsabile e quale che sia la natura delle sue motivazioni - altamente umanitaria o biecamente elettorale - ha finito per produrre una nuova ondata di clandestini a piede libero per l’Italia. Anche se PdL e Lega adesso promettono di lavorare a una soluzione per allungare i tempi di permanenza nei Cie (pure ieri i vertici dell’Associazione funzionari di polizia hanno ribadito che «sono pochi due mesi per l’identificazione degli irregolari») ormai il danno è fatto, e riacciuffare quelli che nel frattempo sono usciti sarà come rintracciare un pesce nel mare.
Lo conferma la seconda puntata dell’inchiesta della giornalista di Libero Roberta Catania, che si è messa davanti al Cie romano di Ponte Galeria e ha contattato una ventina di clandestini che ne sono usciti dopo che l’obbligo di permanenza di 180 giorni è stato cancellato. Con sette di questi stranieri ha fatto un pezzo di strada insieme. In tasca hanno tutti l’“ordine di allontanamento” firmato dal questore. Un documento che, in teoria, imporrebbe loro di lasciare con mezzi propri l’Italia entro cinque giorni, per tornare nel Paese d’origine. Se non lo rispettano, possono essere condannati a un periodo di carcere compreso tra 6 mesi e 4 anni. Ma perché ciò avvenga debbono essere fermati di nuovo dalle forze dell’ordine, e i diretti interessati sanno benissimo che si tratta di un’eventualità remota. Come era prevedibile, infatti, quasi tutti quelli finiti sotto la lente della nostra cronista hanno scelto di ignorare l’ordine di allontanamento, preferendo rimanere nel nostro Paese. Su venti clandestini, solo due sembrano intenzionati a tornarsene da dove sono venuti. Gli altri non ci pensano nemmeno. I dati dell’ministero dell’Interno, del resto, dicono che ogni anno sono meno del 6 per cento gli immigrati che rispettano l’ordine del questore.
Fuori dal Cie di Ponte Galeria, gli immigrati hanno trovato un sistema - illegale, ma perfettamente funzionante - pronto ad accoglierli e a far perdere le loro tracce. Le prostitute hanno potuto contare sulla efficiente rete dei papponi, mentre chi non esercita il mestiere più antico del mondo ha avuto la copertura delle organizzazioni specializzate nel traffico di esseri umani. Qualcuno ha recuperato il proprio mezzo di trasporto che lo ha portato via, lontano da poliziotti e carabinieri. Insomma, attorno ai clandestini “liberati” dal parlamento si sono visti tutti, tranne lo Stato italiano e i suoi rappresentanti. Che adesso sono chiamati a riprenderli uno ad uno. Una bella metafora della incapacità italiana di governare l’immigrazione.
© Libero. Pubblicato il 26 aprile 2009.