Due buoni motivi per lasciare Santoro dove sta
di Fausto Carioti
Ci sono almeno due motivi per cui Silvio Berlusconi, fregandosene del conflitto d’interessi, dovrebbe intervenire sui vertici della Rai per incoraggiarli a lasciare Michele Santoro al suo posto. Anche dopo che costui, giovedì scorso, ha scambiato il servizio pubblico televisivo per un randello da dare in testa alla Protezione civile impegnata nelle zone del terremoto.
Il primo motivo è che la cacciata di Santoro è proprio quello che gli avversari del Cavaliere, e lo stesso Santoro, si attendono da lui. I suoi avversari perché così potrebbero ricominciare ad accusarlo di liberticidio. Santoro perché, stanco di fare il conduttore (quantomeno di farlo in Rai) potrebbe andarsene via indossando l’aureola del martire. Per tre quarti della sinistra, poi, il regalo sarebbe doppio. Giacché Santoro sta sulle scatole a molti di loro più che allo stesso Berlusconi, e l’idea di levarselo di torno grazie al loro peggior nemico è roba da sogni proibiti. E qui veniamo al secondo motivo per cui il premier dovrebbe difendere Santoro. Ovvero per bieche ragioni di bottega: uno così fa più danni all’opposizione che a lui. A Berlusconi, infatti, ormai non toglie più un voto, ammesso che lo abbia fatto in passato. Nel centrosinistra, invece, crea sconquassi.
Prendete queste parole, apparse ieri su un quotidiano: Santoro è «un leader politico sotto mentite spoglie» e il suo «è solo cattivo pregiudizio, mediocre giornalismo, e tradisce il bisogno di Santoro di ancorarsi ai cliché suoi e dei suoi anni belli». Qualche commentatore vicino al PdL? Macché. A scrivere simili cose è stato il direttore di Europa, quotidiano della Margherita, cioè di un pezzo del Partito democratico. E i margheritini non sono certo i soli a stare a sinistra e a pensare male di lui. Nel gruppo degli antipatizzanti quasi viene voglia di mettere lo stesso Paolo Garimberti, presidente della Rai ed ex di Repubblica, che non si è fatto problemi, d’intesa col direttore generale Mauro Masi, ad aprire un’inchiesta sull’ultima puntata di Annozero. Del resto, Garimberti non sarebbe il primo presidente della Rai scelto dal centrosinistra a entrare in collisione con l’anchorman salernitano.
Perché Berlusconi nell’aprile del 2002 avrà pure emanato l’«editto bulgaro» contro Santoro, Enzo Biagi e Daniele Luttazzi, e non fu certo un capolavoro di marketing politico, ma tutti gli altri scontri Santoro li ha avuti con esponenti o dirigenti Rai di sinistra, convinti che l’informazione ultra-faziosa di Santoro rappresenti per la sinistra un modello perdente. Nel 1996 Enzo Siciliano, presidente della Rai dell’Ulivo, prima lo liquidò con il famoso «Michele chi?», e poi lo costrinse a trovare asilo nientemeno che a Mediaset. Cinque anni dopo il nostro, tornato in Rai, vide il direttore generale Pierluigi Celli mettere in palinsesto “Sciuscià” alle 11 di sera. Un modo garbato per sterilizzarlo. Santoro, che essendo un tantino egocentrico valuta le persone in base a quello che fanno per lui, accusò il manager voluto da Massimo D’Alema di «non avere coraggio».
Anche gli ex comunisti hanno capito che è meglio stargli lontano. Quando Santoro lasciò la poltrona di europarlamentare dei Ds per essere ospitato da Adriano Celentano a Rockpolitik, Piero Fassino, tipino dall’incavolatura facile, non la prese bene e l’Unità attaccò il conduttore in prima pagina, chiedendogli di spiegare le sue dimissioni «ai suoi 526.535 elettori».
In queste ore il Pd è diviso tra chi attacca Santoro e chi prega in silenzio che Berlusconi lo faccia fuori. Anche perché Annozero porta acqua solo al mulino di Antonio Di Pietro, guarda caso l’unico che ancora difende la trasmissione. Stando così le cose, proprio non si capisce perché Berlusconi debba augurarsi la cacciata di Santoro dalla Rai.
