L'Iran e gli ingenui

Premesso che di Mahmoud Ahmadinejad si può e si deve dire tutto il male possibile, la convinzione che le elezioni le abbia vinte Mir-Hossein Mousavi (tutt'altro che il moderato che ci viene dipinto da certe cronache lunari) mi sembra un puro atto fideistico. Basato sull'assunto, molto ingenuo, secondo il quale se noi crediamo che Ahmadinejad faccia parte della feccia della Terra lo stesso devono necessariamente pensare anche gli elettori iraniani, e quindi la sua vittoria è sicuramente irregolare.

Purtroppo non è così che funziona. Le elezioni le vince chi prende più voti, che non sempre è il migliore dei candidati (a occhio e croce, in una sfida a due direi che ci sono il cinquanta per cento di possibilità che ciò accada). E che Ahmadinejad sia bravissimo a interpretare gli umori della pancia dei suoi elettori mi pare fuori discussione.

Poi, certo, come sempre c'è l'élite: i blogger per cui tutti noi facciamo il tifo, i giornalisti, persino i calciatori della nazionale iraniana che si fanno fotografare con il polsino verde dell'opposizione. Bravi e coraggiosi, tutti quanti. Ma il loro voto vale quanto quello dell'ultimo cafone. Si chiama democrazia e funziona così.

Pretendere di conoscere la "verità" sulle elezioni iraniane e chiedere ad Ahmadinejad di andarsene è il gesto debole di chi vorrebbe rimuoverlo, ma non ha il coraggio di invocare l'intervento militare per fare lo sporco lavoro che la democrazia non è stata in grado di compiere.

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