Aspettative diverse

di Fausto Carioti

Tutto dipende da quanto uno si aspetta dalla vita. Anche solo un anno fa, se gli elettori avessero dato al Popolo della Libertà il 39% dei voti e al Partito democratico meno del 30%, a sinistra si sarebbe parlato di disfatta storica. Stavolta no. Adesso sono tutti lì, con il Berlucchi in frigo, pronti a stapparlo se solo il PdL non sfonda il tetto del 40% e il Pd riesce ad avvicinarsi al 29%. E questo già la dice lunga sul vero significato del voto europeo in Italia: per la prima volta nella storia della seconda Repubblica il centrosinistra non gioca per vincere né per pareggiare, ma per attutire la batosta. Come il Gregor Samsa di Franz Kafka, il Pd nato per imitare le sorti dei democratici americani ha scoperto di essere diventato un orrendo scarafaggio. Dopo lo sgomento iniziale se ne è fatto una ragione e ha deciso di raccogliere quel po’ di buono che la vita gli può ancora offrire. Questo fine settimana, ad esempio, il Pd per essere felice si accontenterà di non finire a 13 punti di distanza dal partito di Silvio Berlusconi. Il povero Dario Franceschini l’ha ammesso senza giri di parole: «Dalla distanza tra noi e il Popolo della libertà si misurerà se siamo in un paese che si sveglia sotto un padrone assoluto». Che vuol dire: cari elettori, aiutateci a uscire con una sconfitta dignitosa da queste elezioni. Non male, se si pensa che in gran parte del resto d’Europa i partiti d’opposizione sono pronti a superare le rispettive maggioranze.

Niente di strano che a un partito così non resti che Kakà. Inteso come Ricardo Izecson dos Santos Leite, ventisettenne attaccante brasiliano del Milan che chiede di essere ceduto al Real Madrid e che presto Berlusconi accontenterà. L’ultima arma politica del Partito democratico è lui. Con Noemi, è andata come andata: mille illazioni, niente di concreto ed effetti umoristici davvero speciali, tipo la paginata di intervista dedicata da Repubblica nientemeno che alla moglie del fratello della madre di Noemi. L’attacco mediatico al premier un risultato comunque l’ha raggiunto: Berlusconi avrebbe voluto fare una campagna elettorale di alto livello, spiegando agli italiani quanto fatto dal suo governo e dialogando con i grandi del mondo, come il leader statunitense Barack Obama e il presidente della commissione europea José Manuel Barroso. Si è trovato costretto a difendersi dall’accusa di aver avuto rapporti con una minorenne, e non è mai riuscito a dare un colpo d’ala.

A conti fatti, però, non è detto che per lui sia un male. A dar retta a certi sondaggi (che deve aver letto anche Franceschini), tutto il bailamme messo in piedi da Repubblica è servito soprattutto a motivare gli elettori berlusconiani. Tanti di loro che pensavano di farsi il week-end sotto l’ombrellone, dopo quanto è successo si sono convinti ad andare alle urne con il coltello tra i denti. Mentre a sinistra i pettorali che Franceschini cerca di gonfiare ricordano tanto quelli di Piero Fassino: lo sforzo è commovente, ma ci vuole altro per risvegliare l’interesse degli elettori di sinistra depressi, e il rischio d’astensione da quelle parti resta altissimo.

Quanto all’inchiesta sui voli di Stato che avrebbero portato in Costa Smeralda, assieme a chi di dovere, musicanti e ballerine, è destinata all’archiviazione. Anche perché c’è il precedente di Clemente Mastella che fece qualcosa di simile quando era ministro del governo Prodi. E a Berlusconi si possono muovere tante accuse più o meno credibili, ma quella di essere uno scroccone proprio non sta in piedi, se non altro perché la sua etica da miliardario ganassa glielo impedisce.

Così adesso a sinistra provano ad arginare il tracollo elettorale usando Kakà per rosicchiare qualche voto al PdL. E pazienza se è il calciatore brasiliano che smania per andarsene e se fu lo stesso Berlusconi a portarlo al Milan: la colpa è sempre tutta del premier, figuriamoci ora che siamo a pochi giorni dal voto. I tifosi rossoneri, ben abituati da 23 anni di spendi e spandi berlusconiano, l’hanno presa male e alcuni gruppi di ultrà minacciano di scrivere il nome del calciatore sulla scheda elettorale, annullando così il voto (Franceschini, va da sé, spera che si tratti in gran parte di elettori del PdL). Già a gennaio i sondaggisti avevano calcolato in un milione di voti il “peso elettorale” del campione brasiliano, che Berlusconi era riuscito a non far andare al Manchester City. Ieri l’Unità si è aggrappata alla vicenda come la cozza allo scoglio durante la tempesta. Il direttore, Concita De Gregorio, ha scritto che Berlusconi «mente e fa mentire Galliani». Il quale, anima candida com’è, sarebbe stato traviato dal perfido Silvio, che lo avrebbe convinto ad imporre il silenzio sull cessione di Kakà «fino a lunedì», cioè dopo il voto. E questi sono gli argomenti politici migliori che riescono a trovare.

Il volto migliore che sono riusciti a mandare in campo è invece quello di Romano Prodi, che ormai ha preso il posto di Oscar Luigi Scalfaro: puntuale come il parroco che viene a dare l’estrema unzione, quando finisce la politica e inizia il moralismo spunta fuori lui. Qualcuno molto disperato deve avergli detto che solo lui può svegliare dal sonno della politica gli elettori progressisti intenzionati a disertare le urne. Il bello è che Prodi gli ha creduto. È apparso in televisione per parlare al popolo di sinistra. Lo ha invitato a votare per il Pd. Incredulo davanti a cotanto regalo, Berlusconi ringrazia.

© Libero. Pubblicato il 5 giugno 2009.

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