Il caso Aguero e la credibilità di Raúl Castro

di Fausto Carioti

È un momento di pacchia per i dittatori del resto del mondo. La repressione in Tibet, la censura su Internet, le violazioni dei diritti umani nella regione dello Xinjiang - quella abitata dagli islamici uiguri, da cui proverrebbero i terroristi che l’altro giorno hanno ucciso sedici poliziotti cinesi - e le altre porcherie firmate dal governo di Pechino, arrivate finalmente tra i primi titoli dei telegiornali (da dove spariranno il giorno dopo la chiusura dei Giochi, inutile illudersi), stanno riuscendo a rimuovere dalle inquadrature delle telecamere le tante schifezze che in questi giorni continuano a essere commesse altrove. E dire che non bisogna andare molto lontano per scoprirle. C’è un caso che ci riguarda molto da vicino. È quello di Taismary Aguero, pallavolista nata a Cuba 31 anni fa e dal 2006 in possesso del passaporto italiano, in seguito al matrimonio con un nostro connazionale. La madre della Aguero è in fin di vita e lei, abbandonato il raduno olimpico di Pechino, ha cercato per giorni di raggiungerla a Cuba. Il problema, manco a dirlo, è il regime di Raúl Castro, che si è messo di traverso.

Cuba, infatti, come tante dittature, non riconosce ai suoi cittadini la possibilità di prendere un secondo passaporto: chi nasce cubano muore cubano e non può diventare cittadino di un altro Paese. Un modo per complicare ancora di più la vita a chi è riuscito a fuggire. Così, anche se per tutti gli altri Paesi del mondo oggi la Aguero dispone di un regolarissimo passaporto italiano (tanto che fa parte della rappresentativa azzurra alle olimpiadi), per la sua madrepatria questo non è valido. La ragazza può tornare dove è nata solo come cittadina cubana, e a patto che il suo vecchio passaporto cubano sia “abilitato” dalle autorità diplomatiche del suo Paese d’origine. Le quali si sono rifiutate di farlo. Tanto che ieri la pallavolista è stata costretta ad arrendersi e a tornare a Pechino.

“Colpevole” di aver trovato libertà e fortuna professionale nel mondo libero, la Aguero è stata punita nel modo più vigliacco e crudele. Il messaggio che le autorità dell’Havana spediscono ai loro sudditi attraverso di lei è chiaro: chi lascia l’isola sappia che non potrà farvi più ritorno, nemmeno per dare l’ultimo saluto ai familiari. Un atteggiamento che spiega la reale portata delle “aperture” del presidente Raúl meglio di tante parole.

Dietro il dramma della Aguero, infatti, ci sono tutte le incertezze di un regime ormai al tramonto. Raúl ha 77 anni ed è a un bivio. Da un lato c’è la strada tracciata da suo fratello Fidel, che lo condurrebbe a federare Cuba con il Venezuela terzomondista e antiamericano di Hugo Chávez, il quale sta provando a comprarsi l’isola regalandole ogni anno, sotto forma di barili di petrolio e di crediti all’acquisto di prodotti venezuelani, l’equivalente di quattro milioni di dollari. Dall’altro lato c’è la transizione pilotata verso il riconoscimento del la proprietà privata, la collaborazione con Paesi democratici come il Brasile e, in prospettiva, l’apertura nei confronti degli Stati Uniti.

La prima alternativa può sembrare a qualche dirigente cubano più allettante nell’immediato, ma ben presto comporterebbe per l’isola il disastro politico ed economico. La seconda è più rischiosa per la nomenklatura dell’Havana, ma per i cubani rappresenta l’unica possibile via di fuga dalla miseria. Raúl è accreditato di pro pendere per questa seconda strada, ma la sua credibilità di riformatore va misurata anche dal modo in cui affronta i casi dei tanti esuli come Taismary Aguero. E i segnali che ha mandato sinora sono tutt’altro che incoraggianti.

© Libero. Pubblicato il 9 agosto 2008.

Update. Stamattina la madre della Aguero è morta e Cuba le ha concesso il visto. Commento di Mauro Fabris, presidente della Lega di pallavolo femminile ed ex parlamentare: «Sono convinto che il governo italiano saprà esprimere a Cuba tutta l’indignazione degli sportivi e degli italiani per il trattamento disumano riservato alla cittadina italiana Tai Aguero e alla sua famiglia. La vicenda dell’azzurra, alla quale è stato impedito di essere vicina alla madre morente, dimostra come la libertà manchi non solo in Cina». Sbaglierò, ma dubito che il governo italiano intenda seguire il consiglio.

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