Obama bombarda come e più di Bush. Ma stavolta la sinistra sta zitta

di Fausto Carioti

Se la sinistra italiana è regredita all’età infantile e l’unico argomento di cui riesce a parlare è «papi», la colpa non è solo di Silvio Berlusconi. Il premier ha fatto tutto quello che ha potuto per rimbecillire i suoi avversari, ma è arrivato sino a un certo punto. Il resto lo ha realizzato - senza fare nulla: basta la sua presenza - il presidente statunitense Barack Obama. Dopo otto anni passati a sbraitare contro la “sporca guerra” di George W. Bush, a contare una per una le vittime militari e civili delle campagne belliche americane, a chiedere il ritiro dei soldati italiani da tutte le missioni volute dalla Casa Bianca, i compagni con la bandiera arcobaleno adesso assistono con l’elettroencefalogramma piatto alle stragi compiute da quegli stessi soldati. Mentre i tantissimi parlamentari del Pd che, pur senza accodarsi a Gino Strada, giudicavano «scellerate» le scelte militari di Bush, ora che alla Casa Bianca comanda un presidente democratico fanno a gara a chi imita meglio le tre scimmiette. E i cadaveri rimasti sul terreno, all’improvviso, non puzzano più di guerra di civiltà, né meritano di diventare pretesto per una polemica politica.

Ieri, ad esempio, la Croce Rossa internazionale ha comunicato che un raid aereo americano nell’ovest dell’Afghanistan, nella provincia di Farah, ha fatto oltre un centinaio di morti, la maggior parte dei quali donne e bambini, a quanto pare usati come scudi umani dai valorosi mujaheddin talebani. Un intero villaggio è stato così trasformato in un cimitero. Il segretario di Stato americano, Hillary Clinton, si è detto «profondamente rammaricato» per la strage. Niente di nuovo: cose simili succedevano con la passata amministrazione repubblicana e continuano ad accadere oggi. Ma se fosse accaduto qualche mese fa, il bombardamento sarebbe stato chiamato «omicidio di massa» e il presidente americano sarebbe stato accusato di incompetenza dai più gentili e paragonato a Hitler da tutti gli altri. Ieri, invece, silenzio. Per il Pd ha mandato il suo comunicatino stampa Piero Fassino, responsabile esteri del partito, chiedendo una «verifica sulle modalità della presenza internazionale in Afghanistan». Una interrogazione di due senatori chiede poi di «intervenire con iniziative nel quadro delle alleanze». Tutta roba che non vuol dire niente, e infatti al dipartimento di Stato americano va benissimo così. Gli altri, tutti zitti. Dal suo punto di vista è difficile dare torto all’extraparlamentare Cesare Salvi, di Sinistra democratica, che definisce «singolare e preoccupante che i partiti rappresentati in parlamento mostrino assoluta indifferenza per la drammatica situazione dell’Afghanistan».

A sinistra, questa indifferenza si spiega col fatto che l’attuale offensiva in Afghanistan porta la firma del loro nuovo idolo. È stato Obama, poche settimane fa, ad annunciare che il suo principale obiettivo militare è «smantellare e sconfiggere Al Qaeda in Afghanistan e in Pakistan», poiché Osama Bin Laden «sta pianificando nuovi attentati terroristici da quelle parti» (sembra Bush, nevvero?). Lui ha chiesto agli alleati cinquemila uomini in più per fronteggiare i talebani. Lui ha deciso di intensificare gli attacchi aerei e di rafforzare i posti di blocco: procedure che comportano inevitabili “danni collaterali”, come l’uccisione della ragazzina afghana ad Herat per mano dei soldati italiani e i bombardamenti di civili. La responsabilità politica, insomma, è chiara.

È lo stesso Obama che ha garantito l’impunità agli agenti della Cia accusati di aver torturato i loro prigionieri e ha confermato la pratica delle «extraordinary renditions», ovvero i rapimenti, in paesi stranieri, di nemici degli Stati Uniti, che vengono poi interrogati in carceri segrete dagli agenti dell’antiterrorismo. Ed è sempre Obama che - proprio come aveva fatto Bush - nega il diritto all’habeas corpus ai detenuti nella base aerea di Bagram, in Afghanistan, confronto alla quale il carcere di Guantanamo è una casa di vetro. Proprio Guantanamo, del resto, per decisione del presidente resterà aperta almeno per tutto l’anno in corso, e i suoi detenuti saranno processati lì, lontani dalle garanzie concesse dal sistema giudiziario americano. Tutte pratiche che sino a pochi mesi fa facevano ribollire la coscienza civile della sinistra italiana, e che oggi, chissà perché, passano sotto silenzio, degradate al rango di non-notizie. Eventi imbarazzanti dei quali è meglio non parlare, per concentrarsi su temi politicamente più pregnanti. Tipo l’uso di Photoshop sulle foto della festa di Noemi o lo smalto sulle unghie di Jessica.

© Libero. Pubblicato il 7 maggio 2009.

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