© Libero. Pubblicato il 15 aprile 2009.
Ci sono almeno due motivi per cui Silvio Berlusconi, fregandosene del conflitto d’interessi, dovrebbe intervenire sui vertici della Rai per incoraggiarli a lasciare Michele Santoro al suo posto. Anche dopo che costui, giovedì scorso, ha scambiato il servizio pubblico televisivo per un randello da dare in testa alla Protezione civile impegnata nelle zone del terremoto.
Il primo motivo è che la cacciata di Santoro è proprio quello che gli avversari del Cavaliere, e lo stesso Santoro, si attendono da lui. I suoi avversari perché così potrebbero ricominciare ad accusarlo di liberticidio. Santoro perché, stanco di fare il conduttore (quantomeno di farlo in Rai) potrebbe andarsene via indossando l’aureola del martire. Per tre quarti della sinistra, poi, il regalo sarebbe doppio. Giacché Santoro sta sulle scatole a molti di loro più che allo stesso Berlusconi, e l’idea di levarselo di torno grazie al loro peggior nemico è roba da sogni proibiti. E qui veniamo al secondo motivo per cui il premier dovrebbe difendere Santoro. Ovvero per bieche ragioni di bottega: uno così fa più danni all’opposizione che a lui. A Berlusconi, infatti, ormai non toglie più un voto, ammesso che lo abbia fatto in passato. Nel centrosinistra, invece, crea sconquassi.
Prendete queste parole, apparse ieri su un quotidiano: Santoro è «un leader politico sotto mentite spoglie» e il suo «è solo cattivo pregiudizio, mediocre giornalismo, e tradisce il bisogno di Santoro di ancorarsi ai cliché suoi e dei suoi anni belli». Qualche commentatore vicino al PdL? Macché. A scrivere simili cose è stato il direttore di Europa, quotidiano della Margherita, cioè di un pezzo del Partito democratico. E i margheritini non sono certo i soli a stare a sinistra e a pensare male di lui. Nel gruppo degli antipatizzanti quasi viene voglia di mettere lo stesso Paolo Garimberti, presidente della Rai ed ex di Repubblica, che non si è fatto problemi, d’intesa col direttore generale Mauro Masi, ad aprire un’inchiesta sull’ultima puntata di Annozero. Del resto, Garimberti non sarebbe il primo presidente della Rai scelto dal centrosinistra a entrare in collisione con l’anchorman salernitano.
Perché Berlusconi nell’aprile del 2002 avrà pure emanato l’«editto bulgaro» contro Santoro, Enzo Biagi e Daniele Luttazzi, e non fu certo un capolavoro di marketing politico, ma tutti gli altri scontri Santoro li ha avuti con esponenti o dirigenti Rai di sinistra, convinti che l’informazione ultra-faziosa di Santoro rappresenti per la sinistra un modello perdente. Nel 1996 Enzo Siciliano, presidente della Rai dell’Ulivo, prima lo liquidò con il famoso «Michele chi?», e poi lo costrinse a trovare asilo nientemeno che a Mediaset. Cinque anni dopo il nostro, tornato in Rai, vide il direttore generale Pierluigi Celli mettere in palinsesto “Sciuscià” alle 11 di sera. Un modo garbato per sterilizzarlo. Santoro, che essendo un tantino egocentrico valuta le persone in base a quello che fanno per lui, accusò il manager voluto da Massimo D’Alema di «non avere coraggio».
Anche gli ex comunisti hanno capito che è meglio stargli lontano. Quando Santoro lasciò la poltrona di europarlamentare dei Ds per essere ospitato da Adriano Celentano a Rockpolitik, Piero Fassino, tipino dall’incavolatura facile, non la prese bene e l’Unità attaccò il conduttore in prima pagina, chiedendogli di spiegare le sue dimissioni «ai suoi 526.535 elettori».
In queste ore il Pd è diviso tra chi attacca Santoro e chi prega in silenzio che Berlusconi lo faccia fuori. Anche perché Annozero porta acqua solo al mulino di Antonio Di Pietro, guarda caso l’unico che ancora difende la trasmissione. Stando così le cose, proprio non si capisce perché Berlusconi debba augurarsi la cacciata di Santoro dalla Rai.
© Libero. Pubblicato il 15 aprile 2009.