I numeri del disastro del Pd

di Fausto Carioti

Chi si accontenta gode. Se poi a uno piace soffrire, in certi casi gode anche di più. È il caso di Dario “Masoch” Franceschini e di tanti suoi colleghi di partito, che passano da una telecamera all’altra gongolando per il risultato delle europee. Manco avessero vinto loro. «Ringrazio gli elettori», ha detto ieri il segretario del Partito democratico. Quegli stessi elettori che poche ore prima avevano randellato l’alleanza tra Ds e Margherita. Spingendola al minimo storico e allargando a 9 punti il solco che la separa dall’asse Forza Italia-An. La botta finale è arrivata ieri sera, assieme ai dati delle amministrative, con il centrodestra che mantiene tutte le sue giunte, ne strappa di importanti agli avversari e minaccia di sfilargliene altre ai ballottaggi del 21 giugno.

Ma per parlare di Caporetto basta lo stesso risultato ottenuto dal Pd alle europee, pari al 26,1%: sette punti in meno in un anno. Pure aggiungendo il voto dei radicali, che alle elezioni politiche del 2008 si erano presentati nelle liste veltroniane, si arriva al 28,5%. Il che implica comunque la perdita secca di 4,6 punti in dodici mesi. Se si fa il confronto con le europee del 2004, il crollo per il principale partito d’opposizione è di 5 punti tondi, o - se si preferisce - di 2,1 milioni di voti, come evidenziano i dati dell’Istituto Cattaneo.

Franceschini ieri ha detto che «i voti usciti dal Pd» restano comunque nel centrosinistra, «tra i radicali e l’Italia dei valori». Purtroppo per lui, non ha nemmeno questa consolazione. Il passaggio di voti da una parte all’altra c’è stato, e lo conferma il fatto che il divario tra i tre partiti di centrosinistra e l’alleanza PdL-Lega è appena giunto al massimo storico. Nel 2004 era pari a 2 punti percentuali, era salito a 8 nelle politiche dello scorso anno ed è arrivato adesso a 9 punti. Che poi sono gli stessi che separano il PdL dal Pd: come dire che la colpa è tutta del partito di Franceschini, non dei suoi due alleati, che messi insieme pesano quanto il Carroccio.

Il Pd è peggiorato soprattutto nelle regioni del Nord. Dove la competizione tra il Popolo della Libertà e la Lega è avvenuta proprio ai danni del Pd. Che in Lombardia, infatti, ormai è il terzo partito. Il primo è il PdL, con il 33,9% dei voti. E il secondo è diventato la lista di Umberto Bossi, che in un anno ha guadagnato due punti, arrivando al 22,7%. Mentre il Pd ha perso quasi 7 punti, pari a oltre 580.000 voti, e oggi nella regione può contare solo sul 21,3% dei consensi. Vale la pena di ricordare che cinque anni fa, alle precedenti europee, l’Ulivo lombardo aveva il doppio dei voti della Lega: 26,2 contro 13,8%. Rispetto ad allora, ha lasciato sul terreno 277.000 voti.

Il partito di Franceschini si è ridotto a essere terzo anche in Veneto. Dove il PdL è primo con il 29,3% dei consensi, la Lega segue con il 28,4% e il Pd arranca, distanziato al 20,3%. Anche qui, in cinque anni è cambiato tutto: alle europee del 2004 l’Ulivo era secondo con il 26,6% dei voti, mentre la Lega aveva il 14%, ovvero meno della metà dei consensi attuali. I dati dell’Istituto Cattaneo su questa regione certificano per il Pd un’emorragia di 186.400 voti rispetto alle precedenti europee e di 264.000 voti sulle politiche dell’anno scorso. E solo l’inserimento dell’Emilia-Romagna tra le regioni del Nord-Est impedisce al Pd di classificarsi terzo nell’intera circoscrizione.

Non basta. Mostrano evidenti segni di erosione pure le mura delle vecchie roccheforti rosse. Il voto dello scorso fine settimana ha confermato il sorpasso del PdL in Umbria, già verificatosi nelle elezioni politiche di un anno fa, e ha avuto un significato storico per le Marche, dove per la prima volta dall’inizio della seconda repubblica è il partito di Silvio Berlusconi a guidare i risultati. In Umbria il Popolo della libertà ha ottenuto il 35,8% dei suffragi, distanziando di due punti il Pd, che ha perso 11.600 voti sul 2004 e 76.800 sul 2008. Mentre nelle Marche il ribaltone vede il PdL premiato con il 35,2% dei consensi e il Pd che non riesce ad arrivare al 30%. Eppure qui, nel 2004, la prima lista era stata quella dell’Ulivo, che aveva ottenuto il 35,8%. Rispetto alle europee di quell’anno, nelle Marche il Pd ha perso 55.900 voti, che diventano quasi 140.000 se il raffronto viene fatto con le politiche del 2008.

Persino in Emilia-Romagna, nonostante Franceschini venga da Ferrara, il voto è stato amaro per il Pd. La prima posizione resta indiscussa, ma perde 147.400 schede rispetto alle precedenti europee e oltre 300.000 sulle elezioni dello scorso anno. Numeri, peraltro, simili a quelli della Toscana.

Tutte queste cose, manco a dirlo, Franceschini e gli altri le sanno benissimo. Come sanno che, da adesso in poi, dovranno fare i conti con un alleato, Antonio Di Pietro, che rinfrancato dal suo personale successo pretende di dettare la linea all’intera opposizione. Con il risultato che il Pd è oggi molto più debole, sia nei confronti del governo, sia dentro la stessa minoranza. Ma, visto che esultano tanto, viene il dubbio che in fondo a loro piaccia così.

© Libero. Pubblicato il 9 giugno 2009.

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