"Effetto Brunetta"

di Fausto Carioti

Senza fare nomi, perché l’elenco sarebbe lungo e tanto chiunque può andarselo a vedere sul sito web del governo: ma cosa hanno fatto tutti i ministri della Pubblica Amministrazione, di destra e di sinistra, che hanno preceduto Renato Brunetta? Certo, ognuno di loro ha passato mesi a “concertare” con i sindacati riforme di cui la gente comune non ha capito nulla e che nella migliore delle ipotesi lasciavano tutto come prima. Ma cosa hanno combinato nell’interesse di quello che avrebbe dovuto essere il loro vero interlocutore, il cittadino in fila davanti agli sportelli? È bastato che al loro posto arrivasse uno con le idee chiare, senza sudditanze nei confronti dei sindacati e con la voglia di non farsi imbrigliare da quella che Milton Friedman chiamava «la tirannia dello status quo», che subito la musica è cambiata. Le prime procedure burocratiche sono state snellite. Tutti hanno potuto vedere quanto i nostri amministratori hanno speso negli ultimi anni in consulenze che spesso si sono rivelate utili ai soli beneficiati. Soprattutto, si è scoperto che i dipendenti pubblici sono fatti di fibra più robusta di quello che si credeva: dopo che il ministro ha minacciato l’uso del medico fiscale, tanti travet hanno capito che, anche se fa caldo e c’è il sole, è consigliabile presentarsi in ufficio con un piccolo acciacco piuttosto che andare a farsi le sabbiature in riva al mare assieme al resto della famiglia.

I dati presentati ieri non lasciano spazio a troppe interpretazioni: a luglio le assenze per malattie degli impiegati pubblici sono scese del 37,1% rispetto allo stesso mese del 2007. Un netto miglioramento in confronto ai dati già buoni di giugno, quando il calo delle assenze era stato del 22,4%. Merito degli “antibiotici” inseriti da Brunetta nel tanto contestato decreto legge 112/08, che prevede, tra le altre cose, il mancato pagamento dell’indennità nei primi dieci giorni di assenza per malattia e «il controllo in ordine alla sussistenza della malattia del dipendente anche nel caso di assenza di un solo giorno». A conti fatti, si tratta di circa 25mila persone in più presenti negli uffici, che per i poveri cristi costretti ad avere a che fare con la pubblica amministrazione hanno significato meno code, un briciolo di efficienza in più e minori chiusure di uffici per carenza di personale.

La buona notizia, dunque, è che la cura da cavallo sta producendo gli effetti voluti. Il malato dimostra di avere un corpo ancora reattivo e dopo pochi mesi ci sono già i primi motivi per essere ottimisti sull’esito finale del “trattamento Brunetta”. La brutta notizia è che non tutta la pubblica amministrazione reagisce allo stesso modo. Era lecito attendersi che le risposte migliori sarebbero arrivate dalle amministrazioni del Sud, caratterizzate da un più alto numero di impiegati colpiti da malattie più o meno immaginarie. Invece il messaggio del ministro è stato recepito assai meglio al Nord.

Nel Comune di Trieste, a luglio, ogni impiegato ha collezionato, in media, mezza giornata di assenze per malattia: un dato dimezzato rispetto al luglio del 2007. Nel Comune di Torino (0,3 giorni di assenza) il crollo è stato del 57%, mentre tra gli impiegati della Regione Liguria (0,4 giorni) il miglioramento è stato del 56%. Ma nel Mezzogiorno i risultati sono molto diversi. Nel Comune di Catanzaro (0,9 giorni di assenza, il doppio che nei Comuni settentrionali) l’incidenza delle “malattie” si è ridotta solo del 25%. A Napoli le assenze per motivi di salute (0,7 giorni in media per ogni impiegato) sono scese solo del 13%. Nel frattempo, però, si è notato un curioso aumento delle mancate presenze dovute ad altre ragioni. Il risultato è che ogni dipendente del Comune partenopeo, a luglio, si è assentato in media per 3,8 giorni, con un aumento del 31% rispetto al 2007. Quasi che i furbi travet napoletani, preoccupati per le visite fiscali promesse dal ministro, abbiano trovato altri motivi, meno rischiosi, per non venire in ufficio.

© Libero. Pubblicato l'8 agosto 2008.

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