Piccolo mondo antico

Oggi abbiamo potuto leggere il primo editoriale di Conchita De Gregorio, nuovo direttore dell'Unità. Inizia così:
«Sono cresciuta in un Paese fantastico di cui mi hanno insegnato ad essere fiera. Sono stata bambina in un tempo in cui alzarsi a cedere il posto in autobus a una persona anziana, ascoltare prima di parlare, chiedere scusa, permesso, dire ho sbagliato erano principi normali e condivisi di una educazione comune. Sono stata ragazza su banchi di scuola di città di provincia dove gli insegnanti ci invitavano a casa loro, il pomeriggio, a rileggere ad alta voce i testi dei nostri padri per capirne meglio e più piano la lezione».
Vero, era un'Italia molto bella. Era l'Italia provincialotta e democristiana, l'Italia piccolo borghese con le sue gerarchie da rispettare, l'Italia con i bambini che andavano a scuola in grembiulino e la panierina in mano, quella Italia che si alzava in piedi quando in classe entrava il professore. L'Italia che noi biechi conservatori possiamo permetterci di rimpiangere, illudendoci che qualche ministra volenterosa possa davvero restaurarne un briciolo. Che a rimpiangerla sia il direttore dell'Unità, però, fa davvero ridere.

Post scriptum. Per inciso: quel «paese fantastico» lo ha travolto il Sessantotto. Il nuovo direttore dell'Unità, però, questo non lo dice. Altrimenti nel suo editoriale non potrebbe darne la colpa a Silvio Berlusconi.

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